RUSSIA: Start, buona la terza. Di Stefano Grazioli

 

Riportiamo qui di seguito un ottimo articolo di Stefano Grazioli, giornalista professionista esperto di politica internazionale, pubblicato su Limes e sul sito East Side Report. L’articolo analizza la sostanza dell’accordo di riduzione del numero di testate atomiche siglato tra Usa e Russia. E ne mette in luce le contraddizioni e i precedenti.

Certamente l’accordo Start (Strategic Arms Reduction Treaty) sottoscritto a Praga dal presidente russo Dmitri Medvedev e da quello americano Barack Obama è un passo in avanti nella direzione giusta. Un risultato “win-win”, come lo ha definito il Cremlino accettando volentieri la mano tesa dalla Casa Bianca. Tutti, insomma, hanno qualcosa da guadagnare. In questa situazione Obama può mostrare con un pizzico di orgoglio che il Nobel non è stato un regalo inutile e Medvedev (insieme con Putin) sorridere per le vagonate di rubli risparmiati a casa propria. I problemi sono altri.

Il nuovo Start – in realtà Start III – va a sostituire lo Start I sottoscritto da Mikhail Gorbaciov e George Bush nel 1991 ed entrato in vigore nel 1994 e lo Start II siglato da Bush e Boris Eltsin nel 1993 e ratificato solo nel 1996 dagli Usa e più tardi da Mosca. Una serie di accordi che hanno preso il via addirittura prima della fine della Guerra Fredda con Ronald Reagan alla Casa Bianca. Il nuovo Trattato di Praga limita a 1550 le testate atomiche e a 800 i vettori di lancio dei rispettivi Paesi, circa il 30 per cento in meno rispetto ai limiti fissati nel 2002. Vigerà anche un nuovo regime di ispezioni. Start resterà in vigore per dieci anni, poi si vedrà.

Ma come già accennato i problemi sono altri, non solo perché Obama ha bisogno di ratificare il Trattato entro le elezioni di mid term a novembre, quando rischia di perdere la maggioranza al Congresso e Medvedev-Putin si sono lasciati uno spiraglio aperto per uscire nel caso i piani americani di scudo spaziale in Europa Orientale ritornino all’ordine del giorno. Un progetto di difesa veramente comune potrebbe salvare capra e cavoli.

L’assenza di Israele alla Conferenza sul disarmo di Washington (ci saranno sia Medvedev che Hu Jintao) è un segnale che il sogno di Obama per un mondo senza armi nucleari può trovare ostacoli improvvisi. Non solo quindi la questione iraniana, sulla quale Cremlino e Casa Bianca anche ieri a Praga hanno lasciato trasparire segnali di avvicinamento sulle ormai inevitabili sanzioni. Per il futuro appaiono poi più pericolosi non tanto i progetti atomici di singoli stati, quanto la possibile proliferazione a livello terroristico di “bombe sporche”.

In sostanza l’accordo tra Obama e Medvedev ha comunque un alto valore simbolico e politico, perché segna la volontà di Washington e Mosca di aver messo alle spalle – almeno per il momento e fino a che i protagonisti saranno questi – gli episodi della guerra in Georgia e delle ingerenze americane in quello che Mosca considera ancora il proprio giardino di casa. È un pezzo al posto gusto nell’intricato puzzle geopolitico che coinvolge le potenze nucleari. Anche sui cieli di un’Europa passiva.

Stefano Grazioli

(Pubblicato su Limes)

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