Invitato a presentare il suo ultimo romanzo uscito in Italia, Il vero controllore del popolo, Andrei Kurkov è intervenuto al festival letterario Pordenonelegge domenica 20 settembre. Lo scrittore, autore di quei Diari Ucraini di cui avevamo parlato qui, è stato chiamato alla 16esima edizione della manifestazione – divenuta la seconda ormai per importanza dopo quella di Mantova – in quanto rappresentante del panorama attuale della letteratura in lingua russa ed in quanto figura principale tra gli scrittori ed intellettuali ucraini conosciuti al mondo. Kurkov è inoltre la persona di riferimento per i media internazionali per i fatti relativi alla situazione in Ucraina.
Alla prima domanda dell’intervistatrice Laura Pagliara inerente al romanzo, Kurkov ha ritenuto necessario fare una breve premessa al pubblico per rendere chiara la situazione ucraina, soprattutto dal punto di vista linguistico: ha ricordato le tre lingue principali parlate in Ucraina, ovvero russo, ucraino e tataro di Crimea, a cui ha aggiunto l’yiddish, lingua in cui, come è vero per le tre maggioritarie, si pubblicano opere; tra queste lingue, però, quella che sta avendo un maggiore sviluppo, anche e soprattutto dal punto di vista letterario, è quella ucraina, grazie anche alle nuove generazioni. Dal punto di vista storico, Kurkov ha sottolineato come il russo non sia mai stato proibito in territorio ucraino (e ad oggi il 70% della popolazione della capitale Kiev lo parla correntemente), mentre nel solo XIX secolo la lingua ucraina lo è stata più di 40 volte. Per quanto riguarda gli scrittori del Donbass, l’autore ha affermato che una buona parte si è trasferita a Kiev, una parte è rimasta ed altri sono andati a Mosca. Andrei Kurkov è ucraino russofono di origini russe – è nato nell’oblast’ di Leningrado – e non deve stupire il pubblico pensare che le sue opere vengano tradotte, tra le varie lingue, anche in ucraino. Dopo l’incontro, in una breve intervista, gli ho chiesto se gli avessero mai proposto di scrivere in ucraino: “Certo, me lo hanno chiesto. E, comunque, in ucraino ho pubblicato alcune fiabe e scrivo cose per siti online, come Radio Svoboda”.
Il romanzo che ha presentato Kurkov al pubblico di Pordenonelegge si intitola Il vero controllore del popolo ed è il primo di una trilogia – ancora non pubblicata per intero in Italia – il cui filo conduttore è quello di illustrare sottoforma di romanzo l’evoluzione della mentalità sovietica dalla prima epoca staliniana alla fine dell’URSS. Richiama un po’ Il Maestro e Margherita di Bulgakov il personaggio dell’Angelo, che scende sulla terra a cercare di capacitarsi come mai nessun russo, nessun abitante dell’Unione Sovietica vada in Paradiso. “Io credo, che prima della Rivoluzione del 1917 anche i russi andassero in Paradiso” scherza Kurkov con il pubblico. Nel romanzo appaiono e vengono citati personaggi storici come Lenin e Kalinin, ma non si nomina mai Stalin: Kurkov spiega che a suo parere “Stalin non fu una figura reale, ma una specie di radiazione che ha negativamente irradiato i cervelli della gente e che oggi sta tornando in Russia, attraverso le nuove biografie che vengono pubblicate, e che presentano il personaggio come un crisis manager”; l’autore continua poi paragonando Stalin ad un’atmosfera di “paura” e addirittura al “diavolo”, “dopotutto nessuno ha mai visto la faccia del diavolo, così come nel libro non si vede il suo nome stampato”.
