Il parlamento albanese ha approvato a maggioranza bipartisan una legge che prevede lo stop ai tagli degli alberi in tutte le foreste del paese al netto dei tagli necessari per garantire il riscaldamento per le popolazioni delle aree rurali. Una moratoria di dieci anni che prevede una gestione sostenibile delle rimanenti risorse con il reinvestimento degli introiti del legno per la piantumazione di nuovi alberi.
La decisione è stata inevitabile per poter frenare uno sfruttamento incontrollato dei boschi negli anni, tanto che a breve l’Albania avrebbe rischiato di rimanere priva di superfici verdi.
I dati dell’Agenzia europea per l’ambiente sono preoccupanti: nel periodo 2002-2012 oltre il 14 per cento delle foreste sono state distrutte. Solo fra il 2007 ed il 2013 sono stati distrutti o bruciati oltre 260 mila ettari di boschi. A causa di disboscamenti incontrollati ci sono state ripetute inondazioni in varie zone del paese provocando danni ingenti. La moratoria non è la soluzione al problema. La proposta delle Ong ambientaliste albanesi per una campagna nazionale di rimboschimento pare sia rimasta inascoltata.
Inoltre, il governo albanese sta pensando di rinnovare la moratoria di due anni sulla caccia. Il governo albanese era stato obbligato ad adottare delle misure severe al fine di proteggere le specie selvatiche minacciate di scomparire a causa della caccia. I dati raccolti da studi indipendenti e dal Dipartimento della biodiversità del Ministero dell’Ambiente mostrano che negli ultimi dieci anni c’è stato un forte calo della popolazione della fauna selvatica in Albania.
L’Albania era diventata una meta non solo per i cacciatori italiani perché nei paesi Ue, almeno sulla carta, ci sono limitazioni alla caccia molto più stringenti. Secondo un rapporto del ministero dell’ambiente albanese durante il 2013 circa 400 cacciatori stranieri hanno svolto attività venatorie nel paese.
In vista della moratoria sulla caccia, tre cacciatori italiani e cinque albanesi sono stati arrestati nel marzo del 2014 dalla Polizia di Lezha, nella laguna di Kun –Vaini perché esercitavano la caccia di frodo.
I reati contro l’ambiente sono in continuo aumento e costituiscono ormai uno dei settori più redditizi per le grandi organizzazioni criminali. Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep), i più gravi sono il commercio illegale di legname, perché accelera il riscaldamento climatico, e il bracconaggio, che minaccia di estinzione alcune specie, come la pulcinella di mare e persino la tortora comune.