Sarà l’8 novembre il giorno delle elezioni parlamentari in Croazia. Lo ha annunciato la Presidente della Repubblica Kolinda Grabar-Kitarović, a seguito dello scioglimento del parlamento croato, avvenuto lo scorso 28 settembre. Si apre così ufficialmente la campagna elettorale, anche se da mesi ormai il clima politico si era surriscaldato, da quando era ormai chiaro che l’esecutivo avrebbe agito per andare alle elezioni in tempi più brevi rispetto alla fine del mandato. La sfida è la stessa che caratterizza la politica del Paese dalla sua indipendenza: il Partito Socialdemocratico di Croazia, SDP, da una parte, e l’Unione Democratica Croata, HDZ, dall’altra. Il primo, guidato dall’attuale primo ministro Zoran Milanović, è a capo di una coalizione di centro-sinistra, Kukuriku, composta, oltre che dal SDP, da cinque partiti minori. Il secondo ha formato una coalizione di otto partiti di centro-destra, la Coalizione Patriottica, guidata da Tomislav Karamarko.
La campagna elettorale croata si è accesa soprattutto sull’economia. Dopo anni di crisi economica molto forte, da quest’anno la Croazia ha lentamente mostrato segnali di ripresa, per quanto il tasso di disoccupazione e l’emigrazione dei giovani restino allarmanti. Nelle ultime settimane, però, sono state due le tematiche più incandescenti. La prima ha riguardato i prestiti contratti in passato da molti cittadini croati in franchi svizzeri, a causa dei bassi tassi d’interesse. Poiché, dopo che il franco è tornato a salire, molti si sono ritrovati incapaci di ripagare i debiti, il governo ha varato una legge che prevede la possibilità di convertire in euro questi depositi, così da renderli maggiormente sostenibili. La misura ha innescato una reazione ufficiale delle banche private straniere e della Banca nazionale, che si trovano ora costrette a pagare il prezzo della conversione. La polemica con gli istituti bancari è stata cavalcata dal governo, che si è proposto come avversario delle banche a difesa dei cittadini.
La seconda tematica è stata quella della crisi dei rifugiati. Dopo la chiusura del confine ungherese, difatti, quasi 100.000 profughi si sono riversati dalla Serbia al confine croato – per poi da lì passare in Ungheria. Dopo un’iniziale disponibilità a lasciar passare tutti, il governo ha poi deciso di mostrare i muscoli, chiudendo il confine con la Serbia. Tale mossa ha generato uno scambio di accuse tra Zagabria e Belgrado, e il premier Milanović ha volutamente alimentato i toni per toccare le corde nazionaliste di una buona parte dell’elettorato croato, solitamente più vicino all’HDZ. Difficile dire se questo pagherà in termini elettorali, anche perché l’opposizione ha messo in luce l’incapacità del governo di gestire la crisi e la rapidità con cui il premier ha cambiato idea, dalla totale apertura alla chiusura dei confini.
Quello di novembre sarà il secondo impegno elettorale dell’anno per i cittadini croati, che nel gennaio scorso avevano scelto Grabar-Kitarović nella corsa presidenziale. La vittoria della candidata dell’HDZ sembrava rilanciare il principale partito di centrodestra verso la conquista del governo: la crisi economica in cui versava il Paese e le proteste dei veterani contro il governo, sostenute dall’HDZ, che fa della retorica sulla guerra patriottica e sul nazionalismo un suo punto di forza elettorale, sembravano indicare una strada segnata. Oggi, però, il vento appare cambiato e tutti i sondaggi parlano di una forte incertezza, con i due partiti contendenti che si troverebbero molto vicini. Tale mutamento deriverebbe non solo dalla legge sui prestiti e dalla guerra verbale con la Serbia, ma anche dagli ottimi risultati del turismo nel periodo estivo e dai segnali di ripresa economica. Proprio la speranza di sfruttare il momento favorevole ha spinto il premier Milanović ad anticipare la data delle elezioni e a dare avvio alla sfida elettorale. Vedremo presto se la sua valutazione si dimostrerà esatta o se il Paese tornerà ad affidarsi al centrodestra.