In Polonia la sinistra (r)esiste e si chiama RAZEM, “insieme” in italiano. Nato solamente nel maggio del 2015 e con in tasca un piccolo ma significativo 3,6% guadagnato alle elezioni politiche dello stesso anno, RAZEM ha in poco tempo raggiunto un discreto successo grazie a una campagna sul web, e ora si prepara ad ampliare la propria base sfruttando i canali tradizionali e conquistando le città più piccole.
Dal luogo di fondazione, Varsavia, il “Podemos polacco” punta a diramarsi in tutto il paese. Le sue sezioni hanno raggiunto 30 città e altrettante entreranno a far parte della rete entro pochi mesi – scopriamo da una chiacchierata con Marta Nowak, portavoce del Partito. “Abbiamo deciso di costruire un’alternativa, un’organizzazione realmente democratica che non si vergogna della propria agenda socialdemocratica ed è capace di mobilitare gente fino ad ora inattiva politicamente”.
Il progetto politico
Diversi per età, professione e background culturale, le donne e gli uomini di RAZEM sono per l’85% volti nuovi della politica polacca. Da figli del precariato raccontano una Polonia diversa da quella a cui siamo avvezzi: “se hai mai letto del miracolo polacco e della crescita, immagina un grattacielo di Varsavia che prosciuga la vita delle piccole città a 50 km di distanza. Immagina un centro commerciale che uccide il cuore delle città. Queste ultime sembrano grandiose ma al tempo stesso 2 milioni di persone sono emigrate, e per un motivo. La Polonia è uno dei più grandi esperimenti neo-liberali al mondo e la nostra società è a pezzi proprio per questo. Abbiamo perso la fiducia. Abbiamo perso la coesione sociale. Dopo la trasformazione economica da capitalismo di stato al selvaggio capitalismo aziendale, una piccola élite si è arricchita ma metà della popolazione (19 milioni) ha meno di duecento euro in risparmi” racconta Nowak.
Giustizia sociale, solidarietà e parità di diritti sono i valori fondamentali di un partito che si presenta innovativo sin dalla struttura interna: leadership condivisa e cinque organi che a vario titolo ne tengono le redini. Un impegno e una responsabilità diffusi che mirano a ristabilire un rapporto con un popolo notoriamente disaffezionato. Con metà degli aventi diritto al voto che non si reca alle urne, la vera ambizione sarà convincere i polacchi che la politica la si fa e la si vive quotidianamente. Tutta colpa della casta politica, distante dai problemi della società e troppo affezionata alla poltrona – continua Marta Nowak che riassume l’antidoto in una fase: “se i politici diventassero cittadini comuni, i cittadini comuni si impegnerebbero di più in politica”.
Dato il distacco, risulta incredibile la partecipazione polacca alla manifestazioni del Comitato per la Difesa della Democrazia (KOD) capace di far scendere in piazza migliaia di persone nei weekend passati. A quelle manifestazioni hanno partecipato anche alcuni membri di RAZEM ma – precisa la Nowak – vista la strumentalizzazione politica di cui KOD è affetto, specie ad opera di Piattaforma Civica (ex partito al governo che per primo ha iniziato a demolire l’assetto della Corte Costituzionale), i rappresentanti della nuova sinistra democratica prendono le distanze da qualsiasi forma di accostamento alla vecchia guardia politica. Insomma, si apprezza il movimento sociale ma con alcuni distinguo.
Il rapporto con gli altri
RAZEM ci tiene alla propria identità e ad oggi non lascia spazio a collaborazioni con le altre forze in campo. Né Piattaforma Civica (PO) che a loro dire “manca di un solido background idelogico o etico”, né l’Alleanza della Sinistra Democratica (SLD), residuo di “burocrati post-comunisti noti per i dubbi legami con i grandi affari”. Ancor meno con Nowoczesna, il partito di Ryszard Petru, considerato il loro “naturale oppositore politico” per via di un programma prettamente economico e neo-liberale per niente affine alla linea progettuale di RAZEM. Il movimento si distingue per il suo progressismo sia in materia di libertà civili che di doveri ambientali pubblicando per i primi una dichiarazione per i diritti LGBT e sostenendo per i secondi una trasformazione dell’intero sistema energetico capace di capovolgere il consueto binomio ecologia – disoccupazione tanto caro all’industria carbonifera polacca.
La politica estera
Riguardo la politica estera, Marta Nowak sottolinea il forte pericolo russo percepito dalla Polonia e l’importanza di stabilizzare la regione, rafforzando la cooperazione tra gli stati dell’Unione Europea e facendo sì che il paese diventi un partner affidabile per la lotta al cambiamento climatico e per la risoluzione della crisi migratoria. Niente appelli alla NATO dunque, anche se su questo RAZEM potrà fare ben poco e sarà il summit NATO del prossimo giugno, proprio a Varsavia, a decidere se sia il caso di intensificare l’impegno dell’Alleanza Atlantica per la difesa dei suoi membri più orientali.
Difficile dire quanto questa linea dura si coniughi con le necessità dei polacchi e non sfoci in un velleitarismo dannoso per RAZEM e per i cittadini traditi dai partiti convenzionali, incapaci di colmare lo scollamento tra i due fronti. Per quanto nobile possa considerarsi il loro progetto politico, ad oggi non sembra che abbia ancora una presa forte nella società. O meglio, è troppo presto per dirlo. Se la quantità non è sempre sinonimo di qualità, i numeri non possono essere trascurati specie se l’obiettivo è arrivare al Parlamento per la prossima tornata elettorale. La retorica e i buoni propositi sono condizioni necessarie ma non sufficienti per guadagnarsi un posto in paradiso. Possono andare bene per rapire i cuori dei disillusi, ma riconquistare lo spazio che la sinistra polacca ha perso necessita di una tenacia e concretezza ancora tutta da dimostrare.
Foto: Gosia Kaczmarczyk