A seguito della grave crisi politica che ha colpito la Macedonia la scorsa primavera, i principali partiti politici si erano accordati sulle dimissioni anticipate del Primo Ministro Nikola Gruevski e sulle elezioni anticipate da tenersi ad aprile. Elezioni che, tuttavia, potrebbero non tenersi.
La crisi politica potrebbe quindi proseguire e congelarsi dal momento che governo e opposizione non riescono a trovare l’accordo finale per permettere al paese di uscire dall’impasse della crisi. Nonostante l’accordo di massima raggiunto in estate, il governo e l’opposizione non riescono ancora ad accordarsi sulla squadra di governo che dovrebbe traghettare il paese da gennaio – ossia quando si dovrebbe dimettere Gruevski – ad aprile. Altro punto caldo delle trattative è la riforma elettorale affinché le elezioni possano svolgersi con tranquillità, nonostante l’OSCE non abbia trovato delle gravi violazioni nella precedente tornata elettorale. La nomina del Procuratore speciale, con il compito di occuparsi delle indagini concernenti lo scandalo intercettazioni, era stato un segnale positivo per il paese che aveva trovato in Katica Janeva un punto di incontro tra le parti: tuttavia, la squadra che la Janeva ha proposto non è stata interamente approvata e l’inserimento della giudice Lila Stefanova, che si è occupata in passato del controverso caso contro il giornalista Tomislav Kezarovski.
Il mediatore per l’UE Peter Vanhoutte non ha avuto parole di conforto verso la Macedonia, sostenendo che il congelamento della crisi politica sarebbe soltanto un male per la Macedonia, che potrebbe essere colpita perfino da sanzioni che la isolerebbero a livello internazionale come la Bielorussia. Parole di fuoco quelle pronunciate da Peter Vanhoutte. L’importanza del raggiungimento dell’accordo è stata sottolineata anche dal Commissario europeo Johannes Hahn, che si occupa della crisi politica macedone sin da quando è scoppiata.
Secondo Vanhoutte si è perso troppo tempo a discutere della legge riguardante la possibilità di impedire la pubblicazione le intercettazioni che hanno fatto letteralmente esplodere la crisi politica, già nata in occasione del boicottaggio del Parlamento a seguito delle elezioni politiche del 2014 dei deputati della SDSM. Tali trascrizioni dei nastri devono poter essere pubblicati, secondo Vanhoutte, dal momento che “la libertà di espressione non è negoziabile. I media hanno il diritto di pubblicare qualsiasi cosa sia di interesse pubblico”.
La frenata nella risoluzione della crisi politica è molto pericolosa per il futuro europeo della Macedonia, che è candidata all’adesione all’UE dal 2005. La Commissione europea deve pubblicare nelle prossime settimane il suo Rapporto di Progresso annuale sul paese, e potrebbe decidere di non rinnovare l’invito al Consiglio UE ad aprire i negoziati d’adesione con Skopje. La questione del nome con la Grecia – che ha impedito finora tale passo – non risulterebbe essere più il solo ostacolo all’integrazione europea del paese, voluta sia da Gruevski che dall’opposizione socialdemocratica, ma anche l’incapacità dei politici di risolvere le questioni di politica interna. Una crisi la cui risoluzione è cruciale per il futuro prossimo della Macedonia: l’Europa, nel frattempo, si allontana.
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