Proseguono le proteste antigovernative in Montenegro. Dopo tre settimane di accampamento dell’opposizione di fronte al parlamento, l’escalation dello scorso fine settimana ha fatto aumentare ancora la tensione nel paese adriatico. Il Fronte Democratico, coalizione dell’opposizione, chiede le dimissioni del premier Milo Đukanović e nuove elezioni, denunciando corruzione imperante e brogli elettorali.
Sabato mattina la polizia è intervenuta a Podgorica, sgomberando con la forza e con i gas lacrimogeni l’accampamento dell’opposizione, e picchiando e arrestando attivisti, politici dell’opposizione e giornalisti. I manifestanti avevano ignorato l’ultimatum della polizia a spostare le tende dopo la fine dei permessi, il 10 ottobre. L’azione della polizia ha spinto il Fronte Democratico all’opposizione ad indire una nuova manifestazione per domenica sera 18 ottobre.
La missione OSCE ha espresso inquietudine e fatto appello a tutte le parti a mantenere la calma. La Delegazione UE a Podgorica ha chiesto un’inchiesta sugli eventi di sabato, sottolineando l’“uso eccessivo della forza” da parte della polizia. Contro le violenze delle forze dell’ordine è partita anche una petizione civica di condanna. Tra i firmatari si trovano i nomi dell’ex deputato e vicepresidente del movimento URA, Dritan Abazović; il direttore del Movimento per la Neutralità, Marko Milačić; il sociologo Bojan Bać; il giornalista di Vijesti Srdan Kosović; lo scrittore e membro dell’Alleanza Civica Đuro Radosavović e Marina Vujačić dell’associazione dei Giovani Disabili del Montenegro.
Il rappresentante OSCE per la libertà dei media Dunja Mijatović ha chiesto un’indagine “trasparente” sull’arresto dei giornalisti montenegrini Dražen Živković (del quotidiano Dan) e Gojko Raičević (del sito IN4S), che rischiano l’incriminazione per resistenza a pubblico ufficiale. “I giornalisti devono poter essere liberi di fare informazione sulle questioni di interesse pubblico in maniera libera e sicura”, ha sottolineato l’OSCE. “Le forze di sicurezza sono responsabili della loro protezione. Sono fiduciosa che si farà luce su tali arresti in maniera rapida e completa”.
Lo speaker del Parlamento, Ranko Krivokapić, ha fatto appello ai deputati dell’opposizione a rientrare in aula e a “risolvere i problemi all’interno delle istituzioni”. Il comitato parlamentare sulla sicurezza ha concordato di investigare le azioni della polizia, e il Procuratore Capo Nazionale, Ivica Stanković, ha chiesto agli uffici della procura di indagare prontamente se durante gli eventi di sabato “certe persone abbiano commesso azioni criminali perseguibili d’ufficio”. Nel frattempo il Consiglio di Sicurezza Nazionale del Montenegro ha avvertito in un comunicato che “si trattava di attività che minacciavano l’ordine costituzionale, la stabilità e la sicurezza dei cittadini e delle loro proprietà”.
Tutti in piazza, domenica, per chiedere le dimissioni di Đukanović
Colpiti dalla violenza delle forze dell’ordine contro il Fronte Democratico, migliaia di cittadini montenegrini – non solo simpatizzanti del Fronte Democratico ma anche studenti, attivisti e membri di altri partiti d’opposizione – hanno risposto all’appello scendendo in piazza domenica 18 ottobre: diecimila secondo gli organizzatori, tra due e cinquemila per la polizia. In ogni caso una prova di piazza imponente, per un paese che conta poco più di 600.000 abitanti. Andrija Mandić, presidente di NOVA – una delle componenti del Fronte Democratico – ha lanciato un ultimatum al premier Milo Đukanović a dimettersi entro sabato prossimo, il 24 ottobre, altrimenti “il Fronte riunirà tutto il Montenegro per rovesciare il governo”. Mandić ha anche fatto appello a Partito Social Democratico (SDP), membro minore della coalizione di governo con il Partito Democratico dei Socialisti (DPS) affinché abbandoni il governo Đukanović. “Non ci arrenderemo, questo è il vero Montenegro”, gli ha fatto eco Nebojša Medojević, leader del Movimento per il Cambiamento (PzP), parte del cartello dell’opposizione.
