MACEDONIA: Elezioni rimandate al 5 giugno. Gruevski fa un passo indietro

Il Parlamento della Repubblica di Macedonia, dopo giorni di forte tensione politica, ha infine votato a maggioranza un emendamento della legge elettorale, posticipando le elezioni politiche al 5 giugno 2016. Il voto anticipato era originariamente previsto il 24 aprile. Lo scioglimento del parlamento avverrà il 7 aprile.

Domenica 21 febbraio il capo della delegazione UE a Skopje, Aivo Orav e l’ambasciatore americano Jess Baily, in una lettera congiunta rivolta al premier Emil Dimitriev, hanno espresso le loro riserve sulla effettiva presenza delle condizioni indispensabili affinché si possano svolgere delle elezioni credibili in Macedonia. Gli ambasciatori, in seguito ai colloqui con le parti, hanno esplicitamente suggerito di rinviare le elezioni – come era stato richiesto dal principale partito d’opposizione SDSM. I punti più controversi riguardano un accordo dei quattro principali partiti politici macedoni di maggioranza e di opposizione – VMRO-DPMNE, SDSM, BDI e PDSH – sulla regolamentazione dei media e la revisione delle liste elettorali da parte di una apposita commissione statale. Il parere dei diplomatici europei ed americani non era vincolante, e l’onere della decisione finale spettava ai politici macedoni.

In seguito alla mediazione dell’UE e degli USA per porre termine alla crisi politica, la scorsa estate si giunse all’Accordo di Pržino, sottoscritto dai leader dei principali partiti. I passaggi centrali dell’accordo prevedevano la partecipazione del partito d’opposizione al governo, le dimissioni anticipate del premier Nikola Gruevski e la formazione di un governo di transizione che avrebbe condotto al voto il prossimo 24 aprile, oltre alla nomina di un Procuratore speciale che avrebbe dovuto indagare su presunti illeciti resi noti al pubblico dall’opposizione, tramite la divulgazione di registrazioni illegali che, secondo l’SDSM, sarebbero state compiute dal governo a scapito di migliaia di cittadini macedoni.

Il mediatore dell’UE, il belga Peter Vanhoutte, dopo una serie di colloqui con gli esponenti politici macedoni, nell’intento di giungere ad una soluzione condivisa, in particolare a proposito della riforma dei media che è considerata imprescindibile affinché si possano svolgere delle elezioni democratiche , aveva espresso il proprio scetticismo sul raggiungimento di un accordo. Vanhoutte ha pubblicato sul suo profilo Twitter una serie di commenti e immagini di gattini, giungendo ad affermare “mi arrendo: non si terranno le elezioni il 24 aprile”. Domenica 21, la VMRO-DPMNE ha dichiarato di voler interrompere ogni collaborazione con Vanhoutte, aggiungendo che da quel momento in avanti avrebbe dovuto considerarsi un semplice turista in Macedonia. Nel frattempo la Commissione Europea, tramite la portavoce Maja Kocijancic, ha affermato che le posizioni del mediatore belga non rappresentano quelle dell’Unione Europea, rappresentata solamente dall’ambasciatore Orav.

L’ultimo tentativo di mediare la crisi politica macedone, come l’ambasciatore Orav aveva rammentato su Twitter, ha visto come protagonisti, martedì 23 febbraio, la trojka composta dagli europarlamentari Richard Howitt, Ivo Vajgl e Eduard Kukan, oltre all’ambasciatore americano Baily. La mediazione, nonostante le profonde divergenze, ha condotto ad un accordo tra le parti, formalizzato attraverso l’emendamento alla legge elettorale e facendo slittare il voto a giugno. Come il britannico Howitt ha dichiarato in seguito, senza tale legge il parlamento di Skopje si sarebbe dovuto sciogliere, e l’UE e gli Stati Uniti non avrebbero riconosciuto l’esito del voto qualora le elezioni si fossero svolte il 24 aprile.

