L’atletica sembra destinata a un periodo di vacche magre: una disciplina già in debito di fiducia da parte degli appassionati rischia di subire il colpo di grazia. Questo perché l’inchiesta portata avanti dalla WADA rischia di risolversi nel più grande scandalo sportivo degli anni 2000 se è vero ciò che dice Dick Pound, uomo di punta nelle indagini, e la bufera che sta travolgendo la Russia è soltanto la punta dell’iceberg (tra i paesi indagati ci sarebbero anche Turchia, Etiopia e Kenya, tutte con atleti medagliati).
Per quanto riguarda la Russia è stata richiesta la squalifica a vita di cinque allenatori e cinque atlete e la sospensione da tutte le competizioni di atletica – il che potrebbe anche compromettere la partecipazione a Rio 2016 – che sembra fare eco a quella, poi rientrata, proposta da alcuni dirigenti FIBA nei confronti della federbasket russa a causa di gravi mancanze dirigenziali. Senza poi dimenticare l’indagine per corruzione sull’assegnazione dei Mondiali di calcio del 2018 tuttora in corso. Insomma, non è un bel periodo per lo sport russo e il ministro dello Sport Vitalij Mutko, sospettato di aver attivamente preso parte al sistema doping, ha parecchi grattacapi tra le mani.
I sospetti di un utilizzo sistematico del doping in Russia risalgono al dicembre 2014, a seguito della messa in onda da parte del canale tedesco ARD di un filmato dal titolo Top-secret Doping: How Russia makes its Winners, in cui si provava a fare chiarezza sui fatti attraverso le testimonianze di Vitalij Stepanov e Yulia Stepanova, rispettivamente un dipendente dell’agenzia antidoping russa e un’ex-atleta squalificata per doping. Quasi contemporaneamente WADA e RUSADA (l’agenzia antidoping russa) aprirono un’inchiesta. Fu così che nel gennaio del 2015 furono squalificati diversi atleti tra cui vari marciatori (e qui c’è una forte connessione con l’Italia: Alex Schwarzer venne interrogato come teste poiché affermò che alcuni marciatori russi gli avevano confessato di fare uso di doping). A inizio novembre è stato poi arrestato Lamine Diack, presidente della IAAF fino al 31 agosto scorso, accusato dalla polizia francese – che partecipa alle indagini insieme all’Interpol – di aver percepito una somma superiore a un milione di euro per insabbiare ogni informazione riguardante la questione doping. Al suo arresto ha fatto seguito quello della scorsa settimana di Gabriel Dolle, capo medico della IAAF.
Il 29 gennaio 2015, in un’intervista rilasciata al sito Russia Beyond the Headlines, Nikita Kamaev, managing director dell’agenzia antidoping russa, respingeva le accuse mosse dal filmato (insinuando che le immagini fossero state manomesse) e affermava che in Russia non esistesse un problema doping e che il numero di atleti positivi ai test era assolutamente in linea con quelli di altri paesi (affermazione facilmente confermabile andando a scorrere la lista degli atleti squalificati in un periodo indicativo come quello tra il 2010 e il 2015). Allo stesso tempo però non si dimostrava interessato a difendere su tutta la linea Grigorij Rodčenkov – a capo del laboratorio antidoping e tra i principali accusati – dimessosi nella giornata di ieri e che verrà molto probabilmente sostituito da un esperto straniero. Kamaev si è comunque unito a Mutko nell’osservare come il rapporto dell’organizzazione mondiale sia torbido e privo di prove. L’avvocato russo Artem Paсev sostiene invece insieme al ministro la presenza di una componente politica dietro alle accuse (non escludibile se si pensa che tutto è stato reso pubblico in un momento di forte tensione politica).
Resta il fatto che la Russia si ritrova con un bel problema tra le mani, a cui si potrebbero aggiungere altri pesanti scenari: secondo quanto riportato da Pound durante le indagini sul laboratorio parallelo di Mosca, in cui secondo l’accusa si svolgevano le attività di falsificazione dei test, sarebbero avvenuti degli atti di intimidazione e delle interferenze da parte del governo russo; inoltre sembra rafforzarsi l’ipotesi secondo cui nel laboratorio sarebbero presenti campioni riguardanti anche altre discipline sportive. Il doping nell’atletica sembrerebbe davvero solo la punta dell’iceberg.
Foto: Magnus Manske