Il 2 febbraio la Corte europea dei diritti umani (organo del Consiglio d’Europa) ha condannato l’Ungheria per violazione della libertà d’espressione, ossia dell’articolo 10 della Convenzione europea sui diritti umani. Il ricorso contro il governo di Budapest era stato portato ai giudici di Strasburgo dalla Magyar Tartalomszolgáltatók Egyesülete (MTE) e da Index.hu Zrt (caso n. 22947/13).
La MTE, organo di auto-regolamentazione dei provider internet magiari, e il portale online di notizie Index.hu, erano stati considerati responsabili dalle corti ungheresi per i commenti volgari ed offensivi postati dai loro lettori online, a seguito della pubblicazione di un articolo che criticava le pratiche commerciali di due agenzie immobiliari online.
Secondo la Corte di Strasburgo i portali web hanno doveri e responsabilità, ma le corti ungheresi non hanno bilanciato in maniera appropriata il diritto alla libertà di espressione con il diritto dei siti immobiliari coinvolti al rispetto della reputazione commerciale. In particolare, le autorità ungheresi hanno accettato senza ulteriori verifiche che i commenti fossero illegali in quanto deleteri per la reputazione delle agenzie immobiliari.
In un precedente caso riguardante l’Estonia (Delfi AS v. Estonia, n. 64569/09), la Corte europea dei diritti umani aveva trovato che un portale commerciale online fosse responsabile per i commenti offensivi dei suoi lettori – ma nel caso di MTE e Index.hu mancava l’elemento centrale del caso Delfi, ossia l’incitamento alla violenza e all’odio razziale. Benché volgari, in questo caso i commenti non costituivano un caso di hate speech. Inoltre, benché Index.hu sia un sito commerciale, MTE è invece un’associazione autoregolativa e senza scopo di lucro degli internet provider ungheresi.
Come sottolinea Bea Bodrogi sul sito della MTE, la Corte ha anche sottolineato che nel caso in specie si trattava una questione di interesse pubblico, e che rendere responsabili in toto i portali internet per il contenuto dei commenti dei lettori potrebbe avere conseguenze negative per la libertà d’espressione online, ad esempio spingendo tali portali a chiudere direttamente le sezioni commenti.
Secondo Jonathan McCully, della Media Legal Defence Initiative, quello del caso MTE/Index.hu è “un passo nella giusta direzione” dopo il caso Delfi. In particolare, la Corte si è spesa nello specificare le misure necessarie per verificare la responsabilità degli intermediari online – anche se l’endorsement da parte della Corte del sistema notice-and-take-down resta arretrato rispetto alla giurisprudenza in altri sistemi, come quello indiano, spagnolo, o argentino, dove gli intermediari online sono responsabili solo se non rispondono ad una richiesta specifica delle autorità giudiziarie in tal senso.
Foto: Index.hu