Da TBILISI – I progetti faraonici di modernizzazione dell’epoca sovietica hanno portato alla costruzione di gigantesche centrali idroelettriche nel Caucaso, che sfruttano i fiumi e la pendenza delle montagne per la produzione di energia.
Nel corso dei conflitti scoppiati nella regione negli anni della crisi e del crollo dell’impero sovietico, si è combattuto per il controllo di queste infrastrutture cruciali per l’approvvigionamento energetico.
Il risultato è stato che due delle più grandi di queste opere, le dighe sul fiume Inguri e sul Tartar, sono venute a trovarsi, rispettivamente, nel territorio dell’Abkhazia e del Nagorno-Karabakh, entità statali non riconosciute a livello internazionale. Per questi motivi sono oggetto di contesa e dispute tra gli ex belligeranti.
A causa della loro posizione è inoltre difficile per le organizzazioni internazionali monitorare la sicurezza e finanziare la manutenzione di tali infrastrutture.
La diga di Inguri
La costruzione della centrale idroelettrica sul fiume Inguri si è conclusa nel 1978. Con i suoi 271 metri si tratta della seconda diga ad arco più alta del mondo.
Dopo il conflitto che ha portato all’indipendenza de facto dell’Abkhazia, la diga è venuta a trovarsi in una posizione particolare, in quanto è rimasta in territorio georgiano, mentre i generatori di elettricità sono sotto l’amministrazione della regione separatista.
L’importanza dell’infrastruttura per il fabbisogno energetico dei due paesi ha, tuttavia, portato, già nel 1994, alla firma di un accordo, per la gestione e lo sfruttamento dell’energia prodotta dalla centrale (60% destinato all’Abhazia, mentre il restante 40% alla Georgia) .
Dal 1999 in poi la diga è stata messa in sicurezza con i fondi della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (EBRD/BERS) e dell’Unione europea.
È interessante notare che le autorità di Sukhumi, dove mancavano le competenze in materia, hanno sempre preferito collaborare con Tbilisi nell’amministrazione tecnica della diga, piuttosto che dare spazio a Mosca.
Negli ultimi mesi, gli alti consumi di elettricità da parte abkhaza e il fatto che la maggior parte dei cittadini della regione separatista non è tenuto a pagare l’energia sono stati criticati da parte georgiana.
La diga di Sarsang
La diga sul fiume Tartar è stata completata nel 1976. Dal 1994 è venuta a trovarsi nel territorio della repubblica de facto del Nagorno-Karabakh, provvedendo a circa metà del suo fabbisogno energetico.
L’infrastruttura, con il suo bacino idrico e un sistema di canali, svolge anche un ruolo fondamentale per l’agricoltura della regione. Tuttavia, l’acqua non arriva più, come un tempo, nelle aree che sono rimaste sotto controllo azero .
La condizione della diga, è stata negli ultimi mesi oggetto di dibattito all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (PACE). Infatti, la parlamentare bosniaca Milica Markovic e il britannico Robert Walter hanno presentato due risoluzioni che, tra le altre cose, condannano l’Armenia per “l’uso politico della diga” e per “aver deliberatamente creato una crisi ambientale”, bloccando i canali diretti in territorio azero.
L’adozione delle risoluzioni da parte dell’assemblea è stata, senza molte sorprese, criticata da parte armena e presentata come una condanna internazionale dell’occupazione armena dai media azeri.
Le vicende legate a queste due infrastrutture sottolineano diversi aspetti dei conflitti nel Caucaso. Se la diga sull’Inguri dimostra che laddove ci sono interessi comuni concreti una qualche forma di collaborazione è possibile, lo stesso non si può dire per la diga del Tartar.
La disputa sulla gestione di questa infrastruttura esemplifica come le organizzazioni internazionali sono, per Baku e Yerevan un’arena per acquistare sostegno e legittimazione a livello internazionale.
Foto: EBRD