BOSNIA: Due attentati in una settimana. È terrorismo?

Da SARAJEVO – Mercoledì scorso un uomo ha ucciso due militari bosniaci alla periferia di Sarajevo. Due notti fa una bomba, inesplosa, è stata lanciata contro una stazione di polizia a Zavidovici. In Bosnia Erzegovina lo spettro del terrorismo jihadista torna a farsi insistente.

I fatti

Mercoledì sera verso le 19.30 Enes Omeragić è entrato in un centro scommesse a Rajlovac, sobborgo sarajevese, e ha sparato con un arma automatica a due soldati, Armin Salkić (‘89), di Vitez, e Nedeljko Radić (‘81), di Nevesinje, uccidendoli. In seguito è uscito e ha fatto fuoco contro un altro militare, vicino ad un bus parcheggiato in prossimità, ferendolo di striscio. L’autista ed alcuni passeggeri hanno riportato lievi tagli a causa dei vetri rotti. Alcuni fonti, non confermate, hanno affermato che l’attentatore avrebbe urlato “Allahu akbar”, dettaglio che aveva fatto paventare, già nei primi commenti, la matrice jihadista. Omeragić si è poi diretto a casa in macchina, nel quartiere di Sokolje, e si è barricato all’interno della sua abitazione. Circondato dalle forze di polizie bosniache, si è suicidato con una bomba a mano attorno alla mezzanotte. L’atto è stato qualificato come un’azione terroristica dalle autorità bosniache.

Riguardo la bomba – non detonata – a Zavidovici, la dinamica è ancora nebulosa. Sembra comunque che anche in quel caso ci siano gli estremi per parlare di attentato con finalità terroristica.

Come invece non si può fare per quanto successo lunedì sera nel tunnel Salakovac vicino a Mostar, dove era stato riportato un attacco alla vettura che trasportava il generale delle forze armate bosniache Anto Jeleč. “L’attacco” si è poi rivelato essere un petardo lanciato da un veicolo che, casualmente, precedeva all’interno del tunnel quello del generale. In questo caso, niente terrorismo.

Le interpretazioni

Il 2015 ha ridato voce ai sostenitori di un forte (e sottovalutato) pericolo jihadista in Bosnia Erzegovina. Questi attentati terroristici recenti, infatti, si accodano a quello compiuto il 27 aprile alla stazione di polizia di Zvornik, dove era stato freddato un poliziotto,. Sembra tuttavia che, allo stato attuale delle indagini, questi casi siano da imputare a lupi solitari. Le indagini sulla vita e la personalità degli autori delineano un ritratto di soggetti deboli, il cui jihadismo si configurerebbe come una reazione confusa e sragionata all’emarginazione. Un’emarginazione sociale, caratterizzata spesso da background familiari travagliati, ed un’emarginazione economica, in un paese con un tasso di disoccupazione giovanile superiore al 60%. Spesso, prima di consacrarsi al martirio, gli aspiranti jihadisti sono già noti alle forze dell’ordine per crimini comuni, come rapine di lieve entità o spaccio di stupefacenti.

Proprio Enes Omeragić sarebbe un personaggio paradigmatico. La madre si era suicidata, quando lui era adolescente. Il padre si è detto dispiaciuto più per i due soldati che per il figlio e non andrà al suo funerale. La polizia ha escluso la sua appartenenza a reti strutturate di jihadisti, pur valutando che potrebbe aver avuto contatti sporadici tramite alcuni familiari. Nel frattempo, il leader dei musulmani bosniaci, il reis-ul-ulema Hussein Kavasović ha ribadito che questi attentati non sono compiuti nel nome di alcuna fede.

Compiute da lupi solitari o da alfieri di una strategie coordinata, queste azioni sollevano dubbi legittimi sulla capacità delle autorità bosniache di poter gestire la lotta al terrorismo. Da più parti viene invocato un adeguamento legislativo che permetta di migliorare l’azione di contrasto alle reti terroristiche e di sistemarne le debolezze, in primis l’elevata frammentazione delle forze armate bosniache, riflesso della frammentazione amministrativo-giuridica, e le carenze di personale. Solo due procuratori sono coinvolti nelle indagini anti-terrorismo, sugli otto previsti. A destare preoccupazione non sono solo i cittadini tuttora residenti sul suolo bosniaco, ma anche i foreign fighter bosniaci attualmente in Siria ed Iraq. Secondo il maggior esperto bosniaco di terrorismo jihadista, Vlado Asinovic, dal dicembre del 2012 al dicembre 2014 sarebbero 192 i cittadini bosniaci ad essere partiti per la Siria. Si stima che 26 di loro sarebbero stati uccisi, principalmente in scontri interni tra opposte fazioni islamiste, e 105 dovrebbero ancora trovarsi in Medio Oriente. Potrebbero tornare dagli scenari di guerra intenzionati a destabilizzare il paese.

Scarica il report di Vlado Asinovic: Bosnia Herzegovina and the nexus with islamist terrorism

Foto: ANSA

Chi è Simone Benazzo

Triennale in Comunicazione, magistrale in Scienze Internazionali, ora studia al Collegio d'Europa, a Varsavia.

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Un commento

  1. preoccupante…

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