Lunedì 15 febbraio si è tenuto a Praga il vertice dei paesi del Gruppo di Visegrád (V4), ossia Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria. Il summit straordinario ha visto la partecipazione anche del presidente macedone Gjorge Ivanov e del primo ministro bulgaro Bojko Borisov, invitati dal primo ministro ceco Bohuslav Sobotka. La partecipazione, non nuova, di rappresentanti dei Balcani è servita per dialogare su come affrontare la crisi dei profughi, quali strategie adottare e quale tipologia di cooperazione istituire. Al summit hanno partecipato il premier ceco Bohuslav Sobotka, il primo ministro polacco Beata Szydlová, l’ungherese Viktor Orbán e Robert Fico, primo ministro slovacco.
Il summit non è nato esclusivamente come momento di incontro per tracciare una panoramica completa sulla questione dei rifugiati. L’incontro era stato fissato in occasione del 25° anniversario dalla fondazione del Gruppo di Visegrád, istituito nella città ungherese di Visegrád il 15 febbraio 1991 per promuovere la cooperazione tra i paesi, con l’obiettivo finale di favorirne l’integrazione comune nell’Unione Europea, come anche rimarcato nella dichiarazione unica siglata dai rappresentanti dei quattro paesi. Nella dichiarazione è stato infatti dichiarato come con la costituzione del Gruppo di Visegrád, l’Europa centrale ha assunto nuovamente il significato geografico e politico che aveva perso durante la Guerra fredda e di come la regione sia importante per l’Unione Europea così come quest’ultima è necessaria ai quattro paesi. Infatti, “attraverso la loro appartenenza alla UE e la NATO, i paesi del Gruppo di Visegrád hanno contribuito all’integrazione economica e politica dell’Europa e a promuovere la stabilità e la sicurezza del continente”.
Nel pomeriggio sono cambiati i temi di discussione del V4 con l’arrivo del macedone Ivanov e del bulgaro Borisov. A divenire oggetto di interesse è stata infatti la crisi dei profughi, dal momento che i due paesi balcanici sono i primi stati ad essere interessati dopo che i rifugiati sbarcano in Grecia dalle coste turche. Il 18 febbraio si terrà infatti a Bruxelles un vertice europeo e i paesi di Visegrád volevano arrivarci con una posizione comune sul tema, potendo così fare pressioni sulla Grecia per inasprire i controlli alla frontiera. I rappresentanti del V4 non sono tuttavia noti come possibili risolutori della crisi, avendo espresso numerose dichiarazioni contro qualsiasi apertura europea. Lo slovacco Fico aveva dichiarato come l’integrazione dei migranti fosse impossibile e come l’Europa stesse commettendo un vero e proprio suicidio. Gli altri non sono stati da meno, con l’ungherese Orbán che non ha atteso molto per sigillare i propri confini con la Serbia e con la Croazia. Questi ora chiedono alla Macedonia e alla Bulgaria, che già si sono prodigate nel costruire le prime barriere anti-migranti, di divenire di fatto il primo confine europeo. La Macedonia, dopo il primo muro costruito, ha iniziato i lavori per il rafforzamento dei propri confini permettendo il passaggio solo di cittadini siriani, afgani e iracheni.
Il trend dei rifugiati continua a non diminuire. Secondo le stime del Ministero degli Affari Interni della Macedonia, al 15 febbraio sono entrate 81.916 persone tra siriani, afghani e iracheni, delle quali 31.526 sono minorenni. Il numero dei profughi non sembra destinato a scendere rispetto ai trend dello scorso anno a causa della situazione ancora caotica nel Medio Oriente, nonostante la recente firma di un cessate il fuoco, decisa dagli Stati Uniti e la Russia, che tuttavia non interromperà i bombardamenti. È certo che, di fronte a una così grande catastrofe umanitaria, nascondersi dietro i muri non può e non potrà essere la soluzione al problema.
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