Sperduta tra le montagne del Caucaso, al confine tra Russia e Georgia, si trova l’Ossezia del Sud, una piccola regione de iure parte della Repubblica di Georgia, e de facto repubblica autonoma sotto l’ombrello russo. Il governo della capitale Tskhinvali aveva proclamato la sua indipendenza fin dal 1990, sulle rovine del crollante impero sovietico, indipendenza che però non era stata riconosciuta in campo internazionale ed era stata contestata fin dal principio dalla Georgia, che invece ritiene la regione parte del suo territorio. L’Ossezia del Sud riuscì ad ottenere la completa indipendenza de facto nel 2008, in seguito al conflitto tra Russia e Georgia scoppiato proprio in concomitanza con le Olimpiadi di Pechino, andando a rubare la prima pagina dei giornali alle performance atletiche.
La guerra tuttavia non portò molti benefici al popolo osseto, già duramente provato da decenni di conflitti ed arretratezza, che si trovò inoltre a dover subire la ripicca degli sconfitti. Il governo di Tbilisi, infatti, decise di sospendere i rifornimenti di gas alla regione.
In soccorso alla debole repubblica arrivò però la Russia, già principale donatrice di aiuti di Tskhinvali. Fin dal 2006, Mosca aveva avviato la costruzione di un gasdotto proprio per assicurare il rifornimento contro possibili interruzioni da parte della Georgia. Dopo il conflitto, Mosca semplicemente accelerò i lavori, che infatti terminarono nell’Agosto del 2009. L’opera venne infine inaugurata il 26 Agosto, anniversario del riconoscimento russo.
Il gasdotto parte dal villaggio di Dzuarikau, nell’Ossezia del Nord (territorio russo) ed attraversa montagne e ghiacciai fino ad arrivare a Tskhinvali, a 169 km di distanza. E’ operato dalla compagnia russa Gazprom. A causa delle asperità territoriali che attraversa, il gasdotto, che è anche il più alto del mondo, è venuto a costare circa 476 milioni di dollari.
Nonostante l’alto prezzo e le difficoltà tecniche, il Cremlino non si è tirato indietro, sia per dimostrare l’abilità tecnica e l’avanzata tecnologia di cui dispone la compagnia Gazprom, sia per accrescere l’influenza russa sulla autoproclamata repubblica togliendo in questo modo a Tbilisi anche l’ultima leva di cui essa disponeva.
Ovviamente il governo georgiano ha duramente protestato contro la costruzione dell’opera, che rappresenta ai suoi occhi una grave violazione della sovranità nazionale, ma altrettanto ovviamente tali proteste sono cadute nel nulla, e Mosca ha rafforzato ancora di più il controllo sull’Ossezia del Sud, rendendo l’idea di una futura riannessione alla Georgia sempre più irreale.
Immagine: www.hydrocarbons-technology.com