RESISTENZE: Vojo Rajnatović, studente jugoslavo

Nato a Cetinje, in Montenegro, nel 1916, entra a far parte del Partito Comunista nel 1935, partecipando in numerose battaglie con le formazioni partigiane vicino a Cetinje. All’epoca studente, viene catturato nel 1942 all’età di 26 anni insieme a dodici compagni su delazione di alcuni collaboratori. Tradotto nelle carceri locali, dove viene torturato, viene condannato dal Tribunale Militar italiano di Cetinje e fucilato il 18 giugno 1942 a Humci.

Cettigne, 18 giugno 1942

Cari genitori, fratelli e sorelle,

vi è certamente già noto come, insieme ad altri 12 compagni, sono stato ingannato dai fratelli, o meglio dai traditori Cuce, vale a dire da Boško, Z. Popovič, Petar Simov Popovič, Petar Markovič e altri, e caduto nelle mani del nemico del nostro popolo e della sua libertà, per la quale ho lottato tutta la mia vita degnamente e infaticabilmente e per cui ecco finalmente oggi offro anche la mia vita per la libertà e per una migliore esistenza del mio amato popolo montenegrino. Sono condannato a morte dall’invasore fascista italiano e dai suoi servi, i degeneri del nostro paese.

Ho l’onore di morire per il popolo e scenderò nella terra con una canzone sulle labbra, convinto che il popolo vendicherà me, degno e onesto figlio, a cui non dispiace offrire se stesso, la giovinezza, il sangue e la vita per il suo bene, per un suo migliore e più felice avvenire.

Oggi si diffondono sul nostro conto voci ingiuriose che i traditori e le spie inventano per discreditarci di fronte alla nazione e per assicurarsi il potere con cui depredare il popolo. Ma s’ingannano amaramente, giacché non è più lontano il giorno in cui la libertà comincerà a brillare per le nazioni soggiogate, e con loro per il popolo montenegrino, e in cui la verità dovrà risultare chiara a tutti. Allora questi figli degeneri occuperanno il posto che spetta loro e saranno condannati dal popolo come meritano per la loro delittuosa attività. Sono convinto che il bene debellerà il male, perciò vado incontro alla morte cantando, conscio di aver degnamente lottato per la vittoria del bene.

Voi, cari genitori, fratelli e sorelle, perdete oggi, dopo Nikola e Dušan, anche me. Questa è per voi una grave sciagura e grande sarà il vostro dolore. Ma io vi prego di non disperarvi, siate invece fieri di aver avuto figli e fratelli che sono caduti con onore nella lotta per la libertà e un migliore avvenire del popolo, per il quale sono nati, vissuti e morti. Siate fieri di aver contribuito anche voi alla lotta del popolo, sacrificando quanto vi era di più caro: la vita dei vostri figli e fratelli. Confortatevi, pensando che ci sono oggi molte madri che hanno sacrificato e sono pronte a sacrificare i loro unici figli per la libertà del popolo. Condividete col popolo tutto il male che gli arrecano l’invasore e i suoi servi, i degeneri del nostro paese, fra breve condividerete anche il bene.

Voi lo sapete che io non ho lottato per governare e comandare e per risparmiarmi a qualunque costo. Ho lottato con onore e disinteresse, offrendo la mia vita soprattutto per il bene del popolo. Perciò sono tranquillo, perché sono conscio che il mio contributo alla lotta non è stato vano, giacché i frutti di questa santa lotta popolare li godranno i nostri giovani. «Sulla tomba spunteranno i fiori per una lontana generazione».

Voi mi conoscete bene, come pure tutte le persone degne e oneste, e perciò saprete stimare in giusta misura il mio sacrificio. Domani avranno vergogna della mia morte anche tutti quegli onesti Cuce che l’hanno inconsciamente provocata. A questi io perdono, perché so che non l’avrebbero mai fatto, se avessero saputo che così uccidevano i loro migliori figli e combattenti. Ma il popolo saprà punire i degeneri che spinsero la nazione e il paese a tal punto. E perciò, siate calmi, giacché il popolo ci vendicherà.

Infine vi esorto per l’ultima volta a essere valorosi e fieri, a comportarvi virilmente, a sopportare tutti questi mali per vivere, in unione con il popolo montenegrino, giorni migliori e più felici. E così sia, miei cari padre, madre, fratelli e sorelle. E ora accogliete l’ultimo saluto e l’ultimo addio del vostro figlio e fratello

Vojin

Chi è Edoardo Corradi

Nato a Genova, è dottorando di ricerca in Scienza Politica all'Università degli Studi di Genova. Si interessa di Balcani occidentali, di cui ha scritto per numerosi giornali e riviste accademiche.

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