Del TAPI, il gasdotto che dovrebbe portare gas naturale dal Turkmenistan all’India passando per Afghanistan e Pakistan, si parla ormai da molto tempo ed anche noi dell’East Journal ce n’eravamo occupati in un articolo precedente, nel quale sottolineavamo le difficoltà relative al campo politico e della sicurezza. Coma già descritto, il gasdotto dovrebbe trasportare 33 miliardi di metri cubici (bmc) di gas naturale provenienti dal giacimento turkmeno di Galkynysh, passando attraverso le città afgane di Herat e Kandahar e quelle pakistane di Quetta e Multan fino ad arrivare alla città indiana di Fazilka.
Il TAPI è un progetto relativamente antico, in quanto le prime proposte per la sua realizzazione risalgono agli anni ’90. Dagli anni 2000 l’opera ha ottenuto il forte appoggio degli Stati Uniti, che ne hanno fatto uno degli assi portanti della loro strategia nell’Asia centrale, chiamata senza alcuna fantasia “Nuova Via della Seta”. Nonostante ciò, i timori legati alla sicurezza dell’opera, che dovrebbe attraversare territori controllati dai talebani, insieme alle incerte garanzie offerte dal governo del Turkmenistan agli investitori internazionali, hanno lasciato i lavori in uno stato di stallo. Almeno fino a pochi giorni fa.
Infatti, il 13 Dicembre, vicino alla città turkmena di Mary, si è svolta la cerimonia d’inaugurazione dell’opera, alla presenza del presidente turkmeno Gurbanguly Berdymukhamedov, il quale ha fatto gli onori di casa, il presidente afgano Ashraf Ghani, il primo ministro pakistano Nazaw Sharif ed il vice-presidente indiano Hamid Ansari.
A causare questa svolta negli eventi sono stati principalmente tre fattori differenti. Il primo di essi è stata la decisa e chiara volontà di Ashgabat di iniziare i lavori. In seguito all’annuncio di Gazprom di voler abbandonare il mercato dell’Asia centrale ed alla persistente impossibilità di sviluppare il gasdotto Transcaspico, il Turkmenistan si è ridotto infatti a dipendere unicamente dal mercato cinese. La via verso l’India si è dunque trasformata nell’unico modo per il Turkmenistan per rompere la dipendenza cinese e diversificare le proprie esportazioni. Per questo motivo, le proposte iraniane di creare un gasdotto per rifornire il mercato indiano hanno profondamente preoccupato il governo di Ashgabat, che di conseguenza ha deciso di velocizzare le trattative fissando una data per l’inizio ufficiale dei lavori.
Il secondo fattore principale è stato l’annuncio della compagnia petrolifera Dragon Oil, che ha sede negli Emirati Arabi Uniti, di avere deciso di finanziare il progetto, impegnandosi concretamente nella realizzazione dell’opera. Oltre a Dragon Oil, il presidente turkmeno ha annunciato che importanti compagnie giapponesi e sud-coreane hanno espresso la volontà di prendere parte ai lavori. Il presidente ha inoltre invitato la Turchia a partecipare alla realizzazione del TAPI, un’offerta resa ancora più interessante se vista nel quadro della recente rivalità turco-russo, che ha lasciato Ankara quasi del tutto isolata nella regione.
Il terzo e finale fattore è stato l’annuncio del governo del Kazakistan di voler esportare 3 bmc all’anno verso l’India utilizzando il gasdotto TAPI. Questo annuncio, anche se non particolarmente rilevante dal punto di vista della quantità del gas, apre importanti scenari geostrategici soprattutto per l’India, che avrebbe in questo modo la possibilità di aumentare il proprio ruolo e la propria influenza nell’Asia centrale.
Nonostante questo nuovo incoraggiante panorama, i problemi che ostacolo lo sviluppo del TAPI non sono stati eliminati, soprattutto nel campo della sicurezza. I recenti attacchi talebani all’aeroporto di Kandahar hanno infatti evidenziato l’instabilità dell’area, che potrebbe esporre il futuro gasdotto a grandi rischi.
Oltre ai problemi della sicurezza, un ulteriore ostacolo è posto dal recente comportamento dell’India. Infatti il governo indiano ha ultimamente mostrato la volontà di riaprire i negoziati per abbassare il prezzo del gas turkmeno, cercando di sfruttare la difficile posizione di Ashgabat.
Nonostante il momento positivo per il TAPI dunque, continuano ad esistere una serie di importanti ostacoli, ognuno dei quali potrebbe far deragliare l’opera, rendendola uno dei tanti gasdotti mancati dell’Asia centrale.
Umberto Guzzardi