Con un affluenza pari a quasi il 51% degli aventi diritto, il partito di Diritto e Giustizia (PiS) si prepara a governare da solo e ad ottenere 235 deputati su 460 componenti del Sejm, la camera bassa del parlamento polacco. Sconcertante la débâcle di Piattaforma Civica (PO), al governo per otto anni, così come della sinistra, che per la prima volta non entra in parlamento e rimane al di sotto della soglia riservata alle coalizioni (8%). La vittoria dei conservatori euroscettici pone invece il paese di fronte a grossi cambiamenti, e sembra preoccupare molti in Europa, a giudicare dalla stampa di diversi paesi, in cui si teme uno slittamento della Polonia verso le posizioni più autoritarie dell’Ungheria di Orbàn.
Let’s give PiS a chance
È la grande rivincita di Jarosław Kaczyński, il cui volto compare nei quotidiani ancora più di quello della candidata premier. La strategia di non correre in prima persona ha premiato ancora una volta l’anziano presidente del PiS, dopo la vittoria alle elezioni presidenziali con Andrzej Duda, che hanno segnato il sorpasso del PiS su PO. Molti temono addirittura un cambio al timone del governo dopo i primi tempi, e il ritorno di Kaczyński come successe nel 2006: un’eventualità imprevedibile, ma che dipende soprattutto dall’abilità della premier designata, Beata Szydło, nel mostrare la propria competenza e nel formare un esecutivo forte. Il consenso trasversale tra i ceti sociali che ha ottenuto questo partito cancella definitivamente la sua immagine di formazione politica radicata nelle campagne e con un elettorato prevalentemente anziano. I giovani e i laureati sono una delle categorie tra cui il partito ha trionfato anche nelle grandi città.
Nel primo discorso la sera delle elezioni Kaczyński, che per ora non presiederà nessun dicastero ma resterà a capo del partito, ha messo da parte la sua tradizionale personalità divisiva con un appello alla modestia verso il proprio partito, e annunciando la prospettiva di un governo dialogante con le opposizioni. I timori in Europa però sono alti: “Let’s give PiS a chance”, afferma la giornalista Dominika Cosic, ricordando il rischio di veder chiudere l’esecutivo polacco su sé stesso, se gli alleati europei dovessero porsi in maniera troppo assertiva e poco dialogante nei suoi riguardi.
Politica estera: cosa cambia e cosa resta uguale
E’ ormai certo che il PiS sarà in grado di governare da solo. Ma, a differenza del Fidesz di Viktor Orban, che governa l’Ungheria dal 2010, non avrà la maggioranza necessaria a cambiare la Costituzione, salvo alleanze ad hoc con altre forze politiche come il movimento nazionalista di Paweł Kukiz, elemento rassicurante e che marca la differenza tra Varsavia e Budapest.
Dal punto di vista della politica estera la Polonia continuerà ad essere in Europa il paese “ponte” per le relazioni con i vicini orientali, promotore di una Ucraina democratica e indipendente. Sempre diversamente dall’Ungheria, è da escludere qualsiasi avvicinamento alla Russia di Putin, assolutamente contrario al DNA politico del PiS.
La grande differenza potrebbe riguardare toni più assertivi e meno concilianti in Europa, e un incrinarsi della relazione previlegiata che Varsavia si è saputa costruire con Berlino. Al contrario, la visione di Europa del PiS è relativamente affine a quella dei Tory di David Cameron, eccezion fatta per la libertà di circolazione all’interno dell’UE, che Cameron ha più volte minacciato di voler limitare (i polacchi rappresentano la prima minoranza di stranieri nel Regno Unito). Strada spianata all’integrazione economica quando facilita il mercato, ma opposizione strenua a qualunque idea federalista e di Europa più istituzionale. E niente euro, almeno per un altro po’.
