Il Governo ha presentato il 6 ottobre una proposta di legge per impedire che continui la pubblicazione sui media delle intercettazioni, scatenando l’ira dei giornalisti macedoni: la pena per la pubblicazione delle intercettazioni potrebbe arrivare fino a quattro anni di reclusione. L’Associazione macedone dei giornalisti ha infatti accusato il Governo di voler inasprire il regime di censura già esistente, limitando ancor di più la libertà di stampa e imponendo dei vincoli troppo forti alla professione giornalistica, oltre a imporre un provvedimento legislativo anticostituzionale.
La libertà d’informazione non è uno dei punti forti del paese, dove i giornalisti vivono continuamente in uno stato vessatorio fatto di intimidazioni, minacce, aggressioni e talvolta oscuri incidenti. Per questa ragione numerosi cittadini e giornalisti sono scesi in piazza – riuniti nella piattaforma Ajde! – per dimostrare la loro contrarietà al progetto di legge presentato dal Governo, forti anche delle pressioni internazionali che hanno chiesto una revisione del progetto di legge. In difficoltà, l’esecutivo di Gruevski ha deciso di rinviare la discussione in Parlamento al 20 ottobre, dopo la ripresa della normale funzione legislativa a seguito del boicottaggio da parte dei parlamentari dell’opposizione: la legge potrebbe quindi ancora entrare in vigore.
Lo scandalo delle intercettazioni continua a rivelarsi come l’argomento più scottante della politica interna macedone. La nomina del Procuratore speciale Katica Janeva non aveva messo d’accordo tutti: alcuni sostenevano che la Procura di Gevgelija non fosse un banco di prova così impegnativo per valutare le reali competenze della Janeva. Nel suo team, inoltre, è entrata a far parte anche Lila Stefanova, impegnata nel procedimento penale contro il giornalista Tomislav Kezarovski, da molti ritenuto incriminato per le sue inchieste scomode contro le istituzioni pubbliche. La nomina della sua squadra, inoltre, ha subito vari ritardi. Solo ieri, il leader dell’opposizione Zoran Zaev ha annunciato il ritiro dagli “accordi di Przino” con la maggioranza, a causa della mancata nomina da parte del Consiglio dei Procuratori della metà della squadra proposta dalla Janeva.
Lo scandalo intercettazioni era esploso nel Paese a causa della pubblicazione, da parte del leader dell’opposizione Zoran Zaev, delle trascrizioni di presunte intercettazioni compiute dall’establishment del Primo ministro Gruevski. La nomina del procuratore speciale è necessaria per comprendere se tali intercettazioni siano reali e la loro effettiva gravità. Secondo quando riportato da Zaev, il Governo teneva sotto osservazione telefonica circa 20.000 persone tra giornalisti, magistrati e membri del Governo stesso, grazie alla fin troppo stretta collaborazione tra Gruevski e suo cugino Saso Mijalkov, ex capo dei servizi segreti, dimessosi in maggio. Ciò aveva causato una forte pressione sul governo, con numerose manifestazioni di piazza, e un lungo braccio di ferro tra maggioranza e opposizione. Braccio di ferro terminato dopo che i principali partiti politici di maggioranza e opposizione- ossia la VMRO, la SDSM, la BDI e la DUI – avevano raggiunto un accordo mediato dall’UE sulle dimissioni di Gruevski a gennaio 2016 e sulle elezioni anticipate.
A far da contorno a questa decisione del Governo vi è anche la necessità di trovare un accordo tra maggioranza ed opposizione per quanto riguarda la riforma elettorale. Tale accordo doveva essere trovato entro il 7 ottobre ed è necessario affinché si possa nominare il governo di transizione che traghetti il paese alle prossime elezioni anticipate, indette per il prossimo aprile.
La risoluzione della crisi politica interna sarebbe un passo in avanti per il percorso di integrazione della Macedonia nell’Unione Europea. Il paese è infatti candidato all’adesione all’UE dal 2005 ma proprio a causa della crisi politica, a cui va aggiunta l’opposizione greca per la questione del nome, non è stato fatto alcun passo in avanti.
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