MACEDONIA: Chi sono gli oppositori e i sostenitori di Gruevski?

Da SKOPJE – “Molti di noi non hanno lavoro e hanno una famiglia da mantenere, ma la nostra dignità non si compra con 500 dinari” – dice Mirjana, donna di 50 anni che da giorni, insieme a una amica, ha piantato la propria tenda di fronte al palazzo del governo di Skopje. Questi 500 dinari, circa 8 euro, a cui fa riferimento Mirjana sarebbero il compenso che il governo avrebbe garantito a molti dei partecipanti della contro-protesta del 18 maggio scorso.

L’ondata di proteste antigovernative che da inizio mese sta sconvolgendo la Macedonia si sta consolidando in una “accampata” popolare, a cui partecipano le più svariate categorie sociali, all’insegna di un unico obiettivo: le dimissioni del governo di Nikola Gruevski.
Questa iniziativa – a cui non partecipa solo il partito d’opposizione, SDSM, ma anche diverse piattaforme civiche, come “Ajde”, e associazioni di promozione sociale – è una dimostrazione di continuità che il movimento di protesta “Protestiram” vuole dare alla manifestazione dello scorso 17 maggio, quando circa 60mila persone sono scese in piazza per protesta contro il governo, accusato di corruzione, scandali a sfondo criminale e inefficienza nel far fronte alla crisi economica. Inoltre, è una risposta alla manifestazione filo-governativa del 18 maggio, quando altrettante persone hanno accolto l’invito del primo ministro a dimostrare il proprio supporto al governo e al suo partito, il VMRO-DPMNE.

Molti giornalisti e attivisti denunciano che tale invito consista in un incentivo in denaro. All’indomani della manifestazione filo-governativa, per esempio, ha cominciato a circolare sul web uno “screenshot” relativo a messaggi di testo che solleciterebbero alla partecipazione di massa.
Il target principale di tali “sollecitazioni” sarebbero in larga misura impiegati della pubblica amministrazione, che si sarebbero così recati alla contro-manifestazione per paura di perdere il posto di lavoro. In Macedonia, gli impiegati statali corrispondono a circa 100mila persone, ovvero un settimo dell’intera classe lavoratrice e le manifestazioni di sostegno al governo come quella del 18 maggio dimostrano come questi siano direttamente manipolati, controllati e tutelati dal governo, che in cambio del posto di lavoro ne ha fatto lo zoccolo duro del proprio elettorato.

Secondo Ivana Jordanovska, attivista e membro del partito socialdemocratico, questa prassi rientra nel “processo di commistione tra stato e partito, che in Macedonia va consolidandosi dal 2008, quando il governo sembra aver intrapreso una svolta autoritaria nell’amministrazione statale“. In altre parole, la deriva autoritaria di Gruevski è caratterizzata dall’idea che sia il suo partito, il VMRO-DPMNE, a dover gestire direttamente la cosa pubblica, facendo dei propri sostenitori, in primis appunto i dipendenti pubblici, i “veri” macedoni”; e viceversa, dei propri oppositori, innanzitutto i socialdemocratici, i “traditori” della patria. Ed è anche contro questa prassi che si rivolge l’accampata di protesta di fronte al governo.
Gli stessi fatti di Kumanovo sono stati realizzati ad arte con l’obbiettivo di dividere la popolazione con lo spauracchio della questione etnica e per dividere le anime della protesta, che è trasversale e non si fonda su linee etniche – come affermano gli stessi abitanti di Kumanovo, per i quali la convivenza etnica non ha mai rappresentato un problema. Con “la lotta al terrorismo”, costata la vita a 8 poliziotti, il governo ha fondato la retorica che ha portato in piazza oltre 60mila persone il 18 maggio. Ciò significa che il governo sembra disposto a sacrificare la vita di 8 dipendenti pubblici, pur di mantenere il potere.

Il senso di “dualità” che sta caratterizzando la Macedonia dall’inizio di maggio è quindi ben visibile non solo all’interno delle istituzioni, ma anche al loro esterno. Da una settimana, infatti, mentre gli oppositori di Gruevski si sono accampati a centinaia al di fuori del palazzo di governo, alcuni suoi sostenitori, una cinquantina in tutto, hanno piantato le tende di fronte al parlamento. Allo stesso modo, mentre i primi sembrano determinati a restare “fino a quando non cadrà il governo” – come afferma Dragan, chirurgo in pensione sulla settantina – i secondi danno l’impressione di essere molto meno spontanei, se non addirittura di essere stati “incentivati” o “sollecitati”, come lasciano intendere le loro tende, tutte uguali e nuove di zecca.

Dal canto loro, i sostenitori di Gruevski stanno cercando di tutelare innanzitutto il proprio posto di lavoro. Il clima di minaccia verso i dipendenti pubblici che non rispettano le direttive di partito è sufficiente a convincere loro ad appoggiare il primo ministro, mentre vengono riportati diversi casi di intimidazione nei confronti degli attivisti della società civile.
I due elementi che caratterizzano dunque la situazione politica e sociale della Macedonia di oggi sono l’uno complementare all’altro: il ruolo onnipresente del partito di governo nelle istituzioni statali; e l’accettazione del “compromesso” del supporto al governo da parte dei dipendenti pubblici. In un paese in crisi economica, in cui la disoccupazione viaggia sopra il 30%, è un atteggiamento che è difficile da biasimare.
Sembra che la polarizzazione politica e sociale della Macedonia sia destinata a prolungarsi, mentre ci si chiede quale costo sia disposto a sostenere il governo pur di continuare a salvaguardare una credibilità sempre più traballante.

Chi è Giorgio Fruscione

Giorgio Fruscione è Research Fellow e publications editor presso ISPI. Ha collaborato con EastWest, Balkan Insight, Il Venerdì di Repubblica, Domani, il Tascabile occupandosi di Balcani, dove ha vissuto per anni lavorando come giornalista freelance. È tra gli autori di “Capire i Balcani occidentali” (Bottega Errante Editore, 2021) e ha firmato due studi, “Pandemic in the Balkans” e “The Balkans. Old, new instabilities”, pubblicati per ISPI. È presidente dell’Associazione Most-East Journal.

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