Fare il giornalista in Macedonia è un’impresa. Il paese balcanico, clientelare e corrotto, ha difficoltà a concedere ai giornalisti le necessarie garanzie per poter esercitare il proprio lavoro liberamente, come riportato sul sito dell’organizzazione Freedom House.
I media macedoni infatti sono soggetti a importanti pressioni politiche, facendo sì che si attui una auto-censura per evitare di andare contro il sistema politico macedone. Coloro che non si adeguano ricevono messaggi minatori o avvertimenti che ricordano il modus operandi di stampo mafioso. Per i meno fortunati, il carcere è una delle soluzioni, spesso con pretesti che nulla hanno a che fare con le reali motivazioni.
Un esempio del controllo oppressivo della classe giornalistica è sicuramente la condanna a quattro anni e sei mesi – poi ridotta a due anni dalla Corte d’Appello di Skopje – comminata al giornalista Tomislav Kezarovski, accusato di aver rivelato l’identità di un testimone protetto nell’ambito del processo svolto contro i fratelli Ordan e Ljupco Gjorgievski, causando quindi – secondo il Tribunale di Skopje – pressioni nei suoi confronti da parte degli imputati. Ma quando Kezarovski rivelò l’identità del testimone, nel 1998, questi non era ancora stato sottoposto al regime di segretezza come successivamente accordato dalle autorità giudiziarie in merito al regime di protezione dei testimoni chiave. Risulta più plausibile, invece, che la causa della sua incarcerazione fosse legata alla serie di inchieste scomode per le autorità sul caso riguardante la morte del direttore di Fokus, Nikola Mladenov. Formalmente accaduta per un incidente stradale, sono stati sollevati sospetti nei riguardi della sua morte, da alcuni considerata non accidentale. L’auto sulla quale viaggiava Mladenov fu infatti rintracciata grazie al segnale lanciato dal proprio telefono cellulare, che tuttavia non fu poi ritrovato sul luogo dell’incidente. Kezarovski, recatosi sul luogo, notò una certa incuria da parte delle forze di polizia nel rilevare la scena dell’incidente, tralasciando numerosi oggetti personali che potevano servire all’indagine.
Da non dimenticare anche le aggressioni compiute ai danni del giornalista e blogger Sashe Ivanovski, aggredito due volte in meno di 24 ore da parte del suo collega Alexandar Spasovski, reporter presso Sitel, e successivamente dal vice primo ministro per gli affari economici Vladimir Peshevski.
Asserire dell’assenza di libertà di stampa portando come esempio quello, seppur grave, di Tomislav Kezarovski sarebbe tuttavia una semplificazione. Il recente scandalo intercettazioni, che ha causato le dimissioni il capo dei servizi segreti – nonché cugino di Nikola Gruevski – Saso Mijalkov, ha sollevato un polverone che ha portato alla luce il regime oppressivo nei confronti di numerosi settori della popolazione, in particolar modo i giornalisti. Nelle intercettazioni rese pubbliche da Zoran Zaev, sindaco di Strumica e leader dell’opposizione socialdemocratica SDSM, è emerso come centinaia di giornalisti fossero controllati per ordine dei collaboratori di Gruevski. Ciò, insieme alle forti proteste di piazza e il boicottaggio del Parlamento da parte della SDSM, ha causato una grave crisi politica, risolta solo recentemente grazie alla mediazione UE, con un accordo per le dimissioni di Nikola Gruevski nel prossimo gennaio e l’istituzione di un governo di unità nazionale che traghetti il Paese alle elezioni anticipate da tenersi nell’aprile 2016.
Come se non bastassero le intimidazioni, gli arresti o le intercettazioni, i giornalisti di diverse testate – nel particolare quelli di Dnevnik, Untrisnki Vesnik e Vest – hanno ricevuto la notizia della riduzione del loro stipendio a causa delle difficoltà economiche che sta attraversando il Paese e le testate. Tuttavia è stato riportato come i giornalisti sono stati costretti ad accettare contratti di lavoro meno remunerativi con la minaccia del licenziamento. I tre giornali, appartenenti alla holding Orka – precedentemente di proprietà della tedesca WAZ Media Group che nel 2012 ha venduto gli investimenti in Macedonia – appartengono all’uomo d’affari Jordan “Orce” Kamcev, cugino del Primo Ministro Gruevski che fece la sua fortuna acquistando la più importante azienda produttrice di carne del Paese notevolmente svalutata rispetto al suo reale valore grazie all’influenza dei media statali che, senza alcun controllo sanitario, lanciarono l’allarme per la presenza di un presunto batterio nella carne, facendo così crollare le vendite e il valore azionario dell’azienda.
Alle ultime elezioni amministrative e presidenziali, tenutesi nell’aprile del 2014, l’OSCE espresse le sue preoccupazioni nei riguardi dell’indipendenza dei media, affermando che i canali d’informazione più importanti del Paese fossero sotto il controllo indiretto da parte dello Stato, concedendo una maggiore e più positiva esposizione del candidato uscente Nikola Gruevski. Le elezioni anticipate, unite al movimento di protesta denominato #protestiram, potrebbero cambiare il futuro della Macedonia che, dal 2005, è membro candidato all’ingresso nell’Unione Europea. Un ingresso che, tuttavia, sembra sempre lontanissimo – e non solo per via del veto della Grecia.