La Grecia di Tsipras, una volta regolate le questioni economico-finanziarie, sta preparando un rinnovo della propria politica estera? Riunificazione di Cipro, un compromesso sul nome della Macedonia, il riconoscimento del Kosovo e il rilassamento delle relazioni con l’Albania. Possibile? Così sembrerebbe, da una serie di segnali apparsi negli ultimi mesi nelle relazioni esterne di Atene. L’annata 2015/16 dovrà dimostrarlo.
Una politica estera balcanica per l’Atene del dopo-debito
L’arrivo della strana coppia Syriza-ANEL al governo ad Atene inizialmente non lasciava presagire novità sul fronte della politica estera greca, che nel gennaio 2015 l’istituto Carnegie Europe definiva “miserabile“. Tsipras sembrava aver bloccato tutti i dossier storici (Cipro, Macedonia, Kosovo) in nome dell’alleanza con la destra sociale anti-austerità, e di voler guadagnare qualche margine negoziale con l’eurogruppo tramite un’apertura tattica verso Mosca. Si sa come è andata a finire. L’accordo sul terzo pacchetto di salvataggio per la Grecia, ora, potrebbe concederle lo spazio di manovra necessario a riprendere in mano i dossier di politica estera.
Già a maggio, il ministro degli esteri Nikos Kotzias aveva annunciato l’intenzione di avviare una politica estera attiva verso i Balcani, tramite un tour delle capitali di Macedonia, Serbia e Montenegro nel mese di giugno, e il riavvio della cooperazione tripartita con Romania e Bulgaria – “tre paesi che devono avere e condividere una visione sul resto dei Balcani”, secondo Kotzias, per evitare l’interferenza di terze parti. La Grecia, secondo Kotzias, avrebbe dovuto difendere i propri interessi e risolvere le questioni aperte, anziché essere parte del problema.
Ricreare un clima di fiducia con la Macedonia
Il 24 giugno Kotzias ha fatto il primo passo e si è così recato in auto a Skopje (usare l’aereo l’avrebbe costretto ad atterrare all’aeroporto “Alessandro Magno”, con qualche grattacapo diplomatico), dove ha incontrato il capo di stato Ivanov, il premier Gruevski, e gli altri leader dei partiti di governo della repubblica balcanica, in quel momento ancora scossa dalle proteste di piazza. In un colloquio col ministro degli esteri macedone Nikola Poposki, Kotzias ha sottolineato la necessità di lavorare attivamente per creare un clima di fiducia tra i due paesi e intensificare la cooperazione e il dialogo bilaterale in base all’Accordo Ad Interim del 1995, in particolare in 11 aree di mutuo interesse (cultura, giustizia, economia, infrastrutture, energia, salute). Definendo la Macedonia “un dono” per la regione, Kotzias ha voluto così marcare il distacco del governo Tsipras rispetto alle posizioni del governo conservatore di Samaras, per il quale la Macedonia avrebbe dovuto essere lasciata fuori dall’UE e dalla NATO, e aspettare fino a che non si sarebbe dissolta per le sue questioni etniche interne. Il rilancio delle relazioni bilaterali tra Skopje e Atene – che a livello commerciale sono molto più avanzate che non a livello politico – potrebbe far ben sperare per l’avanzamento dei negoziati sul nome, bloccatisi sotto il precedente governo.
Le relazioni tra Grecia e Kosovo – tutto tranne il riconoscimento?
Kotzias ha quindi proseguito il suo tour balcanico per Belgrado, dove ha riaffermato il sostegno greco all’integrazione europea della Serbia e proposto una conferenza dei paesi balcanici sulle questioni migratorie. Il premier serbo Vucic ha ringraziato Atene per il continuo non riconoscimento del Kosovo, e ne ha approfittato per invitare Tsipras a Belgrado ad ottobre.