Altra differenza in Europa sarà il ritorno della Polonia a posizioni più vicine a quelle del gruppo Visegrad, di cui fa parte insieme a Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia: le esternazioni di Kaczynski sul tema dell’accoglienza ai rifugiati ne hanno già fornito la prova, così come la volontà di una cooperazione più stretta coi vicini (e probabilmente minore con la Germania).
Politica interna: maggiore giustizia sociale?
Saranno invece sulla scena interna i cambiamenti più marcati. Un irrigidimento ancora maggiore sui diritti in materia di unioni civili, aborto o riconoscimento di genere, compensati d’altra parte da maggiori politiche sociali, cavallo di battaglia del programma elettorale: aiuti alle famiglie più numerose e l’abolizione della riforma del sistema pensionistico, che ha elevato l’età pensionabile per tutti a 67 anni.
I liberali temono un forte aumento della spesa pubblica che rischia di provocare un forte aumento del debito nonostante i buoni risultati economici: la possibile nomina dell’economista Mateusz Morawiecki, amministratore delegato di una delle maggiori banche del paese a ministro delle finanze potrebbe essere una mossa rassicurante su questo piano.
Il futuro di Piattaforma Civica e le altre forze in gioco
Il partito di governo Piattaforma Civica, grande sconfitto della tornata elettorale, ha perso più di tutti e si trova sicuramente ad un bivio. A differenza di altre forze politiche minoritarie, come la sinistra o il partito agrario PSL, la questione è soprattutto identitaria e riguarda la presa sul proprio elettorato di riferimento (ammesso che esista ancora). Se l’11% dell’elettorato che prima supportava il PO ora ha votato per PiS, è definitivamente caduta quella “paura della destra oscurantista” che teneva insieme questa formazione politica.
PO è stato da molti definito un “partito del potere”, che ha costruito le sue ultime campagne elettorali in funzione “anti-Kaczyński” e che ospita esponenti dalle origini più varie. Politici di lungo corso molto competenti ma provenienti da origini le più disparate, dallo stesso Diritto e Giustizia o dai governi di sinistra degli anni ’90. Background differenti che hanno impedito al partito, di assumere un’identità definita nel momento in cui figure carismatiche come Donald Tusk o l’ex ministro degli esteri Radosław Sikorski sono venute a mancare.
Se all’inizio del suo governo nel 2007 Piattaforma Civica si dichiarava spiccatamente liberale, essa non ha saputo portare a termine le riforme economiche che ci si aspettava, ma ha anzi aumentato le tasse. Ora a destra si profila un nuovo soggetto liberale come Nowoczesna, che in cinque mesi di vita è stato in grado di raggiungere il 7,6% dell’elettorato e presenta un programma maturo e decisamente liberale. “Nowoczesna ha i tempi e le personalità per costruire un partito “tradizionale”, legato ai valori liberali e radicato sul territorio”, afferma Błażej Lenkowski, presidente del think thank polacco Fundacja Industrial e direttore del periodico Liberté.
Quale elettorato allora per il “grande centro” di PO, ora che la classe media ha messo da parte le sue resistenze verso PiS e ceduto alle sue promesse di giustizia sociale? PO non ha la base ideologica e storica di una realtà come l’SPD tedesca, che dal 2005 ha subito un costante crollo ma continua a rappresentare chi in Germania si definisce socialdemocratico. L’assenza di un comune denominatore è il più grande scoglio per PO. C’è chi dice che potrebbe scivolare a sinistra per coprire le istanze al momento assenti: difficile, viste le personalità contrastanti che occupano oggi quello che è un gran contenitore dai contenuti incerti, e con evidenti problemi di comunicazione.
Nel frattempo la lotta per la leadership interna è già cominciata e vede due pezzi grossi del partito come probabili successori della debole Ewa Kopacz: l’attuale ministro degli esteri Grzegorz Schetyna e quello della difesa Tomasz Siemoniak. Chiunque dei due la spunti si dovrà confrontare con una sfida piuttosto ardua.