Dopo soli cento giorni dal proprio insediamento il primo ministro moldavo Chiril Gaburici (liberaldemocratico) si è dimesso, e con lui tutto il governo, a seguito di uno scandalo che lo ha visto coinvolto per la falsificazione del diploma scolastico utilizzato per iscriversi all’università. Le dimissioni sono state prontamente accettate dal Presidente della Repubblica Timofti e giungono proprio in occasione di un’importante tornata elettorale: quella amministrativa che coinvolge anche grandi comuni come la capitale Chisinau e il capoluogo gagauzo Comrat.
Lo scandalo è l’esito di alcune indagini sviluppate autonomamente dalla procura generale a seguito delle richieste di dimissioni avanzate dal premier nei confronti dei dirigenti della Procura generale, della Banca centrale e della Commissione nazionale per i mercati finanziari, accusandoli di aver esitato nell’affrontare diversi problemi economici della nazione a causa delle pressioni di alcuni gruppi d’interesse, coinvolti in diversi scandali bancari, e minacciando le proprie dimissioni se il parlamento non avesse proceduto con la rimozione dei vertici dei tre organismi nazionali.
A seguito delle sue richieste il premier non sarebbe stato appoggiato dai leader dei partiti della sua coalizione (democratici e liberaldemocratici) che avrebbero subito avviato discussioni per la formazione di un nuovo esecutivo da perfezionare a conclusione delle elezioni amministrative svoltesi nella prima metà del mese. Poco dopo la diffusione delle richieste del premier si sono diffuse le notizie delle indagini nei suoi confronti e una settimana dopo il primo ministro è stato sentito in procura per circa un’ora; proprio per evitare il diffondersi di voci riguardo un suo potenziale inquinamento delle indagini a causa della carica ricoperta Gaburici ha pubblicamente annunciato le proprie dimissioni il 12 giugno. Secondo taluni le indagini sarebbero comunque già state influenzate da alcuni gruppi oligarchici, recentemente colpiti dalle politiche del premier uscente.
Secondo diversi analisti il nuovo premier potrebbe venire dalle file dei democratici, il partner di centro-sinistra della coalizione, in cui si starebbe discutendo della possibilità di nominare primo ministro lo speaker del parlamento Andrian Candu; da entrambe le parti è stata espressa la volontà di proseguire la forte impostazione filo-europeista detenuta a Chisinau negli ultimi tre governi. Con la conclusione delle elezioni i rapporti con i liberali, all’opposizione, potrebbero distendersi ed un loro ingresso nell’esecutivo, magari guidato proprio dall’uscente sindaco liberale della capitale Chiritoaca, permetterebbe di continuare il programma di lotta al potere oligarchico avviato da Gaburici e garantirebbe la nascita di una solida maggioranza, che non necessiterebbe più dell’appoggio esterno dei comunisti, visto con sospetto dall’Europa.
Il paese si trova infatti a vivere una delicata fase politica e i timori per uno scenario ucraino, abilmente alimentati da alcuni partiti, hanno tenuto banco durante la campagna elettorale di dicembre. Il partito Patria e il suo candidato premier – l’oligarca Renato Usatîi, furono esclusi dalle elezioni a causa dei finanziamenti illeciti ricevuti da Mosca. Il partito socialista, guidato da Igor Dodon (che si faceva ritrarre nei cartelloni insieme a Putin), invocava una maggiore vicinanza con la Russia e anche il partito comunista, pur non essendo legato al Cremlino, si oppone all’adesione all’Unione Europea. Le scorse elezioni hanno visto la vittoria del fronte filo-europeo ma la fragilità della coalizione è presto emersa. La questione della Transnistria, con i suoi 1400 soldati russi, resta una spina nel fianco per il paese, la cui soluzione è ben lungi dall’essere trovata.