Nei primi mesi di quest’anno un ex giocatore, dotato di una personalità molto particolare, ha compiuto un gesto che è balzato fin da subito agli onori della cronaca. Uno sportivo che il buon Dante Alighieri avrebbe descritto come colui «che fece […] il gran rifiuto». Si sta parlando proprio dell’ucraino Aleksandr Zavarov.
Nato a Lugansk, cittadina dell’Ucraina sud-orientale nonché oggi capitale dell’omonima autoproclamata Repubblica Popolare, Zavarov è cresciuto calcisticamente nelle giovanili dello Zorja, la squadra della sua città natale. Il calcio, tuttavia, non era la sua unica passione: infatti da giovane amava giocare a scacchi, si creò una non indifferente cultura libraria e si diplomò in Educazione Fisica. Un’esperienza stagionale al SKA Rostov con vittoria della sua prima Coppa Sovietica intervallò la sua esperienza nella squadra della sua città, prima di trasferirsi alla Dinamo Kiev del ″colonnello″ Valeri Lobanovsky, direttore d’orchestra del ″calcio laboratorio″ praticato nella capitale.
Il trasferimento nella capitale ucraina fu la vera svolta della carriera del giovane centrocampista offensivo, in quanto in cinque stagioni riuscì a conquistare due Campionati Sovietici, due Coppe Sovietiche, una Supercoppa Sovietica ed una Coppa delle Coppe da protagonista in finale contro l’Atlético Madrid di mister Luis Aragonés, con annesso titolo di capocannoniere della manifestazione (segnò anche la rete che sbloccò la finale a Lione, terminata poi 3-0). Il suo mister, ovvero il ″colonnello″ Lobanovsky, stravedeva per lui descrivendolo nel seguente modo: «Come Maradona, Zavarov ha una tecnica incredibile, può decidere una partita in qualsiasi momento, sa organizzare il gioco e difendersi». Nel 1986 arrivò per lui anche la soddisfazione di esser nominato dalla rivista Futbol come miglior giocatore sovietico.
Proprio grazie alle prestazioni con la maglia della Dinamo, Zavarov attirò le attenzioni delle big europee. A spuntarla nel 1988 fu la Juventus di mister Zoff, ancora orfana di un Michel Platini ritiratosi due stagione prima. Così, Zavarov divenne il primo giocatore sovietico a vestire la casacca di una squadra italiana. Le stagioni sotto la Mole Antonelliana furono due, ma in entrambe le annate il talentuosissimo centrocampista ucraino non riuscì a lasciare il segno. Il primo limite evidente fu quello della lingua e del suo carattere introverso, a causa dei quali si verificarono alcune incomprensioni con il suo mister, nonché leggendario portiere della nazionale italiana. Durante la seconda stagione arrivò in bianconero un suo connazionale, il centrocampista Sergej Alejnikov strappato alla Dinamo Minsk, ma i due non legarono quanto auspicato dalla società. Così, dopo la vittoria della Coppa UEFA nel 1990, si trasferì prima al Nancy e poi al Saint-Dizier come allenatore-giocatore, per ritirarsi definitivamente nel 1998.
Come allenatore, dopo l’esperienza triennale al al Saint-Dizier, si sedette dapprima sulla panchina degli svizzeri del Wil per poi trasferirsi ai kazaki dell’Astana, al Metalist ed all’Arsenal Kiev. Nel 2012 arriva la chiamata nello staff della nazionale maggiore, che Zavarov accetta subito. Proprio durante questa esperienza avvenne il «gran rifiuto» che ha fatto il giro del mondo.
Siamo nel febbraio di quest’anno. Si sta consumando l’ormai noto conflitto tra Ucraina e Russia ma, nonostante una tregua dichiarata nell’Ucraina orientale, Kiev decide di richiamare alle armi 100.000 uomini con età compresa tra i 25 ed i 60 anni. Tra di essi vi erano 89 membri dell’organizzazione sportiva nazionale, compreso lo stesso Zavarov. Tuttavia, intervistato dalla testata online Tribuna, l’ex centrocampista ha dichiarato:
Posso dire solo una cosa: io non andrò mai a fare la guerra là dove vivono la mia famiglia e i miei figli, e dove sono sepolti i miei genitori. Voglio che arrivi la pace.
La coscrizione di Zavarov è stata in seguito confermata anche da Pavel Ternovoy, membro della Federazione Calcistica d’Ucraina, che ha aggiunto che «ogni cittadino deve comprendere ciò che sta succedendo». Non solo Zavarov, anche l’ex portiere e preparatore dei portieri della nazionale Yurly Syvukha avrebbe in seguito rifiutato di rientrare nelle forze armate, come altre 7.500 persone perseguite penalmente per inadempienza al servizio di leva, come riportato da Russia Today. Un messaggio, quello di Zavarov e Syvukha, destinato a lasciare il segno.