La Moldavia non ha più un governo. L’esecutivo guidato da Valeriu Streleț, in carica da solo due mesi, è stato sfiduciato dal parlamento. Su di lui hanno pesato le accuse di corruzione che, nelle scorse settimane, hanno portato in piazza 40mila persone. Quello di Streleț è il secondo governo a cadere in sei mesi. A luglio era stato il liberaldemocratico Chiril Gaburici a rassegnare le dimissioni a seguito di uno scandalo che lo ha visto coinvolto per la falsificazione del diploma scolastico utilizzato per iscriversi all’università. Questa volta a presentare la mozione di sfiducia sono stati i socialisti e comunisti, aiutati al momento del voto anche dal partito democratico, uno dei “partiti europeisti” che – insieme a liberali e democratici – è andato al potere nel 2009 con la promessa, in parte mantenuta, di portare la Moldavia dell’UE.
L’Accordo di Associazione con l’UE firmato nel novembre 2013 è senz’altro un passo in quella direzione ma non è abbastanza per un paese travagliato dalla crisi economica e dalle tensioni politiche internazionali: la crisi ucraina ai confini non lascia dormire sonni tranquilli, anche perché in Transnistria, exclave russa in territorio moldavo, sono di stanza 40mila soldati russi.
Il quadro politico moldavo si divide in partiti “europeisti” – liberale, democratico e liberaldemocratico – e “filorussi” – comunista e socialista – ma le differenze di vedute all’interno dei due schieramenti è notevole. Lo scenario politico è dominato da oligarchi sia nelle fila “europeiste” – come l’ex premier Chiril Gaburici, magnate della telefonia -, sia in quelle “filorusse” – tra cui spicca il nome di Vladimir Plahotniuc, banchiere e imprenditore. La corruzione e il malgoverno sono la cifra della politica moldava che non è mai stata capace di esprimere una classe dirigente matura e capace.
Le proteste di piazza delle scorse settimane hanno visto l’emergere di una società civile che, unita sotto le insegne della Piattaforma civica “Dignità e Verità”, sembra finalmente esprimere in modo coordinato la necessità del cambiamento. Tuttavia anche la piattaforma civica è guidata da vecchi uomini dell’apparato. Inoltre non è chiaro se si costituiranno in partito per concorrere alla prossime elezioni. Elezioni che potrebbero essere anticipate dopo la caduta del governo Streleț, nel caso in cui il parlamento non riesca a esprimere una nuova maggioranza. Intanto Russia e Unione Europea, che si contendono l’influenza sul paese, stanno a guardare.
Considerare tout court la “Transnistria, exclave russa in territorio moldavo” mi sembra da una parte riduttivo e dall’atra parte un “onore” per la banda di gangsters mafiosi di Tiraspol, impresentabili anche per i parametri della cleptocrazia putiniana.
Non trovo riscontro per il numero (40.000) di soldati russi presenti. Essi rappresenterebbero il 15/20 % della popolazione effettivamente residente: un peso insostenibile per una economia basata sulle rimesse delle emigranti.
La 14ª armata dell’URSS, oggi pudicamente ribattezzata “Gruppo Operativo delle forze russe in Moldavia”, dopo aver avuto facile gioco colle truppe moldave grazie ai famosi depositi di armi a Cobasna, dal settembre 2006 è sotto il comando del Maggior generale russo Boris Sergeyev comprende 1200 uomini ed è teoricamente in servizio per la Commissione di Controllo Congiunta quale forza di peacekeeping (!?!)
Che questi non siano tutti i soldati russi oggi presenti in Transnistria lo dimostra il fatto che da quando l’Ucraina controlla gli avvicendamenti dei rimpiazzi dalla Russia ( vista la sorprendente abitudine delle reclute russe di andare a combattere all’estero quando sono in licenza…) questi si sono ridotti a zero.
Oggi la Transnistria rappresenta ovviamente una spina nel fianco per Kyiv per la sua vicinanza ad Odessa, ma soprattutto mi sembra il destino del martoriato Est Ucraina
Alemeno questi scendono in piazza. Non come in italia che ci stanno abituando al peggio, nel vero senso della parola “abitudine”.
In Moldavia ci vorrebbe ora un movimento tipo il 5 stelle italiano, che non sia guidato dai soliti uomini dell’apparato. Chissà…