La stagione referendaria a cui la Polonia si stava orientando si è chiusa ancora prima di aprirsi. Il 6 settembre i cittadini polacchi si sono recati alle urne per esprimere il proprio voto a riguardo di tre quesiti referendari, tutti invalidati a causa della bassissima affluenza alle urne. Qualche giorno prima il Senato aveva rigettato la proposta presidenziale di indire tre nuovi referendum in concomitanza con le elezioni parlamentari di ottobre.
I tre quesiti votati a inizio mese erano stati proposti dall’allora presidente Komorowski e approvati dalle due camere del parlamento a seguito del primo turno delle elezioni presidenziali di maggio, da cui sarebbe poi uscito sconfitto; parte della sua campagna elettorale era stata, infatti, incentrata sulla modifica della legislazione elettorale. A essere sottoposta all’attenzione dei cittadini vi era innanzitutto la proposta di eliminare il sistema proporzionale e introdurre un sistema a collegio uninominale per l’elezione della Sejm, la camera bassa del parlamento. Ad oggi solo il Senato è eletto con il sistema uninominale secco e ciò, combinato col sistema partitico locale, ha portato la camera ad essere composta dai due principali partiti di destra (PiS – Legge e Giustizia) e centro-destra (PO – piattaforma civica) assieme ad una manciata di candidati indipendenti e due senatori membri del partito agrario PSL, alleato minoritario di PO, privando di ogni rappresentanza effettiva gruppi politici minoritari fino ad ora rappresentati nella Sejm.
Gli altri quesiti riguardavano il mantenimento del sistema di finanziamento pubblico dei partiti e l’introduzione della presunzione di buona fede nei confronti dei contribuenti indagati dal fisco; si tratta in entrambi i casi di temi che sembrano voler rispondere ad un’insoddisfazione generale nei confronti della classe politica e del sistema di imposizione fiscale tipica di molti stati europei ma non particolarmente sentita in Polonia: pare quindi una mossa politica presa per attirare il favore di gruppi di cittadini, la cui ampiezza non deve esser stata particolarmente indagata da parte di chi ha gestito sia la campagna presidenziale sia il percorso politico e legislativo del testo, al fine di ottenere la rielezione a presidente della repubblica di Komorowski, appoggiato dalla maggioranza parlamentare di PO.
In tutti e tre i casi non si è raggiunto il quorum (fissato dalla legge al 50% degli aventi diritto di voto): infatti l’affluenza è stata pari al 7.8%. Su 30 milioni di aventi diritto al voto solo 2 milioni e mezzo circa si sono recati alle urne, appoggiando la proposta del sistema uninominale, rifiutando il mantenimento del finanziamento pubblico ai partiti e sostenendo appieno l’introduzione della buona fede a favore degli indagati dalle agenzie tributarie.
Secondo un sondaggio condotto il giorno dopo il voto per conto della TVN, il 30% dei non votanti intervistati ha sostenuto di essere contrario all’indizione dei referendum sulle tre materie proposte, il 22% non ha saputo dare una motivazione alla propria astensione mentre un ulteriore 22% ha dichiarato di non aver ricevuto informazioni sufficienti sul referendum o addirittura ne ignorava l’esistenza. Un 12% ha dichiarato essere irrilevanti i quesiti mentre il 7% riteneva che fossero poco chiari; un ulteriore 7% si è dichiarato totalmente contrario all’istituto referendario, indipendentemente dalla materia trattata.
Se i referendum sono passati spesso in secondo piano sulla scena nazionale per via dell’indifferenza politica e generale, ha attirato l’attenzione la presa di posizione di Lech Wałęsa contro i tre quesiti. L’ex presidente ha infatti dichiarato che ad essere veramente necessaria sarebbe una consultazione sull’introduzione del limite di mandato a due anni per parlamentari, sindaci, sindacalisti e per chiunque detenga una carica pubblica.
Qualche giorno prima il Senato ha rifiutato l’indizione di un referendum su tre quesiti in occasione delle elezioni parlamentari del 25 ottobre, proposti dal presidente Duda. Sebbene Duda (PiS) sia uscito vincitore alle elezioni presidenziali di maggio la maggioranza parlamentare è ancora detenuta da PO della premier Ewa Kopacz. I quesiti proposti riguardavano l’abbassamento dell’età minima per andare in pensione e il legame tra pensione e anni di lavoro, il mantenimento della Lasy Państwowe, l’agenzia che gestisce le foreste di proprietà statale per conto del Ministero del Tesoro, e la reintroduzione dell’obbligo scolastico a partire dai 7 anni (invece dei 6 previsti dalla riforma del 2012).
Il 25 ottobre prossimo si terranno le elezioni parlamentari e i sondaggi danno in testa il partito di opposizione PiS, che potrebbe però non essere in grado di ottenere la maggioranza dei seggi del parlamento.