Negli ultimi tempi non passa giorno senza che nelle strade di Pristina appaia un nuovo graffito contro i politici di governo, dipinti come Tony Montana, il gangster più violento e più iconico del film Scarface, o come personaggi di Bastardi senza gloria.
I graffiti hanno come obiettivo principalmente il premier, Isa Mustafa, il vicepremier, Hashim Thaci, e il capo del parlamento, Kadri Veseli, già capo dei servizi segreti. Ma oggetto dei graffiti è stato anche la presidente, Atifete Jahjaga, rappresentata in lingerie e con un capello da poliziotta. Anche per questo i primi a reagire sono stati i militanti di una rete per la difesa delle donne che ha tolto i graffiti dai muri e ha accusato gli autori di essere sessisti. Anche il governo li ha qualificati come atti di vandalismo.
L’argomento è controverso. Ci sono molte sfaccettature. Una cosa è certa: questi graffiti esprimono il disaccordo dei giovani verso il governo e la politica internazionale nei confronti del Kosovo. Quattro anni fa i graffiti sono stati uno strumento del movimento nazionalista Vetvendosje (Autodeterminazione) che protestava contro la presenza europea e internazionale in Kosovo.
La situazione politica in Kosovo non è buona. Negli ultimi tre mesi, in sei diverse occasioni, i partiti di opposizione hanno usato gas lacrimogeni in parlamento e ci sono state manifestazioni violente contro la nuova definizione del confine tra Kosovo e Montenegro. Anche la creazione di un’associazione delle municipalità serbe, prevista dagli ultimi accordi di dialogo tra Kosovo e Serbia, ha contribuito a rendere incandescente la situazione. Questi graffiti, da molti considerati una forma d’arte, esprimono il malessere civile di un paese ancora attraversato da profonde tensioni.