Spese inutili e cattiva organizzazione. Così Frontex non salva i migranti

Dopo le drammatiche ondate migratorie che hanno investito l’Europa negli ultimi mesi, l’importanza e la centralità di Frontex sono diventate note a tutti.

Pochi sanno però quali siano le competenze dell’agenzia e cosa accade all’interno dei suoi uffici a Varsavia. Il Bureau of Investigative Journalism ha appena pubblicato un report che fa luce sull’organismo più chiacchierato del momento. Ed il quadro che ne esce è tutto fuorché confortante.

Competenze, fondi, risorse: com’è cambiata Frontex?

Frontex, all’anagrafe “European Agency for the Management of Operational Cooperation at the External Borders”, nasce nel 2004 come agenzia di coordinamento tra le forze nazionali operanti ai confini dell’area Schengen. Se il primo intento dell’agenzia era quello di creare una base stabile di studio ed elaborazione di soluzioni comuni per la gestione della sicurezza dei confini, già nel 2006, a seguito di un’improvvisa ondata di sbarchi nelle Isole Canarie, Frontex ha cominciato a ritagliarsi un nuovo ruolo, sempre più imperniato sul monitoraggio dei flussi migratori verso l’Europa.

Con lo scoppio delle “primavere arabe” e la susseguente destabilizzazione delle aree nordafricane e mediorientali, l’agenzia ha visto un definitivo spostamento della propria missione verso alcuni precisi obiettivi operativi: soccorso dei migranti, procedure di riconoscimento, organizzazione dei rimpatri. Il resto è storia (più o meno) recente. L’escalation degli arrivi degli ultimi dodici mesi ha acceso i riflettori su Frontex e ne ha richiesto un ulteriore ampliamento delle capacità. Così, quella che era una piccola agenzia di coordinamento gestionale e di analisi dei fenomeni di confine si è ritrovata ad avere tra le mani una delle patate più bollenti della politica europea, su cui l’Unione Europea stessa si sta giocando la propria credibilità a livello interno ed internazionale.

La strategia della Commissione: incremento di fondi e personale

Come prima mossa, la Commissione ha deciso di accrescere le capacità finanziarie di Frontex. Solo nell’ultimo anno il suo budget annuale è salito da 89 a 143 milioni di euro complessivi (+45%), con un ulteriore incremento di 33 milioni previsto per il 2016. In totale, dal 2005 ad oggi Frontex ha ricevuto 862 milioni di euro, finanziati per la maggior parte dai sussidi della Commissione Europea e da altri paesi (Svizzera, Norvegia, Islanda) che fanno parte del Management Board.

Il problema è che Frontex è costretta ad appoggiarsi sulle risorse materiali e sul capitale umano dei paesi di confine. Tradotto, non ha i mezzi necessari per poter assumere sotto il proprio controllo la gestione diretta delle operazioni. La maggior parte delle spese viene infatti diretta al rimborso degli equipaggiamenti, del personale e dei mezzi di proprietà degli Stati nazionali. Fino al 2014, più di 350 milioni sono stati indirizzati ai paesi che hanno deciso di concedere le proprie risorse (navi, aerei di pattugliamento, personale di polizia e guardie costiere) in operazioni congiunte. Gli Stati che hanno dato e, di conseguenza, ricevuto di più sono Italia e Spagna (100 milioni a testa), poi Grecia (28,6), Islanda (21,8), Austria (20), Germania e Portogallo (19).

Sembrerebbero cifre importanti ma che, in realtà, diventano irrisorie se confrontate con la portata sempre maggiore dei flussi. Soprattutto, mancano accordi di lungo termine tra gli Stati concessori e Frontex, che spesso è costretta ad “affittare” risorse preziose per sole poche settimane. Con queste regole, con mezzi scarsi, e con un risicato spirito collaborativo da parte dei paesi Schengen, Frontex potrà fare ben poco.

Ma dove vanno a finire, allora, tutte le altre voci di bilancio se non c’è la possibilità di spenderle? Anche su questo passaggio, il contributo del report del Bureau è illuminante.