Kurkov spiega che la mentalità sovietica che ha cercato di delineare con questa trilogia di romanzi sta ricomparendo oggi in Russia; Boris Eltsin dopo la dissoluzione dell’URSS ha provato, spiega Kurkov, a portare lo stato verso la democrazia, “ma beveva troppo e faceva poco”, ed ora che il potere è nelle mani di Putin si assiste ad un ritorno di quella “monarchia elettiva” che caratterizzava i capi del partito in epoca sovietica, i quali rimanevano segretari generali fino alla loro morte. Alla base di ciò, lo scrittore ritiene esserci una natura intrinseca all’uomo russo, la cui mentalità si discosta anche per ragioni storiche da quella ucraina. “La matrice storica ucraina è l’anarchia, mentre la matrice storica russa è l’impero”. L’Ucraina, fino all’annessione del 1654 all’impero zarista russo, era un territorio indipendente ed anarchico: non esisteva un’amministrazione statale, né valuta comune, ma c’era un esercito di cosacchi con a capo un atamano, eletto spesso con vari intrighi e lotte interne. Non è un caso poi, ricorda Kurkov, che durante la guerra civile del 1919-1921 il più grande esercito anarchico si sia formato proprio nel sud dell’Ucraina sotto la guida di Machno e contava 150.000 soldati; inoltre, nello stesso periodo sul territorio erano ricomparse più di una ventina di piccole repubbliche indipendenti, con tanto di cosacchi ed atamano. La Russia invece è sempre stata un impero, il cui zar è venerato e amato svisceratamente dai suoi sudditi, i quali lo servono e gli sono obbedienti, e che da lui possono solo aspettare eventuali onorificenze; la figura dell’imperatore vieta di aver paura ed i sudditi, orgogliosi di essere parte di un tale grande impero, lo difendono e lo amano, e nel caso poi lo ammazzino, sono pronti ad amare il prossimo eletto. La mentalità russa è collettiva, quella ucraina è individualista. Oggi in Ucraina sono registrati più di 200 partiti, e, scherzando, Kurkov ha aggiunto “quando viene eletto qualcuno in Ucraina, dopo le prime tre ore tutti, anche chi per lui aveva votato, comincia a criticarlo per il fatto che in quelle tre ore appunto non ha ancora fatto nulla”.
L’incontro di presentazione del romanzo si è concluso con una domanda relativa al libro, uscito in Italia l’anno scorso, Diari Ucraini. A Kurkov è stata chiesta una panoramica aggiornata sulla situazione del Donbass. Lo scrittore ha per prima cosa ricordato la scadenza del 28 settembre prossimo, data della prossima assemblea ONU: si è detto sicuro che il presidente Putin nel suo intervento cercherà di portare tutta l’attenzione sulla Siria, in modo che nel Donbass si mantenga lo status quo attuale. Obiettivo del presidente russo sarà probabilmente rendere quest’area sotto il controllo dei separatisti e dei russi una specie di “nuova Transnistria”; ma, a causa delle sanzioni da parte dell’Occidente e del crollo del petrolio, Kurkov si dice scettico riguardo le disponibilità economiche della Russia per sostenere Ossezia, Abkhazia, Transnistria ed anche il Donbass. Dall’altro lato, si sono ricordati i rappresentati di Pravy Sektor, Svoboda e altri piccoli movimenti, che per quanto non siano entrati al Parlamento ucraino alle elezioni dello scorso anno, sono in grado di rappresentare una minaccia per la stabilità del governo. Infatti, militando come volontari nel Donbass, possono con facilità portare armi a Kiev e minacciare le istituzioni governative per la loro passività nei confronti della situazione nelle regioni separatiste. “Pravy Sektor inoltre – ha aggiunto Kurkov – è un fenomeno interessante. È diventato una specie di McDonald’s, un franchising della violenza, dove non si sa mai chi può comparire sotto la sua etichetta. Probabilmente i suoi militanti sono ben consci di non avere speranze nemmeno alle prossime elezioni e quindi tentano di radicalizzare lo scontro politico con armi e violenza per attirare maggiore attenzione”. Ha sottolineato poi come militanti di Pravy Sektor combattono come volontari, e muoiono, nel Donbass per difendere l’integrità territoriale ucraina, ma al tempo stesso sono contro l’integrazione con l’Europa e con la Nato. Dopotutto “la maggioranza della popolazione ucraina non sa bene come si viva in Unione Europea, per loro Europa è sinonimo di una realtà senza corruzione e dove tutti sono uguali davanti alla legge. Capisco che possa sembrare ingenuo, ma se l’Ucraina riuscisse a raggiungere il livello di corruzione che avete qui in Italia, sarebbe già un progresso”.
