“Germany!”, l’arrivo dei profughi siriani. Frontiere aperte e convogli di volontari verso Vienna e Monaco

In trecento si sono dati appuntamento e sono partiti in auto da Vienna per dare un passaggio ai migranti in marcia da Budapest. È l’ultimo atto di una solidarietà che sta contagiando mezza Europa, che si aggiunge alle reiterate offerte di ospitalità avanzate da famiglie olandesi, francesi e islandesi. Ventiquattro ore prima centinaia di profughi erano stati accolti in un clima di festa alla stazione di Monaco di Baviera. Caramelle, giocattoli per i più piccoli, ma anche strette di mano e abbracci. Stremati ma sorridenti, alcuni sono scoppiati in lacrime, come documentato dalla Bbc. Immagini che hanno fatto il giro del mondo: l’arrivo dei primi profughi siriani nella loro terra promessa. E la scena si è ripetuta nel week end anche in altre stazioni tedesche e austriache. La città di Vienna ha diffuso un comunicato di benvenuto: “qui siete al sicuro”. È l’Europa della solidarietà che dimostra di esistere, mentre i leader europei troppo spesso appaiono incapaci di adottare una linea politica comune per fronteggiare quella che è ormai diventata l’emergenza umanitaria più grave di inizio secolo.

Dopo le difficoltà incontrate in Ungheria gli scorsi giorni, 15 mila profughi, soprattutto siriani e afgani, sono arrivati nel week end in Austria e Germania. I rifugiati vengono distribuiti oltre che nella capitale bavarese anche a Dortmund, Amburgo e Berlino. La cancelliera Merkel ha dichiarato che “non esistono limiti [numerici] alle richieste di asilo”, perché chi scappa dalla guerra in Siria ha lasciato dietro di sé l’orrore. “Ma solo chi ne ha il diritto potrà restare”, ha aggiunto.

Le controverse posizioni dei paesi europei, le aperture e i paesi più intransigenti

La Germania si aspetta di accogliere fino a 800 mila richiedenti asilo quest’anno e chiede che il suo esempio venga seguito, in base alle possibilità di ciascuno, dagli altri paesi europei. Germania, Francia e Italia hanno redatto un non-paper, una bozza di piano europeo, che chiede di nuovo la ricollocazione di un più alto numero di migranti – fino a 160.000, secondo le fonti – tra tutti e 28 i paesi membri UE. La Gran Bretagna, pur essendosi dichiarata contraria al piano di suddivisione delle quote di profughi proposto dalla Commissione europea, ha tuttavia per la prima volta ammesso la possibilità di accogliere 15 mila rifugiati, da prelevare direttamente dai campi gestiti dall’Onu al confine con la Siria. Downing Street spera poi di ottenere entro l’inizio di ottobre il via libera del Parlamento ai raid contro l’Isis e di lanciare un’azione di intelligence mirata contro i trafficanti di esseri umani. Un business – è l’allarme lanciato da Europol – che vale più del traffico di armi e droga, gestito da un esercito di 30 mila trafficanti.

Continua invece il muro contro muro dei paesi dell’est: Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Ungheria. Quest’ultima – negli ultimi giorni al centro delle polemiche per il trattamento riservato ai profughi, rimasti bloccati in condizioni disumane per decine di ore in stazioni e campi di identificazione – continua a rifiutare l’accoglienza. Il portavoce del governo, Zoltan Kovacs, ha precisato che gli autobus messi a disposizione venerdì e sabato, per il trasporto dalla stazione Keleti verso il confine austriaco, sono stati “una misura unica ed eccezionale, resa possibile da una concertazione tra il premier Viktor Orban e il cancelliere austriaco Werner Faymann”. Budapest continua dunque a ribadire il diritto a difendere le proprie frontiere e dopo aver costruito un muro al confine con la Serbia vorrebbe rafforzare le misure di sorveglianza, ricorrendo anche all’esercito.

Intanto, centinaia di profughi sono ancora bloccati in Ungheria. Alcuni gruppi attendono alla stazione di Budapest un treno che li porti verso l’Austria e, da lì, in Germania. Altri ancora si sono rimessi in marcia, a piedi, verso il confine austriaco, come già accaduto venerdì. Intanto dalla Serbia il flusso migratorio non si arresta: un treno di migranti diretto in territorio magiaro è rimasto bloccato venerdì notte a Subotica, a 10 km dal confine ungherese. Sono nella giornata di domenica i profughi sono stati rilasciati e hanno potuto proseguire per l’Ungheria – e c’è chi parla di casi di corruzione ed estorsione da parte della polizia serba.

Ungheria: i disordini di venerdì

La giornata era cominciata con l’assalto ai treni fermi nella stazione Keleti di Budapest, mentre all’esterno del terminal decine di hooligans ungheresi ultranazionalisti e xenofobi si scontravano con la polizia. Alle ore 11,15 il convoglio diretto a Sopron, cittadina vicino al confine austriaco, viene lasciato partire. Sembra la fine di un incubo per le famiglie a bordo bloccate da giorni in Ungheria in attesa di raggiungere la Germania. Mezz’ora dopo la partenza, però, la polizia a sorpresa blocca il convoglio nei pressi di Bicske, con l’obiettivo di trasferire i profughi al vicino campo di identificazione. Ciò basta a scatenare la rivolta dei migranti che si rifiutano di abbandonare il mezzo e rimangono accampati un giorno intero, guardati a vista dalle forze dell’ordine. Anche nel sud, al confine con la Serbia, 300 profughi fuggono dal campo di Roske, esasperati dalla lentezza delle procedure di identificazione. Poche ore dopo vengono ricondotti al centro. L’emergenza rientra solo nella notte di sabato, dopo la decisione di Austria e Germania di aprire le frontiere, quando l’Ungheria mette a disposizione un centinaio di autobus.

Chi è Sophie Tavernese

Giornalista professionista, si occupa per East Journal delle aree geopolitiche di Russia e Medio Oriente. Curatrice del travel blog sophienvoyage.it. Ha collaborato con Euronews, La Stampa, Coscienza & Libertà, Gazzetta Matin. Si è specializzata in giornalismo radio-televisivo alla Scuola di Perugia. Nata ad Aosta, vive a Courmayeur. Si è laureata in Archeologia e Storia dell'Arte all'Università Cattolica di Milano.

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