Superato lo scoglio “fiducia”, il secondo governo Tsipras ha messo a segno un altro punto, ottenendo la maggioranza dei voti del Parlamento (154 su 300) a favore del piano di austerity messo in campo da Syriza e Anel, la coalizione attualmente al potere.
La maggioranza di Tsipras ha dunque tenuto bene, visto che nel dibattito non si sono udite voci dissenzienti, ma in piazza più di qualcuno ha voluto far sentire il proprio dissenso: due diversi cortei si sono infatti avvicendati ad Atene, organizzati dai sindacati del settore pubblico come Adedy e da quello comunista di Pame. Adedy, in un comunicato, ha attaccato il governo per aver esteso ai lavoratori pubblici l’aumento dell’età pensionabile e i tagli alle pensioni già in vigore per il settore privato. Per i sindacati, le nuove riforme schiacceranno definitivamente le parti più deboli della società.
Ed effettivamente le misure adottate non saranno indolori per i più: gli interventi prevedono, infatti, l’espansione della tassa sulle proprietà (una dei balzelli più odiati dal popolo greco), taglio alle spese, l’addio alle baby pensioni, l’innalzamento dell’età previdenziale, un rialzo delle tasse per gli agricoltori e la liberalizzazione di diverse professioni. Non poteva essere altrimenti, d’altro canto, vista anche la presenza, da questa legislatura, di una sorta di supervisore esterno delle politiche economiche del paese, l’olandese Maarten Verwey.
Ad ogni modo, grazie a questo risultato, Atene si avvicina all’obiettivo di sbloccare i nuovi aiuti e avviare i negoziati per la ristrutturazione del debito. Sono 86 i miliardi che dovrebbero essere erogati dal Brussels Group (FMI, BCE, UE), denaro necessario alla penisola greca ad evitare il fallimento.
Al momento, i tavoli aperti con l’ex Troika sono tre: il primo è il negoziato sulla ristrutturazione del debito che a fine anno potrebbe arrivare al 190% del Pil. Il secondo, forse il più urgente, è quello sulla ricapitalizzazione delle banche. La Bce dovrebbe chiudere in qualche settimana l’esame sulle necessità di capitale degli istituti, poi – entro fine anno – si dovrebbero varare gli aumenti di capitale, per evitare che si debbano mettere le mani nei conti in banca dei correntisti. Il salvataggio del credito è fondamentale anche per togliere i controlli dei capitali che da 5 mesi imbrigliano l’economia e la quotidianità dei greci, che [chiesa ortodossa a parte, ndr] possono prelevare al bancomat solo 60 euro al giorno. L’ultimo tavolo è lo sblocco di una nuova tranche di aiuti da 2 miliardi. Probabile che la Troika faccia pressione per ottenere – oltre all’ok in Aula – anche i decreti attuativi prima di aprire i cordoni della borsa.
Il governo greco, dunque, dovrà lavorare su molteplici fronti. C’è chi dice che anche il tema immigrazione potrebbe giocare un ruolo fondamentale; il quotidiano tedesco Wirtschaftswoche, infatti, ha rivelato che la cancelliera tedesca Angela Merkel avrebbe proposto ad Atene di chiudere un occhio sulla messa in atto delle riforme chieste alla Grecia con la firma del terzo bailout, a condizione che questa accetti di sobbarcarsi il peso degli immigrati in arrivo dalla Siria e da altri paesi. Ipotesi già derubricata come falsa dal portavoce del governo, Steffen Seibert, e abbastanza inverosimile anche agli occhi di molti osservatori, ma che si colloca all’interno di un quadro ipotetico più generale che vorrebbe l’FMI in uscita dal Brussels Group – e questa ipotesi rimetterebbe tutto in discussione. E’ qui, dunque, che le proposte di “scambio” – vuoi con la leva immigrazione, vuoi con l’utilizzo di altri fattori di pressione – si fanno più concrete: la Germania, infatti, avrebbe il potere di convincere l’FMI a restare, almeno come consulente, all’interno dell’ex Troika, una soluzione che gli consentirebbe di adempiere alla promessa fatta al Bundestag di continuare a finanziare Atene solo con il coinvolgimento dell’FMI e che lascerebbe sopravvivere la Grecia.