L’ISIS avrebbe rivendicato l’attacco alla fortezza di Naryn-Kala, avvenuto nella notte del 29 dicembre in Daghestan, che ha portato alla morte di un ufficiale dell’FSB e al ferimento di altre 10 persone. Secondo il comunicato diffuso da un gruppo di combattenti dichiratisi appartenenti allo Stato Islamico, l’attacco sarebbe stato rivolto contro un gruppo di ufficiali dei servizi segreti russi che si trovavano presso la fortezza per un raduno. In seguito ad alcune indagini, le autorità russe avrebbero identificato i tre autori dell’attacco, tra cui figura Abutdin Khanmagomedov, leader di un gruppo di combattenti daghestani che sempre a dicembre avrebbe organizzato un secondo attacco nella regione. Per il momento però Mosca non conferma ancora nessun collegamento tra gli autori dell’attacco e l’ISIS.
Inizialmente si era pensato che l’attacco fosse stato diretto contro obiettivi civili, dato che la fortezza di Naryn-Kala, che sovrasta la città di Derbent, a pochi chilometri dal confine con l’Azerbaigian, rappresenta la principale attrazione turistica del Daghestan. Venne costruita nell’VIII secolo dai sasanidi in quella che era all’epoca una posizione strategica per controllare il passaggio da un versante all’altro del Caucaso (gli arabi la chiamarono Bab al-Abwab, Porta delle Porte), e dal 2003 è patrimonio mondiale dell’UNESCO. Il comunicato diffuso dai combattenti legati allo Stato Islamico ha però successivamente chiarito quale fosse il vero obiettivo dell’attacco.
L’ISIS è ufficialmente attivo nella regione dallo scorso giugno, quando lo Stato Islamico ha proclamato la creazione di un proprio governatorato nel Caucaso russo, il Wilāyat al-Qawkaz, con a capo il daghestano Rustam Asildarov, in arte Abu Muhammad Kadarsky, ex combattente dell’Emirato del Caucaso (era emiro del Wilāyat Daghestan) passato dalla parte del Califfato. Come Asildarov, negli ultimi mesi molti altri combattenti caucasici hanno deciso di abbandonare l’Emirato, ormai in crisi, per giurare fedeltà all’ISIS, capace di suscitare una maggiore attrattiva nei giovani combattenti, grazie anche all’efficace propaganda messa in atto dagli uomini di al-Baghdadi.
Per il Daghestan gli attacchi terroristici non rappresentano certo una novità, dato che da ormai diversi anni i numerosi gruppi armati locali continuano a compiere violenze nella regione, prendendo di mira soprattutto le forze governative. Questi continui episodi di violenza causano ogni anno centinaia di morti in tutto il paese (nel 2015 sarebbero stati oltre 120 secondo il sito Kavkazskiy Uzel). Considerato da alcuni come una seconda Cecenia, il Daghestan è attualmente la regione più instabile di tutta la Russia, nonché la più complessa dal punto di vista etnico e religioso.
La forte instabilità della regione è principalmente da imputare a problemi come la dilagante povertà, l’inarrestabile crisi economica e la diffusa corruzione, tutti fattori che stanno mettendo in ginocchio il paese e che stanno spingendo molti giovani senza futuro ad abbracciare le armi e rifugiarsi nelle montagne, unendosi alle bande locali. La diffusione del fondamentalismo islamico, soprattutto tra i giovani, non è quindi altro che il risultato di anni di politiche economiche e sociali sbagliate, che hanno progressivamente allontanato la popolazione daghestana da una classe politica ormai completamente delegittimata, spingendo sempre più individui a intraprendere la via del radicalismo religioso.