Annunciato il 9 di novembre e legittimato dal consueto voto di fiducia la settimana successiva, il nuovo governo polacco ha sin da subito fatto parlare di sé: la sedia vuota al summit di Malta, la crisi costituzionale per l’interferenza tra politica e magistratura, la decisione di non esporre la bandiera dell’Unione Europea in conferenza stampa, l’uscita infelice del Ministro degli Esteri Witold Waszczykowski sull’uso più efficiente – così si esprime – dei profughi siriani. Segnali, questi, che lasciano intravedere le pieghe che prenderà la Polonia in futuro.
«È la più grande frode politica degli ultimi 25 anni» ha esclamato Cezary Tomczyk, portavoce dell’ex Primo Ministro, Ewa Kopacz, dopo che i nomi del nuovo governo sono stati resi noti. Si parla, infatti, di una grande delusione per chi sperava in un cambiamento generazionale e qualitativo della politica polacca. Pochi, infatti, i volti nuovi e tante le premesse che lasciano presagire la riedizione del copione firmato Kaczynski.
Alcuni nomi della nuova compagine governativa
Il Ministero degli Affari Esteri è guidato dal già citato Witold Waszczykowski, atlantista convinto e sostenitore della necessità di un atteggiamento più duro nei confronti della Russia da parte degli USA e della NATO. Si è ritagliato parecchio spazio sui giornali per aver lanciato l’idea di formare un esercito di rifugiati siriani da rispedire in patria per combattere per la propria libertà una volta addestrati.
La Difesa tocca a Antoni Macierewicz, dissidente e militante tra le fila di Solidarność negli anni ’80, ex capo dei servizi di controspionaggio e accusato a più riprese di antisemitismo. Storicamente anticomunista, ha guidato l’epurazione dei servizi d’intelligence quando ricopriva la carica di vice ministro, sempre per lo stesso dicastero, rimuovendo tutti coloro che avevano legami con Mosca, accusata più avanti di aver orchestrato il disastro aereo di Smolensk che costò la vita all’allora Presidente Lech Kaczynski.
Mariusz Błaszczak, fedele braccio destro di Jarosław Kaczyński, ricopre la carica di ministro degli Interni e sarà lui, quindi, a dover fronteggiare la spinosa questione migratoria. Finanza e Sviluppo Economico spettano rispettivamente a Paweł Szałamacha e Mateusz Morawiecki che prima della nomina ha presieduto per otto anni la banca Bank Zachodni WBK, tra le più grandi del paese.
Zbigniew Ziobro è nuovamente ministro della Giustizia dopo il biennio 2005 – 2007 in cui aveva rivestito la stessa carica per il precedente governo di Diritto e Giustizia – che lo ha espulso nel 2011 – diventando simbolo dell’abuso di potere. Konrad Szymański, parlamentare europeo da dieci anni tra le fila dei conservatori, gestirà le relazioni con l’UE a guida del Ministero degli Affari Europei, mentre a Piotr Gliński, professore universitario e sociologo, va il Ministero della Cultura.
Jarosław Gowin ricopre il ruolo di ministro della Scienza e dell’Istruzione Superiore. Si tratta di un altro volto noto della politica polacca per il suo passato da ministro della Giustizia, tra il 2011 e il 2013, sotto il governo di Piattaforma Civica presieduto da Donald Tusk, ora Presidente del Consiglio europeo. In quegli anni Gowin si è reso famoso per il suo conservatorismo – tra i più spiccati in quel gabinetto – in materia di aborti, fecondazione in vitro, unioni civili, e diritti per gli omosessuali, argomento per cui si dichiarò apertamente d’accordo con la posizione, notoriamente estrema a riguardo, di Lech Wałęsa. Fu rimosso dall’incarico nell’aprile del 2013.
Ha scatenato parecchie polemiche la nomina di Mariusz Kaminski a Coordinatore dei Servizi Segreti per via della sentenza di condanna, pronunciata a marzo di quest’anno, a tre anni di prigione per abuso di potere quando a capo dell’Agenzia Anti-corruzione dal 2006 al 2009. È vero che non si tratta di un giudizio definitivo per il ricorso in appello avanzato dall’accusato ma a destare preoccupazione – oltre alla gravità intrinseca dell’accaduto – sono state le parole e i fatti del premier Beata Szyłdo e del presidente Andzrej Duda. Alla noncuranza della prima ha fatto seguito la grazia concessa dal secondo nonostante il procedimento giudiziario sia ancora in corso. Un vero e proprio atto di interferenza che mina il sistema costituzionale e l’indipendenza della magistratura la cui risposta dipenderà da come la corte di seconda istanza affronterà la questione.