La mattina del 9 febbraio chi a Mosca abbia preso la metro si è probabilmente trovato di fronte un paesaggio poco riconoscibile: i consueti chioschi – molti dei quali fissi allo stesso posto dagli anni Novanta – adiacenti alle entrate della metropolitana (tra cui, ad esempio, le stazioni Čistye prudy, Kropotkinskaja e Arbatskaja), dove si potevano acquistare dal caffè, ai mazzi di fiori, al giornale, alle sim telefoniche, sono stati letteralmente demoliti con bulldozer nella notte su ordinanza della città. Le strutture distrutte sono state un centinaio, le macchine impiegate nell’operazione 700.
L’otto febbraio è scaduto infatti il termine ultimo stabilito dalla città entro il quale i proprietari dei locali abusivi dovevano smantellare i propri chioschi; le modifiche al codice civile russo approvate lo scorso primo settembre danno inoltre ufficialmente diritto agli organi delle città di agire autonomamente in materia di abusività edilizia. A Mosca hanno deciso di intervenire attivamente con bulldozer allo scadere del termine. L’operazione è stata giustificata dalla criminalità e illegalità che tali chioschi permettevano (lavoro nero, subaffitti privi di contratto, vendita di merci non autorizzata, ecc.) e dalle mancanze di norme di sicurezza. Il sindaco Sobjanin nella sua pagina Vkontakte ha promesso di ricostruire al meglio i luoghi dove sono avvenute le demolizioni (alcuni già parlano di farne parcheggi), e ha affermato che ai proprietari che desidereranno ricostruire i propri chioschi in maniera legale metterà a disposizione nuove aree.
I proprietari dei chioschi, probabilmente non sospettando tali misure drastiche, hanno continuato a lavorare normalmente anche l’otto febbraio. Alcuni di essi inoltre si erano già rivolti ad autorità giudiziarie per contestare le affermazioni di abusività portate avanti dalla città, ma ciononostante allo scadere del termine si sono visti i propri locali demoliti dai bulldozer. Altri si rivolgeranno ora ad avvocati, con conseguenti spese in lunghe cause civili e possibili risarcimenti a carico della città. Il capo degli avvocati moscoviti Ajrapetov sentito da Kommersant ha definito la rimozione dei chioschi un abuso, in contrasto con l’articolo 35 della Costituzione che difende i diritti di proprietà e li affida unicamente alle decisioni del tribunale, non di altri organi governativi. “Mosca – ha detto – questa notte è tornata agli anni Novanta; quello che ha fatto Sobjanin si chiama banditismo”.
La distruzione dei chioschi causa una indiscutibile perdita di posti di lavoro ed un calo del fatturato derivante dalle imposte che comunque la città percepiva anche da tali strutture abusive.