Mosca, Riga, Tallinn, Minsk, Tbilisi e Astana. Tutte nello stesso campionato sportivo. È la VTB United League, lega cestistica che, dal 2008, riunisce le squadre dell’ex Unione Sovietica. L’operazione revival viaggia sul doppio obiettivo di offrire alle compagini un campionato competitivo e riportare in auge le vecchie rivalità che caratterizzarono il basket sovietico. L’ultima stagione fu quella del 1990/91 (la successiva venne giocata dalle sole squadre della CSI), anno dopo il quale il campionato di basket sovietico si divise nei vari campionati nazionali, abbassando di molto il livello di competizione.
Il campionato dell’URSS era stato per quasi tutta la sua durata una questione tra le squadre moscovite e quelle delle repubbliche baltiche, e così, dopo il collasso della nazione, le maggiori rivalità andarono perse. La voglia di riproporre le antiche sfide e alzare la competitività dei campionati però rimase sempre nella mente di molti addetti ai lavori. Così si decise di seguire il modello, già collaudato, della Lega Adriatica, nata nel 2001, che riuniva le squadre delle ex repubbliche jugoslave, e che aveva ottenuto già dalla prima edizione un discreto successo di pubblico.
Come la Lega Adriatica, che non aveva stretti confini geografici (ad alcune stagioni del campionato ha partecipato anche il Maccabi Tel Aviv), il board della VTB decise di aprire anche a squadre di nazioni al di fuori dell’area dell’ex Unione Sovietica. La prima edizione fu un torneo sperimentale di tre giorni durante le feste di Natale del 2008. Si presentarono al via anche i polacchi del Prokom di Sopot, unici padroni del campionato nazionale da almeno 6 stagioni. Insieme a loro l’élite del basket russo, con le moscovite CSKA, Chimki e Dinamo, i lituani dello Žalgiris Kaunas e le ucraine Kiev e Azovmaš Mariupol. Il torneo ebbe un grosso successo di pubblico, convincendo gli organizzatori a iniziare una stagione completa. Si presentarono al via otto squadre, divise in due gironi da quattro, con le prime due qualificate per la final four di Mosca.
Nonostante la competizione rimandi al passato sovietico, il modello che segue è nettamente improntato su quello classico USA. Un esempio lampante in questo senso è stata la prima gara del torneo, decisa a tavolino e non tramite sorteggio, che metteva di fronte l’armata rossa del CSKA Mosca contro i lituani dello Žalgiris Kaunas, un revival di quelle che furono le mitiche sfide che infiammarono gli anni ’80, soprattutto tra i centri dominanti di allora: Tkačenko e Sabonis, che infatti alzarono la palla a due prima del match. Cheerleader, iscrizioni e diritti tv vanno dritti verso il modello dello Zio Sam più che quello del compagno Lenin, così come gli ingaggi milionari dei giocatori, che la fanno diventare una delle leghe europee con la media stipendi più alta.
Il prestigio della lega è sempre andato a crescere, ma il più grande risultato è stato quello di aver inglobato la massima serie del campionato russo dalla stagione 2013/2014, anche se già dalla stagione precedente i match che avrebbero coinvolto i team russi sarebbero stati validi anche per il campionato domestico. La motivazione va cercata nella competitività del campionato russo, per grandezza e forza economica, rispetto agli altri campionati ex sovietici: il doppio impegno, triplo considerando le competizioni europee, era troppo gravoso per le squadre russe partecipanti.
Oltre al forfait delle squadre ucraine per via della guerra, la stagione 2014/15 ha visto l’uscita di scena anche delle squadre lituane, con la conseguente perdita di due squadre storiche come il Lyetuvos Rytas Vilnius e lo Žalgiris Kaunas. Negli anni la competizione ha visto la partecipazione di compagini polacche e finlandesi e, ultimamente, dei cechi del Nymburk: tutti alla ricerca di una lega più competitiva rispetto al campionato nazionale. Dal 2011 partecipano inoltre i kazaki del BK Astana e, da questa stagione, i georgiani del Vita Tbilisi.
Il bilancio sul seguito di pubblico, dopo otto stagioni, è positivo, ma non ottimo. Se è vero che i diritti TV offrono un’ottima copertura e gli introiti sono buoni e suddivisi tra le squadre che non pagano un’iscrizione ma, anzi, vengono pagate per partecipare, bisogna anche sottolineare che il vero problema sta nelle arene. La media degli spettatori è piuttosto bassa, si va dagli oltre quattromila del Lokomotiv Kuban’ Krasnodar agli 800 circa di Vita Tblisi, Bisons, Nymburk e Volgograd. Troppo pochi per una lega con squadre da budget milionari che, nonostante sia davvero ben organizzata e con ottime coperture tv, ancora si regge su vagonate di rubli spesi a fondo perso.
Foto: VTB United League (Facebook)