di Matteo Zola
Il progetto di uno scudo antimissile in Polonia è tutt’altro che accantonato. Cambiano i presidenti, a Washington come a Varsavia, ma la politica estera americana è sempre la stessa. Il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha dichiarato quanto già noto da aprile, dopo il suo viaggio nell’Europa orientale, ovvero che verranno dislocati impianti antimissile al confine con la Russia intorno all’enclave di Kaliningrad. Il Cremlino replica che tale decisione suscita “preoccupazione” e potrebbe “complicare un accordo serio in futuro” tra Russia e Stati Uniti. Lo ha detto Dmitri Rogozin, rappresentante russo presso la Nato e inviato speciale del presidente Medvedev per i negoziati sullo scudo antimissile.
A Washington la Clinton ha ricevuto il suo omologo polacco Radoslaw Sikorski e ha affermato: “Abbiamo in programma di istituire un nuovo distaccamento permanente di aerei statunitensi in Polonia, costruire difese missilistiche in Polonia, e come concordato al vertice della Nato, sviluppare un piano di emergenza nella regione”. La Clinton fa riferimento al vertice Nato di Lisbona che lo scorso dicembre già allarmò la Russia. E quando la Russia si allarma, si arma, dislocando missili tattici a medio raggio Iskander-M nella regione russa di Kaliningrad, confinante con Polonia e Lituania.
Dal canto suo Mosca si oppone da tempo alla dislocazione di uno scudo aggressivo antimissile Usa lungo le zone di confine con la Federazione, sostenendo che costituirebbe una minaccia alla sicurezza e potrebbe distruggere l’equilibrio strategico del vecchio continente. Mosca è infatti assolutamente contraria alle strategie di Washington che punta a siglare accordi bilaterali con singoli Paesi dell’Europa centro orientale per concordare la presenza di basi e infrastrutture dello scudo antibalistico. Uno scudo che Washington ha smesso di definire “anti-iraniano”, e che oggi mostra evidenti le sue finalità.
Il quotidiano britannico Guardian ha riferito l’esistenza di un piano approvato dalla Clinton che coinvolgerebbe Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania e Polonia per schierare truppe nella regione in caso di aggressione militare contro gli Stati baltici e la Polonia stessa. Così la Nato, appoggiandosi ai suoi alleati più anti-russi, alza la tensione con il Cremlino accerchiando la Federazione con basi, infrastrutture, armamenti e soldati. Fra l’amministrazione Bush e quella Obama poco è cambiato. E poco cambierà, per i destini della sicurezza europea, finché l’Unione non saprà dotarsi di un esercito proprio e autonomo, in grado di sottrarla ai giochi delle altre potenze mondiali.
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