Una manifestazione pacifica, in cui hanno sventolato insieme bandiere serbe e montenegrine: la coalizione d’opposizione raccoglie infatti le simpatie degli abitanti delle regioni interne del Montenegro, che si identificano spesso come serbi e che nel 2006 avevano votato contro il referendum sull’indipendenza. Assieme a loro marciava anche il Forum Progress LGBT, con gli attivisti per i diritti delle minoranze sessuali e di genere. Il gay pride di Podgorica, inizialmente previsto per domenica, era stato infatti annullato per la concomitanza con le nuove manifestazioni politiche. Non sono comunque mancati gli incidenti, con uomini in passamontagna – denunciati come provocatori dagli organizzatori della protesta – che hanno lanciato bottiglie e torce sulla polizia, la quale ha reagito con lacrimogeni che hanno disperso la folla. Andrija Mandić aveva fatto appello alla folla ad evitare ogni atto contro i poliziotti “che sono nostri fratelli, nostri cugini”. Si registrano in ogni caso alcuni feriti da entrambe le parti.
Il riacutizzarsi della tensione politica, come riporta BIRN, evidenzia ancora di più anche la polarizzazione dei mezzi d’informazione in Montenegro, tra quelli allineati al governo e quelli all’opposizione, che offrono una versione sempre più divergente degli eventi in corso, scambiandosi accuse di “tradimento” e “codardia”. I più critici con l’opposizione sono stati i media serbi con edizioni montenegrine, come il tabloid Informer e TV Pink, considerati legati all’ex funzionario serbo Vladimir Beba Popović, oggi consigliere informale di Đukanović per l’informazione.
Informer e TV Pink hanno accusato il Fronte Democratico di essere legato al Partito Democratico Serbo (DSS) dell’ex presidente serbo Vojislav Koštunica. Di converso, l’opposizione montenegrina accusa i due media di agire per conto del governo Đukanović, e critica la TV pubblica serba RTS di sostenere Đukanović. Allo stesso tempo, la tv pubblica montenegrina RTCG è stata criticata per la copertura faziosa delle proteste, anche da parte del Consiglio indipendente di monitoraggio della stessa RTCG. Goran Đurović, membro del Consiglio, ha scritto in una lettera aperta che dal giorno successivo all’avvio delle proteste la tv pubblica ha dimostrato mancanza di professionalità e ha contribuito alla ulteriore polarizzazione della società, trasmettendo solo le posizioni dei politici allineati alla linea editoriale. Per superare il black-out informativo, gli attivisti si sono rivolti alle reti sociali – ma il grande pubblico continua a non beneficiare di una informazione onesta e imparziale.
Una battaglia per la democrazia – o per la Nato?
Il partito di governo ha accusato il Fronte Democratico di voler distruggere “l’ordine costituzionale” del paese e “impedire l’obiettivo dell’adesione alla NATO” che il governo si pone sin dall’indipendenza nel 2006. L’opposizione ha più volte ribadito di non essere contraria alla NATO in sé, ma di chiedere piuttosto le dimissioni di Đukanović, considerato corrotto e antidemocratico, e un governo ad interim che organizzi “le prime elezioni libere e democratiche” della storia del Montenegro. Medojević aveva invitato il segretario generale NATO Jens Stoltenberg, di passaggio nel paese adriatico solo la settimana scorsa, a visitare l’accampamento dei manifestanti.
La maggior parte delle forze di opposizione ha durante criticato la nuova legislazione elettorale, ritenendo che essa non garantirebbe un voto libero alle prossime elezioni politiche, previste per il 2016, e boicottando perciò i lavori del parlamento. A inizio anno la maggioranza di governo si era opposta a sei emendamenti alla legge elettorale, sostenuti dall’UE, volti a garantire la trasparenza dei registri degli elettori (cancellando i residenti all’estero) e ad evitare l’abuso dei fondi pubblici per fini di campagna elettorale. La critica era poi sfociata nel mese di settembre in un sit-in permanente di fronte al parlamento montenegrino.
Il Montenegro è candidato all’adesione all’UE dal 2012 e attende quest’anno una decisione positiva per quanto riguarda l’adesione alla NATO, dopo lo stop registrato l’anno scorso, nonostante la questione continui a dividere l’elettorato montenegrino. Il partito DPS di governo, discendente della Lega dei Comunisti Jugoslavi, è al potere dagli anni ’80. Đukanović, arrivato al governo nel 1991, è il politico al potere da più tempo in Europa, riconfermato per l’ennesima volta nel 2012. Nonostante la democratizzazione e l’indipendenza nel 2006, nel piccolo paese adriatico non si è ancora registrata un’alternanza pacifica al potere.
Articolo pubblicato in contemporanea su Osservatorio Balcani e Caucaso e su East Journal.