La morte di dieci persone a settembre in due differenti assalti armati avvenuti pressi di Dushanbe, ha puntato i riflettori su quanto sta accadendo in Tajikistan. I dubbi sono emersi, soprattutto, quando la vicenda si è intrecciata con altre due notizie di estrema importanza: il mandato di arresto per il ministro della difesa, il generale Abduhalim Nazarzoda e la messa fuorilegge dell’unico partito d’ispirazione islamica legalmente registrato in tutta l’Asia Centrale, ossia il Partito della Rinascita Islamica. Il quadro che si delinea è carico di funesti presagi.
La vicinanza, almeno in passato, tra il generale Nazarzoda e l’IRP (Islamic Reinassance Party), ha fatto subito pensare all’azione concordata da parte del governo contro l’opposizione islamista nel paese, un opposizione sempre meno tollerata dopo l’ottimo risultato elettorale del 2010. Secondo fonti governative gli assalti di Dushanbe sarebbero stati l’inizio di una insorgenza islamista, mentre alcune voci accusano degli assalti lo stesso governo che, in un’ottica repressiva, avrebbe voluto provocare la reazione di alcuni gruppi islamici.
In realtà legare troppo strettamente queste vicende potrebbe essere sbagliato. Secondo alcuni analisti il mandato di arresto per Nazarzoda si collegherebbe a lotte interne alla classe dirigente tagika. Il ministro della difesa sarebbe stato informato di quanto stava per succedere ed avrebbe dato il via a dei disordini prima di scappare con il suo seguito verso la valle di Romit, venendo in seguito ucciso come comunicato dalle autorità tagike. Quello che viene alla luce, tuttavia, sono le difficoltà in cui si dibatte il potere tagiko.
Gli accordi del 1997 che hanno posto fine alla guerra civile, non sono stati un atto di pacificazione ma semplicemente di arresa da parte di due schieramenti ormai logorati. A seguito di complicati meccanismi il potere venne spartito tra le varie formazioni combattenti, tra cui l’opposizione islamica. Oggi quei meccanismi sembrano venire meno, rendendo instabili i rapporti tra le diverse fazioni che guidano il paese. In parallelo il governo di Dushanbe sembra avere, inoltre, fallito nella costruzione di un’identità post-guerra accettata da tutto il paese.
In mancanza di unità ed in profonda crisi ideologica, le forze governative stanno sempre più vedendo l’islamismo come un comodo paravento dietro cui nascondersi. Se l’opposizione politica islamista è stata costretta entro limiti angusti, nella società l’islam è sempre più presente, al punto da spingere il governo ad intervenire come successo nella cittadina di Chorkhuh dove le nozze non sono più registrate se non accompagnate da una banda musicale. Questa bizzarra decisione vuole colpire la diffusione di matrimoni celebrati secondo rito islamico.
La propaganda governativa punta sul sottolineare come l’islam, con le sue tradizioni, sia estraneo alla cultura tagika. Questo potrebbe significare l’esigenza di avere un nemico ai fini della costruzione di un’identità condivisa, un aspetto questo che avvicina il Tagikistan all’Occidente. Il rischio di demonizzare l’islam potrebbe portare ad una radicalizzazione dei credenti, cosa per la quale il governo di Dushanbe sta già accusando le influenze radicali provenienti dalla vicina Afghanistan, ossia un altro nemico “straniero”.
La crisi tagika assume poi il ruolo della farsa quando l’autoritarismo si ammanta del culto della personalità di tradizione sovietica. Senza arrivare ai livelli noti in Turkmenistan, il Tajikistan appare imbarazzante nel momento in cui un’associazione di astrofisici, di cui non esiste traccia in rete, omaggia il presidente Rahmon di un piccolo pianeta, tra Marte e Giove, a cui è stato dato il nome di… Tajikistan! Lo stesso Rahmon che ha recentemente inaugurato la più grande libreria, il più grande museo e la più grande sala da thè di tutta l’Asia Centrale.
Nel frattempo il confinante Uzbekistan, altro paese alle prese con intricate lotte di potere, proibisce l’insegnamento delle scienze politiche in quanto “pseudo-scienza occidentale”. Questa parte di Asia Centrale sembra davvero confusa ed incapace di gestire le problematiche che la fronteggiano, rendendo il futuro alquanto incerto. Il Tajikistan non sembra essere sull’orlo di una nuova guerra civile, ma di una profondissima crisi. (Farfalle e Trincee)
Fonte immagine: Wikicommons – Officina distrutta durante la guerra civile – Belaz, Tajikistan