Ma la luna di miele tra Atene e Belgrado non è durata a lungo: il 14 luglio Kotzias si è recato in visita anche in Kosovo, dove ha incontrato il premier Isa Mustafa e il ministro degli esteri Hashim Thaçi. “Credo che Grecia e Kosovo possano sviluppare tutti i tipi di cooperazione… noi sosteniamo l’adesione del Kosovo alle organizzazione internazionali quali Interpol e Unesco” così come “la creazione di legami tra l’UE e il Kosovo”, ha dichiarato Kotzias – anche attraverso l’apertura di un ufficio di collegamento del Kosovo in Grecia, e invitando il ministro Thaçi a visitare il paese ellenico. Insomma una posizione da ‘tutto tranne che il riconoscimento‘, almeno per ora. E il giorno successivo Kotzias si è recato anche in Albania, dove ha discusso delle questioni relative ai confini marittimi e alle minoranze albanofone nel paese ellenico – pur nel permanere di alcune frizioni tra i due paesi.
La richiesta di spiegazioni da parte della Serbia sulla questione del Kosovo non si è fatta attendere: “abbiamo chiesto al ministero degli esteri greco di chiarire le dichiarazioni del ministro Kotzias. Mi aspetto che la Grecia non modifichi la sua posizione sulla dichiarazione unilaterale d’indipendenza del Kosovo, nonostante le forti pressioni”, ha dichiarato il ministro degli esteri serbo Ivica Dacic.
I media serbi non si sono fatti sfuggire la storia, e nelle settimane successive hanno continuato a ipotizzare di un riconoscimento venturo del Kosovo da parte della Grecia, come parte del package deal per la soluzione della questione del debito ellenico. Una posizione condivisa dal politologo serbo Dušan Janjić, secondo il quale – come dichiarato al Courrier des Balkans – “il riconoscimento avverrà in autunno”, come concessione al fine di “ritardare la soluzione della questione del nome con la Macedonia” e allo stesso tempo di approfondire anche le relazioni con l’Albania. In tal caso, ovviamente, salterebbe la visita di Tsipras a Belgrado calendarizzata per ottobre.
Verso la riunificazione di Cipro?
Nel frattempo, un’insperata serie di buone notizie arriva dall’isola di Cipro, dove dopo l’elezione di Mustafa Akinci a presidente dell’autoproclamata Repubblica Turca di Cipro Nord sembra esserci finalmente da entrambe le parti la volontà di riprendere i negoziati per arrivare ad una riunificazione dell’isola, separata dal 1974. E in questo, seppur non con un ruolo di primo piano, la posizione della Grecia potrebbe essere fondamentale per fornire le garanzie necessarie ad assicurare il consenso della parte greco-cipriota – quella che, ormai 11 anni fa, con il suo no aveva fatto naufragare il Piano Annan. Gli incontri al vertice tra i due leader proseguono, e si inizia a discutere dei dettagli di quella che sarebbe una federazione con due zone e due comunità. Se il 2016 porterà con sè la riunificazione di Cipro e la risoluzione di un problema vecchio di quarant’anni, potrebbe essere un buon viatico per gli altri dossier aperti della politica estera greca nei Balcani.
Foto: MFA.gov.mk
Davide Denti è temerario. Già i suoi perentori giudizi sui Balcani sono fuori dalla Grazia di Dio, ma ora va ben oltre spaziando su politica estera greca e sulla complessissima questione di Cipro. Il dilettantismo è evidente, come è anche evidente l’ignoranza dei dossier (p.e. La “minoranza albanese in Grecia”. Chi conosce minimamente la zona, sa che c’è una “minoranza greca in Albania” e una comunità albanese in Grecia, nata dopo il crollo del regime comunista. E via di questo passo. Non lo so, forse è Trento, forse è l’università. Ma forse siete voi cari del East Journal a dimostrarvi non all’altezza del compito. Peccato
Caro Sandrone (o dovrei chiamarla Teo?),
mi fa piacere sapere che i nostri articoli vengono letti anche all’Ambasciata della Repubblica di Cipro. Certamente lì la comprensione del dossier cipriota, così come di quello greco/albanese, sono ben superiori alla mia. Per il resto, forse potrebbe informarsi sulla presenza albanese in Grecia, che non è solo recente come lei sostiene, ma storicamente attestata nel comune passato ottomano dei due paesi. Se le interessa, troverà informazioni nell’archivio di East Journal. Cordialità.