POLONIA: Era l'8 marzo 1968

L’8 marzo è l’anniversario di una protesta pressoché dimenticata, una protesta senza successo, quella che nel 1968 oppose un piccolissimo manipolo di studenti alla ferocia del regime comunista polacco. Fu quello anche l’inizio di una stagione repressiva che portò al licenziamento, all’arresto e all’espatrio di migliaia di cittadini, molti dei quali di origine ebrea.

Tutto cominciò con una censura, l’ennesima, a un’opera teatrale. A essere messa sotto accusa, quella volta, fu un’opera dello scrittore romantico Adam Mickiewicz, ”Dziady” (gli antenati), messa in scena dal regista Kazimierz Dejmek al Teatro Nazionale di Varsavia. L’opera è considerata un capolavoro del romanticismo europeo, al pari del Faust di Goethe o del Manfred di Byron, e narra dell’insurrezione polacca del 1830 contro i russi che, allora, occupavano il Paese perseguitando la popolazione. In questo poema Mickiewicz espresse il concetto della “Polonia redentrice d’Europa“, dotata di una funzione salvifica e costretta a riscattare, col suo sacrificio, la libertà dei popoli europei. Questo tema è costante nella produzione culturale polacca, e lo si ritroverà cent’anni dopo anche in Insaziabilità di Witkiewicz. Un’opera, quindi, dai forti accenti anti-russi e patriottici, strettamente attuale in quel 1968 che vedeva la Polonia ancora occupata dai russi.

La prima dello spettacolo fu un successo tale che l’ambasciatore dell’Unione Sovietica a Varsavia lo ritenne pericoloso e chiese, ottenendola, la censura. Un segno della debolezza del socialiasmo reale in quel 1968 che aveva già visto esplodere la Primavera di Praga. Ma è la goccia che fa traboccare il vaso, e scoppia la rivolta. E’ l’8 marzo.
I leader del movimento sono Jacek Kuron e Adam Michnik. Alla protesta si aggiunge la richiesta del rispetto della libertà d’opinione, della libertà di stampa e della sospensione della censura. Tutte “libertà” poco affini al comunismo sovietico. La lotta degli studenti, che si allarga ad altre città universitarie polacche con occupazioni a Cracovia e Lublino, viene repressa dalle forze dell’ordine e costituisce anche il pretesto per una campagna antisemita. Molti dei leader della protesta erano infatti di origine ebrea. Il generale Mieczyslaw Moczar, ministro degli Interni, fa intervenire la milizia e chiama gli operai ad agire contro i ‘traditori sionisti’, accusati di aver orchestrato le manifestazioni ”revisioniste”. Numerosi capi del movimento, tra i quali Michnik, Kuron e Karol Modzelewski, furono arrestati, processati e condannati. A seguito della campagna antisemita circa 15.000 ebrei polacchi lasciarono il Paese.

Come fu possibile questa inversione di rotta? Il serpeggiante antisemitismo polacco, ancora oggi ben vivo, fu abilmente strumentalizzato dal regime che ne approfittò per una lustracja interna al Partito: alla guida della protesta c’era, secondo il regime, un gruppo costituito ”da commandos composti da figli di dignitari della gerarchia statale”, un gruppo che aveva ”un carattere mafioso ed un programma sionista e revisionista”. Si avviò così un’epurazione dei membri più riformisti del Partito comunista polacco.

Kuron (che è morto nel 2004, all’età di 70 anni) in seguito fonderà il Kor (Comitato di difesa degli operai), la cui azione saràfondamentale per la nascita di Solidarnosc in cui militò lo stesso Michnik. Se quell’8 marzo si concluse con una sconfitta, esso segnò l’inizio della lunga strada verso la libertà gettando i semi del futuro cambiamento.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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