Sulla diga di Tishrin sventola la bandiera delle Forze Democratiche Siriane. Le milizie curde dell’YPG e le brigate loro alleate hanno strappato all’Isis questo snodo strategico sull’Eufrate il 28 dicembre, coronando un anno di brillanti successi militari. Kobane a gennaio, la riunificazione dei due “cantoni” nel nord-est della Siria a luglio, la lenta avanzata verso il cuore del Califfato a Raqqa nella seconda metà dell’anno. L’entità autonoma curda in terra siriana, che i curdi chiamano Rojava, si estende ormai per 400 km lungo il confine con la Turchia.
Perché Tishrin è strategica
La diga di Tishrin è importantissima dal punto di vista strategico. Finora l’Eufrate era una trincea naturale che divideva Kobane dai capisaldi dell’Isis presso Aleppo, facile da difendere ma complicata da oltrepassare. Sulla diga, invece, passa una comoda strada. Perciò oltre a rendere più difficili i collegamenti per l’Isis tra le due sponde del fiume, ora i curdi possono passare a ovest dell’Eufrate e lanciare una nuova offensiva in direzione di Aleppo. In altre parole, ora vedono più vicino il loro principale obiettivo: raggiungere il cantone di Efrin a ridosso del Mediterraneo, dando continuità ai territori sotto il loro controllo. Senza dimenticare che tenere Tishrin significa anche aumentare la pressione su Raqqa e gli altri centri principali dell’Isis.
La linea rossa dell’Eufrate
Ma in una guerra come quella che divampa in Siria da 5 anni bisogna sempre fare i conti con le potenze regionali. E la Turchia considera l’Eufrate la linea rossa che i curdi non devono oltrepassare. La paura di Ankara è di ritrovarsi lungo tutto il suo confine meridionale un’entità curda. Scenario che popola gli incubi dell’esercito e del governo turchi per due motivi. Il primo è la perdita del collegamento diretto con le milizie ribelli che da anni finanzia e manovra contro Assad. Il secondo invece riguarda il conflitto interno con il Pkk, che grazie ai suoi strettissimi legami con i curdi siriani diventerebbe nettamente più forte di quanto non sia oggi.
La Turchia interverrà in Siria?
Poche ore dopo la conquista della diga, il premier turco Davutoğlu ha lanciato l’ennesimo avvertimento: non sarà tollerato nessuno “sconfinamento” a ovest dell’Eufrate. Cosa significa in concreto e quanto va preso sul serio? Gli aspetti da tenere in considerazione sono diversi. Impedire l’avanzata dei curdi è in cima all’agenda della Turchia. Ma per bloccarli Ankara si dovrebbe spingere ben dentro il territorio siriano. L’Isis probabilmente non aspetta altro. Perché si verrebbe a creare una situazione paradossale: la Turchia, membro Nato che ospita i caccia Usa nelle sue basi, muoverebbe contro le forze curde che sono appoggiate dalla coalizione internazionale guidata proprio dagli Usa. Sempre che Washington non sconfessi l’avanzata curda in quella direzione e lasci mano libera alla Turchia.
Anche la Russia non vede l’ora che un caccia turco sorvoli i cieli della Siria. Dopo l’abbattimento del Sukhoi russo a fine novembre, Mosca è ben decisa a restituire il colpo. Ragion per cui Ankara dovrà evitare qualsiasi mossa azzardata. Oltre a mettere un freno alle ambizioni regionali della Turchia, la Russia avrebbe un altro vantaggio: i curdi si possono rivelare utilissimi nei piani del Cremlino. La riconquista di Aleppo va a rilento, i rinforzi sul campo di Iran e Hezbollah non sembrano sufficienti. Per spazzare via le milizie ribelli, i curdi sarebbero l’ideale: tanto in buoni rapporti politici con Mosca quanto fieri avversari della maggior parte dei gruppi ribelli che combattono ad Aleppo, potrebbero davvero sbloccare la situazione.
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Nella foto, un membro delle Forze Democratiche Siriane appostato nei dintorni della diga di Tishrin sull’Eufrate.