Non certo per democrazia, né per intelligenza economica, nemmeno per capacità diplomatica, l’unico motivo che oggi spinge ad amare, o almeno accettare, l’Unione Europea è la libertà di circolazione. Oggi questa libertà è messa in discussione a seguito della decisione di molti paesi di reintrodurre controlli alle frontiere allo scopo di fermare i flussi migratori che, negli ultimi anni, investono con sempre maggiore intensità l’Europa. In sede europea si discute su una sospensione fino a due anni del trattato di Schengen che alcuni vedono come preludio a una possibile abolizione.
Il Trattato di Schengen, dal nome della cittadina del Lussemburgo dove è stato sottoscritto il 14 giugno 1985, è molto più che una garanzia al diritto di libera circolazione. Esso garantisce l’integrazione delle banche dati delle varie forze di polizia nazionali e il coordinamento nella lotta alla criminalità organizzata che è oggi un fenomeno transnazionale, impossibile da battere senza un’azione congiunta di tutti i paesi europei. L’immigrazione clandestina, ad esempio, è da sempre nelle mani delle mafie (balcanica, russa, turca, italiana) che operano a livello internazionale creando vere e proprie reti criminali capaci di operare in modo organico. Per fermare l’immigrazione clandestina, quindi, non servirà a nulla reintrodurre frontiere nazionali. Sarebbe come fermare l’acqua con le mani.
Sospendere, o persino abolire, Schengen non servirà a “proteggere” dall’immigrazione clandestina. Anzi, favorirà lo sviluppo di network criminali internazionali ancor più capaci a penetrare confini che saranno invece invalicabili per le forze di polizia. Il trattato di Schengen, infine, prevede il rafforzamento dei controlli lungo i confini esterni dell’Unione. Controlli che andrebbero del tutto a perdersi lasciando i paesi della fascia esterna dell’Unione ancora più soli nella gestione dei flussi migratori.
Ecco perché la disgregazione di Schengen non è, come ha affermato Marine Le Pen, una “ottima notizia”. Il recupero della sovranità degli stati, se è questo lo scopo, non passa dall’abolizione di Schengen ma, semmai, dal ritorno a forme di sovranità economica che evitino altri “scenari greci”. La notizia della possibile sospensione di Schengen per due anni, che apre quini a future possibilità di abolizione, è “ottima” solo per gli stolti. Mancando un progetto politico alternativo, mancando una filosofia economica alternativa, lo sgretolamento dell’UE non porterebbe a un maggiore benessere, a una maggiore sicurezza o a una maggiore democrazia.
Inoltre la libertà di circolazione “vale” qualche milione di euro in scambi commerciali. ISPI ha calcolato che gli effetti positivi di Schengen sull’interscambio commerciale siano pari a circa 30-90 miliardi di euro all’anno. Le esportazioni di paesi UE verso altri paesi UE ammontano a oltre 2900 miliardi di euro, circa i due terzi delle esportazioni totali che verrebbero rallentati con il ripristino delle frontiere con una conseguente perdita economica.
La cosa che più stupisce è la miopia dei nostri governanti. L’eventuale sospensione di Schengen non sarà certo volontà della Commissione o delle altre istituzione europee, ma il risultato degli egoismi degli stati nazionali e di una generazione di politici che ha con l’Unione Europea un atteggiamento ambivalente. L’UE serve – e viene difesa – quando garantisce ai suoi membri “forti” rinnovate capacità finanziarie, possibilità di competizione economica internazionale, ma viene del tutto rifiutata come strumento di democrazia o di sviluppo sociale.
Così i nostri governanti saranno capaci di toglierci la libertà di circolazione, ma certamente terranno in piedi i vincoli, le austerità, le deregulation che servono al mercato finanziario e fanno male ai cittadini. L’unità europea davvero faticherà a resistere sotto i colpi dell’incapacità delle istituzione europee, da un lato, e l’egoismo stolido degli stati nazionali, dall’altro. L’Unione Europea per come è oggi non soddisfa certo le necessità di democrazia, equità sociale, diritto e lavoro che ci si attendeva, ed anzi essa è sempre più espressione di poteri non democratici. Tuttavia amputare la gamba sana non servirà a guarire il malato, solo ad ucciderlo. E noi, che di quell’organismo facciamo parte, non faremo una fine migliore.