È di almeno 95 morti e oltre 200 feriti il bilancio dell’attentato che stamattina ha colpito i manifestanti in marcia per le strade di Ankara. Il raduno di protesta riuniva molti sostenitori del partito filo-curdo HDP che chiedevano la fine del conflitto fra esercito e Pkk. La strage arriva a 20 giorni dalle elezioni politiche previste per il 1 novembre e getta molte ombre sulla capacità delle istituzioni di garantire la sicurezza e il regolare svolgimento della prossima tornata elettorale.
Due esplosioni, avvenute a pochi secondi di distanza. Probabilmente due attentatori suicidi, stando alle prime ricostruzioni. I corpi infatti giacciano a terra in due cerchi del diametro di una ventina di metri. Per terra restano brandelli di striscioni e bandiere del partito di Demirtas. A pochi minuti dall’attentato la polizia turca è intervenuta disperdendo la folla con il lancio di lacrimogeni e sparando in aria. Al momento non è giunta alcuna rivendicazione per l’attentato e le autorità non si sono ancora pronunciate.
Il leader filo-curdo Demirtas ha commentato su twitter: “Ci troviamo di fronte a un’agenda da serial killer. Chi vuole la pace viene assassinato, mentre i capi banda possono manifestare al sicuro nel paese”. La manifestazione di questa mattina era organizzata da sindacati e numerose ong per chiedere la fine degli scontri fra esercito e Pkk, ripresi alla fine di luglio. Alla marcia aveva aderito anche l’HDP, che nelle ultime settimane ha svolto un difficile ruolo di mediazione fra governo e militanti curdi. Il governo ha accusato a più riprese l’HDP di connivenze con il gruppo terrorista.
Quello di stamattina è l’episodio più grave nell’escalation degli ultimi mesi. Un bomba aveva colpito il comizio finale dell’HDP a Diyarbakir alla vigilia delle elezioni del 7 giugno. Nel mezzo di una paralisi politica senza precedenti, con l’Akp del presidente Erdogan e del premier Davutoglu che ha perso la maggioranza assoluta proprio a causa dell’ingresso in parlamento del partito filo-curdo, gli attentati e le violenze si sono moltiplicati in tutto il paese. Alla fine di luglio un attentatore suicida si era fatto esplodere all’interno di un centro culturale di Suruc, nel sud-est curdo, dove si stavano riunendo organizzazioni giovanili per coordinare gli aiuti per la ricostruzione della città siriana di Kobane.
L’episodio ha riaperto il conflitto fra esercito e Pkk. La Turchia ha iniziato una discussa operazione “antiterrorismo” contro l’Isis e il gruppo armato curdo, in realtà concentrandosi solo su quest’ultimo. Il sud-est del paese è militarizzato, con le truppe di Ankara che procedono città per città nel tentativo di sgominare le cellule del Pkk, annunciando coprifuoco e tenendo sotto scacco interi quartieri come a Cizre e Silvan. I militanti rispondono con attentati contro l’esercito come quello di Daglica. E ora che le violenze si allargano anche al resto del paese, le prospettive per il futuro della Turchia si fanno sempre più cupe.