Grandi attese, ma anche polemiche e critiche, per la prima visita di una delegazione governativa europea a Teheran dopo la firma dello storico accordo sul nucleare, stipulato lo scorso 14 luglio a Vienna. Tre giorni di incontri, fra il 19 e il 21, che hanno visto protagonista il ministro degli affari economici e dell’energia Sigmar Gabriel, insieme con un nutrito seguito. Gabriel, che oltre ad essere ministro è anche vice cancelliere e presidente della SPD, è stato accompagnato dal presidente della federazione delle industrie tedesche, Ulrich Grillo, e da rappresentanti di grandi imprese fra cui la Siemens e la Linde, e di colossi automobilistici quali la Mercedes e la Volkswagen. La Germania getta sul piatto tutto il suo peso politico ed ecomomico in vista della revoca delle sanzioni, prevista con gradualità nel prossimo futuro. Un mercato dal potenziale enorme riapre le sue porte dopo anni di forzato isolamento e – non sarà un caso – i primi ad approdare a Teheran sono proprio i tedeschi.
Quella del ministro Gabriel è stata la prima visita governativa di alto livello da parte di Berlino negli ultimi 13 anni. Fra i risultati raggiunti, la programmazione di un incontro irano-tedesco a livello ministeriale che avrà luogo il prossimo anno con l’obiettivo di rilanciare la cooperazione economica fra i due paesi. Ma le ambizioni sono ancora più alte e concrete. Per comprendere quale siano le mire della Germania, basta leggere le dichiarazioni del presidente della camera di commercio Eric Schweitzer, anche lui in visita a Teheran. L’obiettivo dichiarato è quello di raddoppiare entro breve, e addirittura quadruplicare sul lungo termine, il volume di affare fra i due paesi: si punta ad arrivare a un export verso l’Iran di 10 miliardi di euro, a partire dai 2,4 miliardi del 2014. Delle mire, queste, in linea con il ruolo di primo partner commerciale che la Germania aveva ancora ai tempi della presidenza Khatami. Fra i settori su cui ha messo gli occhi Berlino: sanità, petrolchimico, automazioni ed energie rinnovabili. A onor del vero, è giusto ricordare come negli ultimi anni la Germania si sia distinta – come raccontano fonti ben informate a Teheran – come un attore particolarmente propenso a raggirare il regime di sanzioni internazionali.
Fra i vari incontri di alto livello nella tre giorni di visita, si segnalano quelli con il ministro del petrolio Bijan Namdar Zangeneh, con il presidente Hassan Rouhani e con il ministro degli esteri Mohammad Javad Zarif, a testimonianza di un notevole interesse per un riavvicinamento anche da parte di Teheran. Fra le note più problematiche, invece, l’appello dello stesso Gabriel affinché l’Iran riconosca Israele, una condizione indispensabile – a suo dire – per avere buone relazioni economiche con la Germania. Come prevedibile, la risposta iraniana è stata un’alzata di spalle: non avrebbe potuto essere altrimenti.
Una visita, quella di Gabriel, che ha destato non poche polemiche in patria, come riportato dalla stampa. Secondo la folta schiera dei detrattori, che annovera esponenti politici, organizzazioni non governative e rappresentanti della comunità ebraica tedesca, si sarebbe trattato infatti di una visita prematura, che non tiene conto delle numerose violazioni dei diritti umani perpetrate dal regime di Teheran e del mancato riconoscimento di Israele. Come dichiarato dal politico verde di origine iraniana Omid Nouripour: “Non c’è spazio per una corsa all’oro iraniana.” Sotto tiro anche il ruolo di Gabriel, ministro degli affari economici e dell’energia. Secondo molti, in questa fase sarebbe stata più auspicabile un visita da parte del ministro degli esteri, per porre in rilievo un approccio politico anziché economico – mossa da effettuare, semmai, in un secondo momento.
La risposta di Gabriel si riassume in uno slogan, “contatti invece di conflitti” (Kontakte statt Konflikte, in tedesco), che è circolato ampiamente sulla stampa negli ultimi giorni. In un contesto internazionale instabile come quello attuale è auspicabile un ritorno alla diplomazia, al fine di prevenire l’insorgere di nuove guerre. Questa la versione ufficiale di Berlino. La verità è però un’altra: gli affari sono affari, e quando è in palio un boccone ghiotto come quello dell’Iran, non ci sono santi che tengano. La Germania c’è e in prima fila: Israele se ne farà una ragione, i diritti umani possono attendere.
—
Foto di Michael Kappeler (Deutsche Presse-Agentur)