Al termine dell’incontro, dopo aver autografato le copie di una lunga fila di suo lettori, Andrei Kurkov mi ha permesso con piacere una breve intervista. Lo scrittore è un uomo cordiale, che guarda con affetto e preoccupazione sincera alla drammatica situazione del suo paese, ed è felice di poterne parlare. Lo sguardo al tempo stesso ironico e obiettivo con cui racconta le realtà del suo paese è raro da incontrare. Inoltre si dice essere un “inveterato ottimista, perché in Unione Sovietica tutti i bambini nascevano ottimisti e cantavano le canzoni dei pionieri”, ed anche quando, dopo la caduta dell’URSS, le istituzioni e la giustizia venivano meno a favore di una dilagante corruzione, non gli è riuscito di divenire pessimista, ma piuttosto un “ottimista nero, ovvero uno che crede che tutto andrà bene, ma che forse non vivrà fino a vederlo”.
- È cambiato qualcosa nei confronti dei russi e russofoni in Ucraina dopo il Maidan?
A Kiev non è cambiato nulla, ma a Leopoli, dove sono stato pochissimo tempo fa, al contrario si sono trasferiti molti abitanti della regione di Lugansk, e alcuni cominciano a lamentarsi del fatto che in città si senta parlare sempre più russo.
- Diari Ucraini in Russia non è stato pubblicato..
Dal 2008 in Russia non pubblicano più i miei libri. Addirittura, L’ultimo amore del presidente (uscito in russo nel 2004, trad. it. 2008, Garzanti) è proibito al trasporto in territorio russo. Forse perché uno dei personaggi è Putin e nel romanzo prevedo cose che si sono poi realmente avverate, come la promessa di annettere la Crimea…
- Qual è la situazione della propaganda in Russia ed Ucraina?
Il Ministero dell’Informazione Ucraino tenta di controbattere alla propaganda russa, ma gli intellettuali ucraini su questo ridono molto… L’Ucraina non ha le risorse, né i mass media che ha la Russia, noi in ogni caso perdiamo. La propaganda ucraina poi non è pensata per chi vive a Kiev, ma per chi vive nel Donbass, per coloro che vivono sotto la propaganda russa.
- Come mai parte della sinistra europea non comprende la situazione e sostiene Putin? (domanda posta dal collega Giovanni Catelli)
Putin in Europa è sostenuto sia dalla sinistra che dall’estrema destra, come ad esempio da Marine Le Pen, ma dopotutto lei lo sostiene perché in cambio riceve denaro dalle banche russe. In sostanza, il fronte di supporto a Putin è costituito dall’opposizione nei vari paesi, come in Italia vale per la Lega Nord.
- Qual è la situazione degli intellettuali in Ucraina?
L’intelligencija ucraina non è unita e, anzi, i giovani non vogliono nemmeno essere definiti “intelligent” (intellettuale). La vera intelligencija ucraina è costituita dalla generazione che ha vissuto l’Unione Sovietica e che vorrebbe giocare il ruolo di “autorità morale” nella società, ma per quanto questi personaggi si espongano, non hanno il peso tale da influenzare la politica interna o estera del paese.
- Quale potrebbe essere, a suo parere, il futuro dell’Ucraina? Cosa sarebbe necessario fare?
Se l’Occidente persegue la politica delle sanzioni e dell’embargo, probabilmente l’Ucraina perderà il Donbass, ma acquisterà una prospettiva per il futuro. Ora che il commercio con la Russia si è bloccato, ora che le merci ucraine non vengono più esportate in Russia, l’Ucraina sta cominciando ad orientarsi verso l’Europa e l’Asia e ci sta pian piano riuscendo. In particolare è necessario puntare sull’agricoltura, che è la vera forza del paese. L’embargo della Russia in questo senso sta solo aiutando l’Ucraina a sviluppare il proprio commercio.
- E per quanto riguarda il gas?