Nikola Gruevski, ex premier e leader della VMRO-DPMNE, sino all’ultimo si è dimostrato fermo nel sostenere la necessità di tenere le elezioni il prossimo 24 aprile. In una recente intervista, ad esempio, aveva dichiarato che per il Paese “è necessaria la stabilità, e non crisi e conflitti”. Domenica 21, Ilija Dimovski, portavoce della VMRO-DPMNE, aveva dichiarato che, a prescindere dalle valutazioni degli ambasciatori Orav e Baily, le elezioni si sarebbero tenute ad aprile. Tuttavia, dopo una serie di speculazioni giornalistiche su dove fosse finito Gruevksi, assente dalla scena pubblica per quattro giorni, nella notte tra martedì 23 e mercoledì 24, l’ex premier in persona ha annunciato la decisione del Comitato esecutivo della VMRO-DPMNE, ossia di accettare il compromesso e, dunque, di indire le elezioni a giugno. Gruevski ha sottolineato che la decisione del suo partito non è volta a soddisfare la SDSM, e non deve essere fraintesa dai cittadini. Ha inoltre precisato che non vi saranno ulteriori rinvii e, riferendosi all’opposizione, avverte che il 5 giugno “si vergogneranno di loro stessi e si vedrà chi è il vincitore, e chi il perdente”.

Zoran Zaev, leader dell’opposizione, ha mantenuto inalterata la linea del suo partito, ossia che fosse necessario rimandare le elezioni perché non ci sarebbe stato il tempo necessario per creare le condizioni minime per elezioni libere e democratiche. Come ha recentemente ribadito Zaev: “Se non completiamo il controllo dei registri elettorali e se non si riforma il sistema dell’informazione e dei media, ci saranno sì delle elezioni, ma con nuovi brogli e senza una via d’uscita da questa crisi politica”. Il leader della SDSM, in seguito al voto della Camera, in un comunicato stampa, ha rilevato che quanto è avvenuto è un’ulteriore sconfitta di Gruevski (definendolo un “falso patriota”), perché avrebbe nei fatti ammesso che in Macedonia non c’erano le necessarie condizioni per delle elezioni corrette e democratiche. Zaev, nel sottolineare l’importanza della mediazione dell’UE e degli USA, ha sostenuto che in questo modo è stato evitato un grave isolamento del Paese da parte della Comunità internazionale, rischio peraltro già emerso lo scorso ottobre.

Considerate le premesse dei mesi precedenti, l’esito della mediazione della crisi politica macedone non era affatto scontato. Infatti, ancora martedì 23, lo stesso premier Dimitriev, sul suo account Facebook, aveva paventato il ritorno al governo di Gruevski qualora le elezioni non si fossero tenute ad aprile.  Soddisfatto il Commissario europeo Johannes Hahn, che afferma che “l’accordo di Przino è ancora vivo”, e sprona i politici macedoni ad andare avanti con le riforme, inclusa quella dei media. Anche l’ambasciatore americano Baily ha espresso la sua soddisfazione per l’accordo raggiunto aggiungendo, nel rispondere ad un domanda di un giornalista, che tutti i partiti politici dovrebbero partecipare alle elezioni del 5 giugno, e ha sottolineato l’importanza della riforma dei media e di un’informazione equilibrata durante la campagna elettorale.

La Macedonia, in attesa di una soluzione della crisi politica e delle prossime elezioni, sta affrontando da mesi un’altra crisi cruciale, quella dei migranti. Dato questo contesto, la stabilità interna del Paese acquisisce un’ulteriore rilevanza anche a livello europeo.

Chi è Christian Costamagna

Christian Costamagna, classe 1979, ha insegnato presso l'Università del Piemonte orientale nell'anno accademico 2014-2015 (corso di Storia contemporanea e dell’Europa Orientale) dove ha conseguito il dottorato di ricerca in Scienze Storiche. Nella tesi di dottorato si è occupato dell’ascesa al potere di Slobodan Milosevic nella seconda metà degli anni ’80. Ha svolto ricerche d’archivio a Belgrado e Lubiana. I suoi articoli sono apparsi su East Journal, Geopolitical Review. Geopolitica – Rivista dell’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie, Mente Politica, European Western Balkans, e sul “LSE blog about South Eastern Europe”. Costamagna è consulting analyst per Wikistrat.

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