La 66ª edizione del Festival di Berlino è terminata con la giuria capitanata da Meryl Streep che ha assegnato l’Orso d’oro per il miglior film a Fuocoammare di Gianfranco Rosi. Per undici giorni il cinema si è trasferito a Berlino, con 337.000 biglietti venduti è stato raggiunto il nuovo record di presenze in 66 anni di storia del festival.
Quattro anni dopo Cesare deve morire dei fratelli Taviani, l’Italia torna a vincere la Berlinale. Di sicuro un riconoscimento importante per il nostro cinema, ma forse è un verdetto più politico che cinematografico. Il film di Rosi, già vincitore del Leone d’oro a Venezia 2013 per Sacro Gra, infatti pone più di un dubbio. Il film racconta la tragedia dei migranti a Lampedusa attraverso con gli occhi degli abitanti dell’isola: i toni da commedia e le belle inquadrature per raccontare la tragedia delle morti nel Mediterraneo sono forse eccessive, e il documentario si mischia alla finzione troppo spesso.
Il concorso è stato a dire il vero abbastanza deludente, con ben 18 film dei quali si contano sulle dita di una mano quelli che svettano di livello. Manca un premio al film migliore del concorso: Quand on a 17 ans del grande vecchio André Téchiné, un film capace di commuovere con una bella storia sulla scoperta dell’amore e sulle paure che questo si porta dietro. Il film racconta dei diciassettenni Damien e Thomas, compagni di scuola che inizialmente si odiano ma che finiranno per amarsi. Forse il più bel film a tematica omosessuale degli ultimi anni.
La giuria ha invece assegnato premi che lasciano perplessi: al filippino A Lullaby to the Sorrowful Mistery di Lav Diaz è andato soltanto l’Orso d’Argento “Alfred Bauer per le nuove prospettive”, un riconoscimento abbastanza mortificante per un regista che ha già vinto il Pardo d’Oro a Locarno e la sezione Orizzonti alla Mostra di Venezia, ed è uno dei pochi registi capaci di fare film di durate spropositate (il film di questa Berlinale durava ben 8 ore) raccontando storie di rivoluzione e affascinando gli spettatori. Il Gran premio della giuria è andato invece a Death in Sarajevo di Danis Tanović, già premio Oscar per No Man’s Land, riflessione sull’Europa a cent’anni dall’attentato di Sarajevo.
Gli Orsi agli attori sono andati a Majd Mastoura, protagonista del tunisino Hedi di Mohamed Ben Attia, e alla danese Trine Dyrholm, miglior attrice nel prevedibile The Commune di Thomas Vinterberg. Il film tunisino era il meno atteso ma è stato uno dei più sorprendenti del concorso, coprodotto dai fratelli Dardenne ha ricevuto anche il premio quale miglior film d’esordio: racconta di Hedi, un giovane con rapporti famigliari non risolti che incontrando una donna scopre il mondo e cambia la propria vita. Il film cinese Crosscurrent di Yang Chao ha ricevuto il premio per il miglior contributo tecnico al direttore della fotografia Mark Lee Ping-Bing: si tratta di un film poetico e visionario girato lungo il fiume Yangtze, che alla lungo risente del troppo formalismo e diventa un po’ monotono.
Passando ad altri premi controversi, la francese Mia Hansen-Love, la regista di Eden, è stata premiata per la regia di L’avenir, racconto su una donna cinquantenne che vede il marito andare via per una donna più giovane e cerca nuove coordinate alla sua vita. È un dramma borghese che sembra girato da una regista settantenne, il problema è che la Hansen-Love di anni ne ha 35… Fuori da ogni logica il premio per la sceneggiatura al supponente film polacco United States of Love di Tomasz Wasilewski che vorrebbe rappresentare la Polonia alla caduta del comunismo attraverso lo smarrimento di quattro donne e invece gira totalmente a vuoto.
Grande escluso dai premi è il cinema americano, che prevedeva in concorso il solo Midnight Special di Jeff Nichols, un film tra noir e fantascienza, girato con ambizioni sfrenate e citazioni di Kubrick e Spielberg; il capolavoro è lontano, nonostante sia cinema che a tratti affascina.
Il festival ha invece regalato perle nelle sezioni parallele, “Forum” in particolare, con i migliori film visti: l’immenso Ta’ang di Wang Bing che ha accompagnato alcuni rifugiati scappati dal Myanmar verso le montagne al confine cinese, un film pieno di umanità come nessun’altro. Molto bello anche Beetween Fences di Avi Mograbi, interamente girato a Holot, un enorme centro di detenzione nel deserto di Israele vicino al confine con l’Egitto, che accoglie diverse migliaia di richiedenti asilo arrivati dall’Eritrea e dal Sudan. In questo luogo Avi Mograbi ha svolto e filmato un laboratorio teatrale con i rifugiati, ribaltando le prospettive attraverso la tecnica del “teatro dell’oppresso” . Un film di fantascienza sembra invece il nuovo documentario di Nikolaus Geyralther Homo Sapiens, un incredibile film senza dialoghi e con sole inquadrature fisse tra i luoghi creati e poi abbandonati dall’uomo. Era in “Forum” anche il mio capolavoro della Berlinale: In the last time of the city di Tamer El Said, assurdamente fuori dal concorso principale, per fortuna accolto in quella miniera d’oro che è “Forum”. Si tratta di un magnifico film egiziano ambientato nell’inverno 2009/10 al Cairo, nel quale la città è raccontata come fosse un organismo vivente.
Di seguito l’elenco di tutti i vincitori:
Orso d’oro: Fuocoammare di Gianfranco Rosi
Orso d’argento, Gran premio della giuria: Death in Sarajevo di Danis Tanović
Orso d’argento per il miglior regista: Mia Hansen-Løve (L’avenir)
Orso d’argento per il miglior attore: Majd Mastoura (Hedi)
Orso d’argento per la miglior attrice: Trine Dyrholm (The Commune)
Orso d’argento per la migliore sceneggiatura: United States of Love di Tomasz Wasilewski
Orso d’argento per il miglior contributo artistico: Mark Lee Ping-Bing per la fotografia di Crosscurrent di Chao Yang
Premio Alfred Bauer: A Lullaby to the Sorrowful Mystery di Lav Diaz
Premio FIPRESCI per la sezione Concorso internazionale: Death in Sarajevo di Danis Tanović
Premio FIPRESCI per la sezione Panorama: Aloys di Tobias Nölle
Premio FIPRESCI per la sezione Forum: The Revolution Won’t Be Televised di Rama Thiaw
Premio della Giuria ecumenica per la sezione Concorso internazionale: Fuocoammare di Gianfranco Rosi
Miglior opera prima: Hedi di Mohamed Ben Attia
Premio Caligari: In the last time of the city di Tamer El Said