Il Draft NBA 2015 va in scena il 25 giugno, la cornice è quella del Barclays Center di Brooklyn a New York. Le prime tre scelte assolute sono già andate, i nomi sono quelli che la maggior parte degli esperti aveva pronosticato. Ora tocca alla quarta scelta, in mano ai New York Knicks padroni di casa insieme ai Brooklyn Nets: il commissioner Adam Silver fa il suo ingresso, si avvicina al leggio e scandisce al microfono il nome di Kristaps Porziņģis. Il Center – riempito per la maggior parte da tifosi Knicks – esplode in una sequela di fischi, lamenti e urla di disapprovazione. C’è persino un ragazzino che si fa un selfie in lacrime per immortalare la sua delusione; altri prendono il cellulare per fare una veloce ricerca su Internet e tentare di capire chi è il nuovo giocatore della loro squadra: in fin dei conti a New York storsero il naso quando arrivò ai Nets Dražen Petrović, già da un paio d’anni nella NBA, figuriamoci che cosa possono pensare di un lettone diciannovenne che giocava a Siviglia.
Lo stesso Porziņģis – intervistato il giorno successivo – ammetterà candidamente di non esserla presa più di tanto perché ben conscio del fatto che difficilmente qualcuno poteva conoscerlo. In effetti nei confronti dei giocatori europei l’NBA ha sempre mantenuto un atteggiamento di sufficienza: soft, “molli”, è l’aggettivo stemperato che viene utilizzato per descriverli, in realtà quello che viene maggiormente pronunciato è pussies (“fighette”). Tutto questo gioca a sfavore del ragazzo nato nel 1995 a Liepāja che potrebbe rivelarsi la prossima grande delusione come Darko Miličić o Šarūnas Jasikevičius (che ebbe comunque una grande carriera in Europa) o stupire tutti ed essere il prossimo Dirk Nowitzki.
Quello che però i fan statunitensi non sanno è che Porziņģis è l’ultimo grande talento di una tradizione cestistica come quella lettone che raggiunse il suo apice tra gli anni ’40 e ’60 per poi non tornare mai più a quei livelli. Il ragazzo è la speranza di un’intera nazione per ritornare a poter raccontare con orgoglio delle gesta di un lettone in uno sport che ha un peso specifico enorme nella cultura della nazione. Un giocatore con il suo talento può cambiare tutto in un paese che conta poco più di due milioni di abitanti. È il terzo giocatore lettone a giocare nella NBA, ma a differenza di Gundars Vētra – solo 13 gare nel 1993 con i Minnesota Timberwolves – e Andris Biedriņš (buon talento ma sprovvisto della benché minima etica del lavoro) questo ragazzo di 216 cm sembra destinato a grandi cose grazie a intelligenza, talento e dedizione.
Quest’ultima è forse la caratteristica che maggiormente fa confidare in lui, perché frutto di debiti da ripagare: fin dall’infanzia tutti si accorsero del suo talento e – nonostante le ristrettezze economiche – i genitori decisero di pagargli delle lezioni private di inglese di modo che, in un probabile futuro da giocatore all’estero, non avesse troppi problemi ad ambientarsi. Fu un bene perché lo scoglio della lingua è stato uno dei fattori principali del fallimento di tanti giocatori europei approdati nella NBA e l’eventuale successo di Kris ripagherà gli sforzi della madre, costretta a fare 4-5 lavori contemporaneamente per pagare le lezioni e allo stesso tempo non far mancare nulla alla famiglia. Porziņģis lo deve anche a chi a Siviglia ha creduto in lui: al provino ebbe problemi di mobilità, fiato corto e debolezza e tanto sarebbe bastato per rispedirlo a casa. I dirigenti del Cajasol decisero però di credere in lui e gli fecero fare delle visite mediche da cui emerse una forma di anemia. Il Siviglia pagò tutte le cure e poi ingaggiò il ragazzo dopo tre mesi, fungendo da vetrina per la chiamata in NBA.
Ora deve confermarsi nel campionato migliore del mondo e i segnali sono più che positivi. Non solo è stato voluto fortemente da Phil Jackson (attuale GM dei Knicks e vincitore di undici titoli NBA da allenatore), ma ha ricevuto la benedizione della stella della squadra Carmelo Anthony. E sta rispondendo bene: in poco meno di 24 minuti di gioco sta facendo registrare 11.8 punti e 8.3 rimbalzi a partita con ottime giocate. Per un Rookie – un giocatore al primo anno – sono grandi cifre, soprattutto se si pensa che con ogni probabilità il suo minutaggio aumenterà. Entro tre anni questa potrebbe essere ricordata come la stagione di esordio di uno dei più cristallini talenti del basket moderno proveniente da una delle nazioni più sentimentalmente legate alla palla a spicchi.
Foto: Kristaps Porziņģis (Facebook)