La cattedrale nel deserto di Varsavia

Il quartier generale di Frontex si trova a Varsavia. Dieci anni fa sembrava più che lecito installare la sede centrale di un’agenzia di gestione e controllo dei confini di Schengen nella capitale della più grande porta ad est dell’UE. Certo è che non ci si aspettava né un crescendo d’importanza così forte, né che i punti caldi dell’operato di Frontex si sarebbero concentrati molto più a sud della Polonia.

Grave rimane comunque la mancanza di sedi distaccate nelle aree direttamente interessate dai fenomeni migratori. Al momento, è scarsissimo il personale impiegato in Grecia (esiste un solo ufficio nel porto del Pireo), in Bulgaria e in Ungheria. Ancora peggiore è la mancata presenza di contingenti speciali in Turchia, dove, dati alla mano, solo quest’anno 235.000 profughi sono partiti per intraprendere la ormai tristemente famosa rotta balcanica (dopo due anni di attesa, sembra che sia stato finalmente “riempito” il posto per un pagatissimo liaison officer da impiegare nella penisola anatolica).

La quasi totalità del personale rimane quindi nel bel palazzo a spirale di Varsavia, un grattacielo in vetro dato in dotazione all’agenzia lo scorso dicembre e costato 1,8 milioni di euro. All’interno della spirale si realizzano studi riguardanti le statistiche migratorie e si sviluppano strategie per sviluppare soluzioni comuni ai problemi di confine. Attività decisamente lontane dal pragmatismo e dalla velocità che emergenze come quelle attuali richiedono. E’ come se nel grande edificio di Varsavia si continuasse a mandare avanti la piccola agenzia tarata sugli obiettivi dello scorso decennio.

Le spese inutili di Frontex

La maggior parte dei dipendenti sono esperti delle principali realtà di cui dovrebbe occuparsi Frontex, “presi in prestito” da altre istituzioni nazionali. Le alte qualifiche e le pratiche relative al trasferimento, naturalmente, fanno alzare sensibilmente i costi di mantenimento del personale. Solo per gli stipendi Frontex spende all’incirca 20 milioni all’anno, con quasi 3 milioni di concessioni per facilitare la permanenza a Varsavia (tra diarie, viaggi, affitti ed istruzione per i figli a carico).

A questa voce vanno aggiunti altri piccoli lussi da grande organizzazione internazionale, quali i 22.000€ spesi per l’ultima cena di Natale tenutasi al Palac Prymasowski, i 17.500 € per otto sedie in pelle nera finlandesi, e i 137.000€ per il restyling del marchio Frontex con l’imprimitura su tutto il nuovo materiale da cancelleria e sui gadget.

Ma non è tutto. Durante lo scorso maggio, la sede di Varsavia ha ospitato il raduno ufficiale di ottocento ufficiali tra agenti di frontiera e autorità impegnate nella difesa dei confini nazionali, durante la giornata europea delle guardie di frontiera. Naturalmente, Frontex ha coperto le spese per tutti i voli ed il pernottamento degli ospiti, arrivando a sforare la cifra di 350.000 € (di cui 53.600 € solo per la cena).

Ovviamente non è su queste spese che si debba costruire la critica a Frontex. E’ però comprensibile che, davanti ad una situazione come quella che l’Europa sta vivendo e alla scarsità di risorse dell’agenzia, faccia una certa impressione sentir parlare di poltrone in pelle e cene ultra-lusso. Così com’è gestita, c’è il rischio che anche Frontex vada a fondo, proprio come tanti di quei barconi che non è riuscita a salvare.

Chi è Vittorio Giorgetti

Laureato in Relazioni Internazionali e Studi Europei all'Università di Firenze con una tesi sul rapporto odierno tra i Balcani Occidentali e l'Unione Europea. Dopo due brevi collaborazioni con l'Institute of International Relations di Praga e lo European University Institute di Firenze, attualmente si occupa di europrogettazione e cooperazione e sviluppo. Parla inglese, spagnolo e francese.

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2 commenti

  1. Forse mi è sfuggito: i 20 milioni annui quanto personale remunerano?

  2. Vittorio Giorgetti

    Attualmente gli stipendiati diretti di Frontex sono 304, di cui 185 non polacchi (dunque aventi diritto a tutte le spese extra citate nell’articolo). Entro il 2016 il numero dovrebbe salire a 340 unità.

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