Il voivodato di Podlaskie si presenta come un luogo dove la natura sembra trionfare nettamente sulla presenza umana: foreste lussureggianti ed incontaminate, laghi a non finire e un paesaggio modellato da un sali scendi di dolci colline. Eppure in questa parte nord orientale della Polonia gli uomini hanno condizionato l’evoluzione ed il processo geopolitico, creando una lunga storia di contenziosi tra nazioni a cui ha seguito, come conseguenza logica ed inevitabile, il tuonar dei cannoni.
Parte della regione infatti è stata l’oggetto delle mire, all’interno dello sgretolamento dei confini dovuto al crollo degli imperi, di Polonia e Lituania. Subito dopo la fine del primo conflitto mondiale, i due paesi, riguadagnata l’indipendenza perduta alla fine del XVIII secolo, quando insieme formavano il potente commonwealth polacco-lituano, scesero sul piede di guerra per contendersi questo spazio nella quale al suo interno trovavano spazio entrambe le etnie. Oltre al destino di Vilnius, la contesa si sviluppava intorno alla regione di Suwałki, la quale durante il conflitto del 1920 tra i due stati passò da un dominio all’altro, fino alla definitiva avanzata delle truppe polacche, avendo la meglio sui tentativi di controffensiva lituana.
A distanza di 95 anni dalla fine delle ostilità, quale è la situazione a livello di composizione etnica e, sopratutto, di conservazione della memoria del passato attraverso l’uso dei monumenti celebrativi? Il primo dato fondamentale è la presenza di una consistente minoranza lituana, notabile, nello spazio che comprende la contea di Sejny (in lituano, Seinai), attraverso cartelli bilingue, scuole dove l’insegnamento avviene in entrambe le lingue od esclusivamente in lituano (dagli asili alle scuole primarie, fino ai licei) e cittadine dove i residenti di etnia od origine lituana sono stabilmente la maggioranza, come nel caso di Puńsk (Punskas), dove i lituani costituiscono quasi il 75% degli abitanti.
Il secondo è legato alla storia e al radicamento territoriale. I monumenti che celebrano il passato glorioso del gran ducato e dei suoi regnanti, oltre ai combattenti caduti nella guerra contro Varsavia sono onnipresenti, e creano un botta e risposta con le altrettanti dimostrazioni artistiche di patriottismo polacco onoranti i militi dell’esercito del maresciallo Piłsudski. Dalla lapide che onora Vytautas, leggendario gran duca lituano tra il XIV e il XV secolo, posta sulla riva del lago Gaładus, guarda caso diviso per un pezzo proprio tra i due stati, si arriva a Sejny, teatro della famosa sollevazione del 1919 dei patrioti polacchi contro le truppe militari della Lituania che all’epoca occupavano la città. Oltre che dal locale centro culturale e dalla sede del consolato, la presenza lituana si nota anche da una statua dedicata ad Antanas Baranauskas, prete e poeta, famoso per aver difeso e sviluppato l’uso della lingua lituana nella letteratura e nella celebrazione delle funzioni religiose: queste ultime erano solito essere sempre celebrate in polacco. Altro esempio di conservazione della presenza e della memoria dell’identità lituana è rappresentato dalla lapide posta nel cortile della scuola elementare lituana, dove vengono commemorati i soldati morti in combattimento nel 1920.
I rapporti tra le due parti attualmente sono sicuramente più distesi, e la minoranza lituana gode di notevoli spazi per poter preservare il suo patrimonio culturale. Ma le contraddizioni e un velato senso di sfiducia tra le due parti non sono mai sparite del tutto; è impossibile cancellare di punto in bianco una storia fatta di tensioni, conflitti e demonizzazione dell’avversario. I monumenti tornano anche in questo caso ad illustrarci quanto le contraddizioni siano sempre visibili all’occhio umano. Basta andare al cimitero di Berżniki per vedere come le poche tombe dei militari lituani periti durante le operazioni belliche siano circondate non tanto da tombe dei loro pari ruolo polacchi, ma quanto da lapidi che celebrano il nazionalismo e le vittime per la libertà della madre patria, per la quale vengono citate anche le persone che perirono nel massacro di Paneriai, località fuori Vilnius, dove tra il 1941 e il 1944 i nazisti e gli ausiliari lituani sterminarono numerosi ebrei, ma anche buona parte della classe dirigente e militare polacca della città. Fortemente voluto dall’allora clero locale nel 2005, fu criticato in maniera aspra dalla comunità lituana, giudicato come del tutto fuori contesto comparato con la storia locale, e tendente a colpevolizzare in toto i lituani anziché la sola componente che decise di collaborare con Hitler.