di Matteo Zola
“Il mio nome è Frank Uesbeck“. La calligrafia incerta del bambino sul foglio bianco, arrotolato. “Ho cinque anni. Mio padre e io siamo in viaggio su una nave per la Danimarca. Se trovate questa lettera, vi prego di riscrivermi, e io vi risponderò”. A trovarla è stato Daniil Korotkikh, tredici anni, russo di Kaliningrad. Camminava sulla spiaggia del Baltico, battuta dal vento ancora gelido, immerso in quei pensieri che sanno solo i ragazzi. Pensieri di mareggiate, lontananze, con lo sguardo fisso all’orizzonte. Il luccichìo deve aver attirato la sua attenzione, forse il solito rigurgito di lamiera che fa il mare. E invece no, una bottiglia, ben sigillata di quelle con il tappo a macchinetta, rifletteva il pallido sole. Al suo interno la lettera, datata 1997.
«Ho notato una bottiglia e sembrava interessante», ha raccontato il ragazzo all’Associated Press. «Si capiva che era tedesca e aveva una singolare base in ceramica. Dentro contenveva un pezzo di carta con un messggio». Ma Daniil il tedesco non lo sa. In quella che fu Könisberg, la patria di Kant, dopo la russificazione forzata e le deportazioni a seguito della Seconda guerra mondiale, dei tedeschi non è rimasto più nulla. Il padre di Daniil però riesce a tradurre quelle poche semplici parole dalla lingua di Goethe … “vi prego di riscrivermi, e io vi risponderò”.
Detto fatto. La bottiglia e il suo contenuto hanno navigato ventiquattro anni, attraversato le correnti dello stetto di Sund, prima di arenarsi tra le mani di Daniil ma ora il bambino russo può disporre di ben più rapida ed efficace navigazione. Così è bastato digitare il nome di Frank Uesbeck su internet per scovarne il profilo facebook. “All’inizio non ricordavo” ha ammesso Frank “poi i ricordi di quel viaggio sono lentamente tornati alla mente”.
Il messaggio nella bottiglia forse è proprio questo, come scriveva José Saramago: “Dire il proprio nome e aspettare tutta la vita per sapere chi si è, sapendo che esser stato non vuol dire essere”.