ROMANIA: Seconda notte di protesta. Il riscatto di un paese

Tutta la Romania in piazza, migliaia e migliaia di giovani si sono riversati nelle strade di Bucarest, Cluj Napoca, Timisoara e Costanza per quella che è stata la seconda notte di protesta. Una protesta che non si accontenta delle dimissioni del primo ministro Victor Ponta ma chiede onestà e trasparenza, riforme democratiche, la fine della cleptocrazia in un paese che negli ultimi venticinque anni non ha mai conosciuto una classe politica responsabile e rispettosa dei cittadini, dei loro diritti, della loro dignità, ma si è distinta per corruzione e rapacità nel sottrarre ricchezze allo stato e spartirsi i posti di potere. Ebbene i cittadini si sono stancati. La tragedia del Colectiv Club è stata la classica goccia che fa traboccare un vaso pieno da tempo.

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Già nel 2012 – nel silenzio assordante dei media europei – i romeni scesero in strada dimostrando un’inattesa vitalità. In quell’occasione i giornali romeni li definirono “hooligans“, descrivendoli come facinorosi e violenti. Eppure quella protesta, che durò mesi, si distinse per il pacifismo, tanto che anche le forze dell’ordine si rifiutarono di reprimerla. “Hooligans” in Romania non è una parola qualsiasi. Era il 1990 quando gli studenti universitari, accortisi dell’avvenuto “scippo” della loro rivoluzione da parte delle seconde linee del vecchio partito comunista guidate da Ion Iliescu, scesero in piazza per protestare. Iliescu e il Fsn (Fronte di salvezza nazionale, le seconde linee del vecchio partito comunista) cercarono di delegittimarne la protesta chiamandoli, appunto, “hooligans”. Contro di loro Iliescu scatenerà la repressione (la Mineriada) garantendosi il potere che, a fasi alterne, manterrà fino al 2004.

Oggi, a testimoniare il mutato clima politico e culturale, nessuno nel mondo della politica e dei giornali asserviti si sogna di attaccare questi ragazzi. E’ evidente a tutti che essi rappresentano la parte migliore del paese, l’unica possibilità di riscatto. Oggi i romeni, in patria e all’estero, possono essere orgogliosi dei loro figli. Ci vorrà tempo a cambiare le cose, né questa è una “rivoluzione”, ma queste manifestazioni – come quelle del 2012 – dimostrano che i romeni non sono più disposti a tollerare il malgoverno. I romeni non sono più quelli di venticinque anni fa, ingenui e spaventati dal repentino passaggio a una “democrazia” che è stata solo una parola buona per gli slogan elettorali. I romeni oggi la democrazia sanno cos’è, e la pretendono. 

Foto BBC

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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2 commenti

  1. Il silenzio assordante dei media europei del 2012 si sta esattamente ripetendo nelle attuali manifestazioni. I media in Italia non ne parlano. E ciò è ovvio, vista l’informazione occidentalista che vige da noi. I governi dell’era Ue per la Romania hanno significato un incredibile degrado sociale, disoccupazione, povertà, mancanza di assistenza sanitaria (se non paghi non vieni curato!) e naturalmente emigrazione di massa nei paesi occidentali della Ue per manodopera a bassissimo prezzo (una forma di moderna schivitù), con conconseguente spospolamento di intere zone del paese. Basta parlare con qualsiasi rumeno per sentirsi confermare come dopo l’ingresso nella Ue le industrie sono state chiuse oppure vendute e come anche l’agricoltura sia stata letteralemnte devastata, per favorire l’ingresso indiscriminato della merce tedesca. Un vero e proprio disastro. Ma sono le regole della democrazia: made in Ue! Veramente l’unica speranza per il popolo rumeno viene dalle giovani generazioni, anche e soprattutto perché sono i soli che avendo accesso alla rete internet, possono sfuggire in qualche modo alla martellante propaganda dell’informazione di regime, ovviamente rigorosamente controllata e “governativa” (il che significa, inesorabilmente pro-riforme-volute-dalla-Ue e quindi da doversi fare; tanto i frutti verranno con il tempo….. Sic!!!).

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