RUSSIA: Le relazioni russo-cinesi sul filo del rasoio. Sorprese in vista?

Cina e Russia sono due Paesi confinanti che hanno sempre avuto un rapporto molto altalenante nel corso della storia. Molti sono i motivi di tensione tra cinesi e russi, maggiori o minori, si pensi per esempio all’espansione russa nel corso del XIX secolo, ai danni dell’impero cinese, o alla crisi sino-sovietica. Tuttavia, sebbene non sempre affiatate, Mosca e Pechino rimangono sulla stessa lunghezza d’onda, entrambe alla ricerca di un modo per proteggere la propria sovranità e la propria egemonia sull’Occidente.

Il 2015 si è sicuramente rivelato un anno molto prospicuo per le relazioni tra i due Paesi. Lo scorso anno, infatti, i due vicini sembravano aver trovato un terreno comune abbastanza stabile grazie all’aumento degli investimenti e alla firma di diversi progetti di natura commerciale, capaci di fortificare le loro relazioni dopo anni di discordie e fraintendimenti. Nel 2001, le parti avevano già firmato un accordo chiave “sul buon vicinato, l’amicizia e la cooperazione”, che sancisce non solo accordi riguardanti settori di una certa importanza (energetico, militare, tecnico-scientifico, economico), bensì anche delle linee guida per la lotta contro il terrorismo, il separatismo e l’estremismo, nonché un patto di non-aggressione nucleare.

Vladimir Putin e Xi Jinping hanno dato prova della loro grande amicizia in diverse occasioni: i leader cinesi e russi hanno partecipato alle rispettive parate di Mosca e Pechino del 9 maggio e del 3 settembre, dimostrando una cooperazione militare solidale e tradizionale che ha unito ancora di più i due confinanti e, sempre nel 2015, è stata siglata una dichiarazione comune per la creazione della Cintura economica della Via della Seta e per una possibile cooperazione concreta con l’Unione economica eurasiatica (UEE).

Il Presidente russo, durante la sua ultima visita a Pechino, ha inoltre apertamente dichiarato che le sanzioni economiche imposte alla Russia da alcuni Paesi occidentali non hanno avuto nessun impatto sul partenariato russo-cinese e che la Cina rimane uno dei principali partner commerciali (e strategici) per Mosca. E continuare quest’amicizia reciproca è uno degli obiettivi del 2016, che prevede in agenda un appuntamento chiave: la celebrazione del 15° anniversario dell’accordo sul buon vicinato, l’amicizia e la cooperazione.

Tutti questi grandi progetti in via di sviluppo fanno certo parte di un tenativo per limitare gli effetti della crisi internazionale e di ritrovare un buon equilibrio e una dinamica di crescita economica prosperosa per le due potenze. Ma fila davvero tutto così liscio tra loro?

Due sono i problemi fondamentali che regolano gli accordi tra russi e cinesi: una mancata comprensione dovuta alle diverse mentalità e il desiderio da parte dei russi di dominare i partner cinesi nel mondo degli affari.”

Secondo l’opinione di molti esperti, politologi e funzinari, interrogati dal noto giornale russo Vlast’, il progetto di una cooperazione a lungo termine e di fiducia reciproca tra Russia e Cina ha fallito. Eppure gli accordi ci sono stati, con tanto di firme, visite, celebrazioni e sorrisi. Cos’è dunque andato storto?

Dopo l’annessione della Crimea alla Russia, l’introduzione delle sanzioni occidentali nel marzo del 2014 e l’esclusione dal G8, la Russia ha dovuto di cambiare rotta e concentrarsi sulla ricerca di nuovi partner e investitori. I BRICS, con la loro nuova spinta economica, sembravano perfetti per la nuova politica diretta da Putin, il quale incita questi Paesi a “resistere al richiamo dell’Occidente”. Ma nell’ultimo summit il Brasile, sostenuto da India e Sud Africa, ha precisato che il suo Paese non entrerà in lotta contro l’Occidente visto che ne fa indubbiamente parte. Questi Stati hanno bisogno delle potenze occidentali, degli Stati Uniti e dell’Europa, si rivolgono a loro, ci collaborano, ci lavorano e ci studiano, quindi schierarsi contro l’Occidente, sinonimo di guadagno, di soldi e prosperità, non ha alcun senso, danneggerebbe solo alla loro crescita. La proposta della Russia suona quindi come un “smettete di fare soldi”. Niente di strano, perciò, se la gamma di potenziali partner si è ridotta alla Cina, primo acquirente straniero dei sistemi di difesa aerea russi (S-400 Triumph), titubante però sui rimanenti progetti di cooperazione in corso.

I russi si aspettavano un flusso di investimenti cinesi, ma questi preferiscono temporeggiare e soppesare la situazione scrupolosamente, valutando per ogni singolo progetto il grado d’investimento e la prontezza dei partner a investire soldi concreti. Certamente, vista la situazione economica attuale di Mosca (si parla di un ribasso del 30% dovuto alla svalutazione del rublo), i cinesi non hanno interessi particolari nell’investire in Russia. Inoltre Pechino, secondo una logica molto rigida, tende ad investire nei paesi del primo mondo (USA) nel settore tecnologico, oppure nei paesi del terzo mondo (Sudan, Zimbabwe) per far fronte alle risorse primarie. La Russia non rientra in nessuna delle due sfere e occupa attualmente, secondo il Global Opportunity Index, solamente l’81° posizione per quanto riguarda l’attrazione degli investitori stranieri, e quindi cinesi.

Victor Tarusin, direttore esecutivo della Russia-ASEAN Business Council (Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico), ha raccontato brevemente che le banche americane sono riuscite a convincere alcuni banchieri cinesi a chiudere molti dei conti bancari russi e a trasferire il denaro altrove, non effettuando ulteriori prestiti né alle aziende né alle persone fisiche. Insomma, un tacito accordo ad accettare l’embargo e le sanzioni volute dal mondo occidentale nei confronti della Russia.

Nonostante quindi la stipulazione di diversi accordi su una serie di progetti nel settore dell’ingegneria, del petrolio e del gas, Cina e Russia, le cui relazioni diplomatiche sono quasi da ammirare date le tensioni internazionali del momento, sembrano andare d’amore e d’accordo solo apparentemente e non economicamente parlando. Il 2016 ci riserva probabilmente delle sorprese.

Chi è Claudia Bettiol

Nata lo stesso giorno di Gorbačëv nell'anno della catastrofe di Chernobyl, sono una slavista di formazione. Grande appassionata di architettura sovietica, dopo un anno di studio alla pari ad Astrakhan, un Erasmus a Tartu e un volontariato a Sumy, ho lasciato definitivamente l'Italia per l'Ucraina, dove attualmente abito e lavoro. Collaboro con East Journal e Osservatorio Balcani e Caucaso, occupandomi principalmente di Ucraina e dell'area russofona.

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