di Federico Resler
Oggi, 17 marzo, si festeggiano i 150 anni dell’Unità d’Italia. Una data importantissima che ricorda l’epopea del Risorgimento, una delle vette della storia nazionale. Mazzini, Garibaldi, Cavour: personaggi di statura internazionale, entrati nel mito e capaci di affascinare milioni di persone in tutto il mondo.
Gli eventi del Risorgimento vennero infatti seguiti anche fuori dai confini italiani, diventando di esempio per i popoli oppressi e per quanti amavano la libertà. Tra questi vi furono le popolazioni slavo-balcaniche: divise tra il dominio dell’Austria-Ungheria e l’Impero Ottomano, le genti dei Balcani si impegnarono per tutto l’Ottocento in un processo di risveglio nazionale.
Le correnti patriottiche si ripartivano in vari gruppi: tra i più rilevanti i nazionalisti croati, quelli serbi e gli jugoslavisti.
Nel mondo serbo si parlava chiaramente della Serbia come “Piemonte dei Balcani”, ovvero, come fu lo Stato Sabaudo, la nazione più strutturata dal punto di vista istituzionale, in grado di avviare un processo di unificazione balcanico. Processo fondato al pari dell’Italia su basi centraliste.
L’influenza risorgimentale colpì anche gli jugoslavisti, promotori di una Jugoslavia federale o confederale. Tra di essi si annoverava la presenza del vescovo croato Josip Juraj Strossmayer: uomo di chiesa, raffinato politico ed erudito intellettuale, fu un fervente sostenitore della causa dell’unità degli slavi del sud. All’interno di un progetto di Federazione Jugoslava, Strossmayer considerava i croati l'”elemento toscano”, ossia la popolazione in grado di dare una identità culturale e linguistica alla nazione come avvenne per i discendenti di Dante nell’Italia Unita.
L’eco delle gesta risorgimentali e del mito di Garibaldi erano così radicate nei Balcani da spingere l'”Eroe dei due Mondi” e Re Vittorio Emanuele II a progettare una spedizione garibaldina oltre Adriatico. Qui Garibaldi, forte del suo carisma e della sua abilità militare, avrebbe dovuto sollevare le genti slave contro l’Austria-Ungheria, per poi marciare alla volta di Venezia e liberarla dalla dominazione asburgica.
Il piano non venne mai attuato, ma fa ben capire la portata storica del Risorgimento Italiano, un vero e proprio prodotto da esportazione.
bell’articolo!
tra l’altro nei Balcani la spinta verso l’unione, di ispirazione italiana, e’ confermata dall’esistenza di una rivista, che circolava nella Serbia di quegli anni, il cui nome, Pijemont, e’ un ovvio riferimento al ruolo sabauda giocato per l’unificazione del nostro paese.
Inoltre, vi fu un interessamento per un’unione degli slavi del sud proveniente dalla Polonia, dove il principe Adam Czartoryski ispiro’ l’opera dell’allora ministro degli esteri serbo (Ilja Garašanin), il Načertanije (il “Grande Programma”…che incitava appunto all’unione degli slavi del sud).
Ma gli intellettuali che bisognerebbe citare, parlando del movimento illirista-jugoslavista, sono centinaia…o forse piu’
giorgio
In verità l’ipotizzata spedizione di Garibaldi oltre Adriatico mirava non solo a creare un altro fronte per l’esercito asburgico, ma con non minore importanza all’annessione in Istria, in Dalmazia di terre storicamente italiane dove l’etnia italiana era ancora significativa, di terre inserite per secoli nel Commonweath di Venezia.
Grazie della precisazione, purtroppo a volte capita che – per semplificare – si cada in errore. Immagino che sia quanto accaduto all’autore dell’articolo. Sono senz’altro argomenti che meriterebbero approfondimenti, e credo che lei saprebbe proporli così come una bibliografia di riferimento (per noi e per i nostri lettori, è sempre utile). Grazie di leggerci
Matteo (Zola)