MACEDONIA: Sessantamila emigrati in tre anni. I macedoni votano coi piedi

Circa 60.000 cittadini macedoni hanno lasciato il paese tra il 2010 e il 2013, secondo l’agenzia statistica europea Eurostat, con la speranza di ottenere un lavoro più redditizio all’interno dei confini europei. Un vero e proprio esodo, quello che sta colpendo la Macedonia, che mette in mostra la fragilità della propria economia, nonostante i dati macroeconomici siano positivi da alcuni anni. Tali numeri sono esemplificativi delle difficoltà che la popolazione macedone è costretta ad affrontare per vivere nel proprio paese natale. Secondo l’ultimo censimento del 2002 (quello del 2011 è stato dichiarato nullo per il boicottaggi di buona parte della minoranza albanese) in Macedonia risiedono circa 2 milioni di abitanti. Il numero degli abitanti che nel triennio 2010-2013 ha abbandonato il paese è pari a circa la quantità di persone che abitano la città di Prilep, la quinta città per numero di abitanti. In percentuale il numero è ancora più significativo: in tre anni il 3% della popolazione ha preferito emigrare e provare a costruirsi un futuro all’estero che rimanere all’interno del proprio paese.

I dati dell’Eurostat, secondo quanto riportato dal quotidiano specializzato francese Le Courrier des Balkans, sarebbero incompleti, dal momento che larga parte della popolazione è in possesso di passaporto bulgaro. Il passaporto di Sofia, specie nella parte orientale del paese, è molto comune tra i cittadini ed è uno dei più richiesti, dal momento che è molto facile da ottenere. La “mafia dei passaporti”, come è stata ribattezzata in Bulgaria, ha assunto dimensioni tali da divenire oggetto di un’interrogazione parlamentare al Parlamento europeo. La statistica dell’agenzia europea si basa infatti sui permessi di soggiorno che vengono concessi a cittadini macedoni, senza considerare quindi quelli che sono in possesso della cittadinanza bulgara, che permette loro di circolare liberamente in tutta l’Unione. I giovani sono, ovviamente, la fetta di popolazione più coinvolta.

L’economia macedone, nonostante mostri segnali di crescita, non è tale da promettere un futuro roseo per la popolazione. Secondo i dati raccolti dalla Banca Mondiale, i cittadini macedoni possono godere di un reddito pro capite a parità di potere d’acquisto, ossia il PIL rapportato al costo della vita, pari a 13.142$ (la metà della Grecia, un terzo dell’Italia), con la disoccupazione totale pari al 27,9% della forza lavoro totale e la disoccupazione giovanile che si attesta al 53,1%, uno delle più alte in Europa. Il programma economico promosso dal governo Invest in Macedonia non solo non riesce ad attrarre un buon numero di investimenti, ma è anche significativo della volontà espressa dal governo. Sul sito ufficiale infatti gli investimenti vengono attratti proponendo una bassa tassazione e, soprattutto, un basso livello salariale, invogliando la delocalizzazione senza garantire prosperità alla popolazione locale.

Alla base della fuga vi è anche la crescente instabilità politica, culminata nel 2014 nella crisi politica che sembrerebbe ora avviarsi a una soluzione. La crisi politica infatti non fa altro che causare un forte senso di insicurezza nella popolazione per il futuro, che quindi sarebbe più propensa ad abbandonare un paese che non è in grado di garantire stabilità economica ai suoi cittadini. Ciò ha causato numerosi problemi anche al progetto di integrazione europea della Macedonia, che nel 2005 aveva ottenuto lo status di paese candidato all’adesione all’UE. La vicenda viene seguita costantemente dal Commissario europeo Johannes Hahn e dal mediatore europeo Peter Vanhoutte, con la speranza che possa risolversi rapidamente.

Foto: AP Photo/

Chi è Edoardo Corradi

Nato a Genova, è dottorando di ricerca in Scienza Politica all'Università degli Studi di Genova. Si interessa di Balcani occidentali, di cui ha scritto per numerosi giornali e riviste accademiche.

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