Si risolverà anche questo. In realtà già prima i veri acquirenti ed utilizzatori del gas russo erano gli oligarchi nelle loro mega-fabbriche, ed anzi, spesso questi avevano, ed hanno, tubature autonome, separate, collegate direttamente con la Russia. Questa vecchia industria, in mano il più delle volte ai separatisti adesso, ha ancora forti legami con la Russia; ma quello di cui ha bisogno l’Ucraina è lo sviluppo di una piccola e media impresa.
- Il Donbass è ormai da considerare perduto? (domanda conclusiva posta da Giovanni Catelli)
Sono sicuro che il Donbass verrà perso dall’Ucraina, diverrà in definitiva una nuova Transnistria.
Non condivido la parte relativa all’equazione “Russia-Impero” e “Ucraina-Anarchia”, ovvero:
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nel senso che forse meriterebbe un chiarimento terminologico.
La Russia è uno Stato di origine astratta, proprio perché disegnato e costituitosi attraverso la forzata aggregazione di popoli e territori che attraverso la forma “imperiale” (zarista o totalitarista) ha mantenuto potenza e solidità. A differenza dell’Ucraina che – proprio per la determinatezza delle singole (e libere) componenti che hanno maturato ciascuna un proprio corso storico – ha in sé uno spirito logicamente più improntato alla confederazione e quindi votato alla democrazia: paradossalmente difficile a realizzarsi, quest’ultima, solo a causa della continua morbosa influenza russo-sovietica che tutt’oggi rende insicura la nazione di Taras Shevchenko. D’altro canto, in Russia, è proprio l’imperialismo-totalitarismo-dittatura (quella odierna di Putin) a rendere impossibile una coscienza democratica dei popoli sottomessi (nei casi conosciuti, abbiamo visto come è finita in Cecenia) e a perpetuare l’indole di un Paese inaffidabile, sempre isolato, bellicoso, prepotente e refrattario ad ogni regola comune sia di mercato che di convivenza civile internazionale.
una bell’intervista. Ma anch’io non sono d’accordo con il concetto “Ucraina uguale Anarchia” e condivido appieno il commento di un vostro lettore, Vincenzo, dove gli ha spiegato benissimo la sostanziale differenza del concetto dello Stato relativo alla Russia e all’Ucraina.
Un’altra cosa su cui assolutamente non sono d’accordo è che voi rappresentate Kurkov come uno dei principali scrittori e intellettuali ucraini conosciuti nel mondo. Sarebbe più coretto di dire che Kurkov sia più conosciuto in Italia per via dell’edizione dei suoi Diari dal Maidan [non è niente di che e vi assicuro che in Ucraina il suo libro non gode grande successo, anzi è semi sconosciuto], e non nel mondo. essendo un’ucraina a cui piace legge, che conosce la letteratura contemporanea ucraina sia in ucraino che in russo, che segue pubblicazioni e discussioni nel mondo dei cosi detti”
In aggiunta al mio commento precedente vorrei suggerire alla redazione dell’Estjournal i nomi di alcuni rappresentanti degli intellettuali e scrittori ucraini maggiormente noti nel mondo, che sono anche molto attivi nei dibattiti internazionali sulla questione ucraina: Yuri Andruchovich, uno dei più noti scrittori e pensatori contemporanee ucraini, il suo libro Moscoviade + tradotto in italiano dalla Besa ed.[http://www.repubblica.it/cultura/2014/06/11/news/yuri_andrukhovych_la_letteratura_salver_l_ucraina_dalla_ferocia-88654206/
Oksana Zabuzhko, è una pietra miliare della nuova letteratura contemporanea ucraina; filosofa, studiosa della letteratura, partecipante attivissima ai dibattiti sulla sorte del proprio paese, in italiano c’è il suo bestseller più fortunato ” Il sesso ucraino: istruzioni per uso”, Besa ed.2008; ma suggerirei di leggere il suo capolavoro The Museum of Abandoned Secrets”
Serhiy Zhadan , scrittore, poeta , traduttore; natio della regione di Luhansk e che ha dedicato molte delle sue opere proprio alla realtà di quella regione ; scrive in ucraino e in russo; in italiano c’è il suo romanzo “Depeche Mode” .
Tra gli intellettuali e giornalisti c’è una lunga lista dei nomi conosciuti all’estero, purtroppo non Italia, forse perché il giornalismo italiano- per inerzia e per opportunismo – è orientato verso tutto ciò che è russo e parla russo, anche quando si parla dell’Ucraina.
