Centinaia di studenti e professori sotto la pioggia battente esprimono solidarietà di fronte a un liceo di Budapest. Social network intasati da foto di giovani e insegnanti che posano con la camicia a quadri. Genitori che si preparano a non mandare i propri figli a scuola. Ma cosa sta accadendo in Ungheria?
La manifestazione del mondo della scuola del 13 febbraio a Budapest ha avuto un enorme successo, decine di migliaia di manifestanti hanno circondato il parlamento sotto una pioggia battente (qui le ragioni della protesta). A protestare a fianco ai due principali sindacati dei professori, PSZ e PDSZ, c’erano studenti e genitori, ma anche molte altre sigle sindacali che hanno portato solidarietà, speranzosi di risvegliare un mondo sindacale estremamente sonnolento negli ultimi anni. Dal palco i professori hanno manifestato l’intenzione di voler continuare la lotta intrapresa per evitare che il declino della scuola pubblica proceda ineluttabilmente.
Il governo ha replicato in modo stizzito alla manifestazione facendo sapere che non ci sarà alcun aumento di stipendio per i professori. Professori che hanno però subito risposto alla provocazione, sottolineando come tra le loro rivendicazioni non ci sia l’aumento salariale, ma il futuro stesso della scuola pubblica, sempre più in difficoltà nel proporre un’educazione di qualità con i tagli dei finanziamenti (mentre di pari passo aumentano quelli alle scuole private e religiose), la centralizzazione e la burocratizzazione del sistema.
Ma ad essere al centro dell’attenzione, e diventare status simbol della protesta, sono state le dichiarazioni di un ex-sottosegretario all’istruzione, Klinghammer, che il giorno della manifestazione ha dichiarato: “abbiamo bisogno di insegnanti intelligenti e con una forte morale, questo devono trasferire agli studenti. Per questo mi arrabbio se in TV vedo professori con la barba incolta, spettinati, con la camicia a quadri che vanno su e giù dandosi arie.” L’accusa rivolta contro gli insegnanti ha avuto l’effetto opposto di quello pensato, tanto che nei giorni successivi insegnanti e studenti hanno iniziato ad indossare camice a quadri in forma di solidarietà e contestazione. La “protesta” è diventata in breve virale e si è allargata alla cittadinanza interna.
Da parte del governo non ci sono state però solamente stizzite accuse e provocazioni, ma anche interventi diretti volti a punire chi ha aderito alla protesta. Così il giovane preside del liceo Teleki Blanka di Budapest, la prima scuola della capitale ad aver sottoscritto la lettera aperta del liceo di Miskolc (qui) si è trovato a ricevere un’ispezione del KLIK per aver partecipato alle manifestazioni e quindi non aver fornito tutte le ore di didattica programmate. L’intervento, dal chiaro intento punitivo, ha però suscito un forte sentimento di indignazione e venerdì 19 febbraio in centinaia hanno portato solidarietà alla scuola.
Tutti questi fatti dimostrano come la mobilitazione nel mondo della scuola non stia affatto scemando ed anzi, azioni e parole del governo stanno di fatto alimentando lo scontro. La tavola rotonda proposta ai vari attori scolastici (selezionati in base alle simpatie del FIDESZ) non sembra in grado di rispondere alle problematiche in campo, anche perchè il sindacato PDSZ ha rifiutato di sedersi al tavolo con il governo ed ha espresso l’intenzione di proclamare lo sciopero della scuola (particolarmente tortuosa l’organizzazione di uno sciopero nel lavoro pubblico in Ungheria con la nuova legislazione). A muoversi per prima sono stati però i genitori degli studenti, che stremati essi stessi dall’inefficienza della scuola pubblica, hanno deciso di non mandare i propri figli a scuola il 29 febbraio in segno di solidarietà con i professori.
Le mobilitazioni a difesa della scuola pubblica in Ungheria proseguono, travalicando lo steccato del mondo della scuola e coinvolgendo differenti settori sociali, ma soprattutto stanno rivelando il protagonismo di una nuova generazione di presidi e professori, meno propensi al passivismo sindacale frutto dell’Ungheria post-89 e più attivi nel rivendicare un futuro migliore e standard più europei per la scuola ungherese.
Il governo Orbán che è riuscito a passare indenne le precedenti insofferenze della piazza (nuova costituzione e tassa su internet) sembra ora più in difficoltà e diviso sul da farsi. Un recente sondaggio ha evidenziato come il 76% degli ungheresi sostiene le posizioni dei professori (in totale o in parte), mentre solo il 7% le considera sbagliate. Le opposizioni tutte hanno manifestato la propria solidarietà ai professori, dallo Jobbik alla sinistra, mentre fra il corpo elettorale sono proprio gli elettori dello Jobbik quelli a sostenere maggiormente le proteste. Ma fra lo stesso elettorato del FIDESZ più del 60% dice di essere d’accordo, in parte o totalmente, con le richieste del mondo della scuola.
Per Orbán dopo i successi in economia ed in politica estera la prima vera gatta da pelare sembra provenire da insegnanti pubblici che indossano camicie a quadri.