Sono d’accordo e , anzi , La ringrazio per questa precisazione , perché per me sarebbe stato difficile esprimerla in italiano
Gentili amici,
spero di dare un apporto utile alla conversazione precisando che, già negli anni Sessanta dell’Ottocento, il tema dato dal’atteggiamento libertario degli Ucraini, di derivazione cosacca, contrapposto alla vocazione comunitaristica (mi riferisco ad istituzioni pre-rivoluzionarie quali la obščina) propria dei Russi, fu sviluppato dallo storico Kostomarov nel suo pamphlet “Dve russkija narodnosti” (“le due nazionalità della Rus´).
Più precisamente, Kostomarov riteneva che la cultura politica degli Ucraini fosse il frutto di un paradosso: tendenzialmente anarchici, costoro si erano dati un potere di tipo repubblicano (il Cosaccato), nel quale il capo (hetman) poteva essere sfiduciato dall’assemblea. Un altro corto circuito storico era stato alimentato dalla vocazione politica dei Russi: pure se vincolati ad istituzioni comunitarie, essi conferirono il potere nelle mani dell’autocrate, in particolare dopo l’assemblem (Zemskij Sobor) che seguì i Torbidi, e affidò il potere a Michail, il primo zar della dinastia Romanov.
In conclusione, direi che Kurkov ha voluto fare affidamento ad un paradigma piuttosto consolidato, storicamente, nell’opinione pubblica e nella cultura politica degli Slavi-orientali.
Kurkov va preso con le molle. In realtà, ormai lo stato delle cose nella questione Ucraina va letto e affrontato in modo diverso e radicale. Il paese è ormai diametralmente diviso e il sangue versato in questi anni a causa di decisioni politiche strumentali e dissennate deve suggerire un percorso che non possa escludere la divisione del paese in due stati indipendenti, come è stato già anticipato dalla proclamata repubblica di Luhansk e Donetsk attraverso un regolare referendum. Come per il Kosovo, l’Onu – ribadendo il diritto all’autodeterminazione dei popoli – dovrebbe organizzare negli oblasti di Kharkiv, Luhansk, Donetsk, Dnipropetrovsk, Zaporižžja. Mykolaïv, Cherson, Odessa, nonché in Transnistria e in Crimea, un referendum per conoscere la volontà delle popolazioni di effettuare un percorso comune. Inoltre la Russia potrebbe considerare di cedere una parte del suo territorio, quello di Krasnodar, comprendere l’Abcasia e l’Ossezia, fino al Daghestan, Cecenia compresa, per veder realizzato un processo di riunificazione che accolga tanti popoli nella Federazione Russa sotto un unica bandiera. E’ forse tempo di pensare infatti alla creazione di una Confederazione delle Libere Repubbliche del Caucaso, una nazione indipendente – che ha i suoi precedenti politici, storici e culturali – che comprenda i territori citati, e che dia – come sua prima azione politica – libero accesso al mare alla Moldavia, da Vylcove a Zatoka. Resistere alla realizzazione di questa idea significa non avere la visione di un futuro pacificatorio e costruttivo, ma scegliere la responsabilità storica – e qui la UE non può sbagliare, e con lei la Federazione Russa – di alimentare un conflitto che non può che degenerare, portando caos e devastazione nel cuore dell’Europa.
Come per il Kosovo, il Donbass non ha alcun diritto ad autodeterminarsi. Piaccia o no, questo dice il diritto internazionale che tutti calpestano…
M.
Bravo Matteo, il sig.tuttle ha detto una cosa che no sta ne nel cielo, ne in terra… Sembra di sentir suonare nelle orecchie le urla di un personaggio losco come Zhirinovsky di Duma russa…Ad un tranquillo e bilanciato discorso anticipante di gusto cultur-storico ha gettato un fiammifero acceso della politica… Brutto! Come vede i documenti di Helsinki e di Budapest? Sono i pezzi di carta?… Come può andar avanti il mondo intero, se non ci sono più ne appoggi, ne punti di riferimento? ahimè…