Un poliziotto è rimasto ucciso ed altri due feriti in un attentato avvenuto ieri sera, lunedì 27 aprile, a Zvornik nella Bosnia orientale. Anche l’attentatore è rimasto ucciso nello scontro a fuoco.
Secondo le ricostruzioni Nerdin Ibrić, 25 anni, è arrivato in auto – una Golf 2 nera – di fronte al commissariato di Zvornik. Sceso dall’auto, al grido “Allahu Akbar” Ibrić ha aperto il fuoco con un fucile contro l’agente Dragan Djuric, che si trovava sulla porta uccidendolo. Quindi è entrato nell’edificio continuando a sparare e ferendo altri due poliziotti, che non sono in pericolo di vita. E’ stato quindi freddato dagli altri agenti presenti. Il primo a venire a soccorso degli agenti feriti è stato un collega, Razim Mehmedović.
La SIPA, i servizi segreti bosniaci, ha arrestato martedì a Tuzla Avdulah Hasanovic, membro di circoli salafiti e reduce dalla Siria, con cui l’attentatore sarebbe stato a contatto negli ultimi tre mesi. Nel suo villaggio, Kučić Kula, sostengono di non sapere niente della possibile affiliazione di Nermin Ibrić a gruppi wahhabiti o salafiti, come riportato dal ministro dell’interno della Republika Srpska, e di ricordarlo solo come un bravo ragazzo che non beveva e non fumava.
Le motivazioni dell’attentato non sono chiare; se la maggioranza delle fonti ha subito parlato di terrorismo di matrice islamista, la storia personale dell’attentore, orfano di guerra, lascia spazio per pensare anche ad un caso di vendetta privata per una storia familiare tragica come tante altre nella Bosnia-Erzegovina del dopoguerra. Le due cose potrebbero essersi combinate, nella mente di un ragazzo che non è stato in grado di superare i traumi del conflitto e che ha trovato nell’ideologia islamista una spinta alla vendetta criminale.
Nerdin Ibrić era nato nel 1991 a Kučić Kula, villaggio nei pressi di Zvornik. L’anno successivo, suo padre fu tra le vittime del massacro di Zvornik, quando all’avvio del conflitto in Bosnia-Erzegovina, il 1° giugno 1992, paramilitari serbobosniaci e membri delle forze di polizia sequestrarono e uccisero 750 musulmani bosniaci presso la località di Bijeli Potok. Nerdin e sua madre erano stati tra i primi profughi ritornati a Kučić Kula dopo la fine del conflitto, come ricorda il quotidiano bosniaco Avaz. Nerdin era cresciuto in un villaggio misto, abitato da famiglie serbobosniache nella parte inferiore e famiglie bosniaco-musulmane nella parte superiore, e si era diplomato alla scuola medica.
Nel suo villaggio, parenti e vicini dell’attentatore non si capacitano dell’avvenuto. “L’altroieri era con me a fare legna nel bosco”, afferma un vicino, Ziba Ibrić, sentito da Al Jazeera. “Nel pomeriggio di ieri sua madre, Halima, è venuta da me dicendo: ‘Nermin ha messo i fucili in auto ed è partito, ho paura che succeda qualcosa’. Poi abbiamo visto in televisione e su internet, è stato peggio di un film dell’orrore”. La polizia si è resa subito sul posto e ha perquisito in serata l’abitazione della famiglia Ibrić.
L’attacco è stato condannato da tutte le autorità politiche e religiose del paese, dall’imam di Zvornik Mustafa Muharemovic all’Alto Rappresentante internationale (OHR) Valentin Inzko. La Presidenza tripartita bosniaca e il governo della Republika Srpska hanno tenuto una seduta d’emergenza nella serata di lunedì. Le autorità politiche hanno invitato alla calma e alla tolleranza, tra cui la premier della Republika Srpska, Zeljka Cvijanovic, e il sindaco di Zvornik Zoran Stefanovic, entrambi del partito serbobosniaco SNSD. Secondo il sindaco, “la convivenza è il nostro futuro”. A Zvornik le scuole sono rimaste aperte nella giornata di martedì, nonostante la rafforzata sorveglianza della polizia. “I musulmani [bosgnacchi] che vengono qui per sentirsi al sicuro non devono essere colpevolizzati per ciò che è avvenuto. Dobbiamo preservare l’energia positiva che stiamo costruendo per la coesistenza; è il nostro futuro“, ha dichiarato il sindaco. Il presidente della Republika Srpska Milorad Dodik e il suo vicepresidente, il bosniaco-musulmano Ramiz Salkic, hanno lanciato un richiamo a pace, tolleranza e coesistenza, invitando tutti i cittadini alla calma e a non cercare di farsi giustizia da soli; ugualmente, Salkic ha richiamato all’importanza della partecipazione di membri di tutte le comunità alle forze di polizia, per garantirne la fiducia da parte della popolazione.
Zvornik (in rosso nella mappa) è una municipalità di 60.000 abitanti lungo il fiume Drina, al confine tra la Bosnia orientale e la Serbia, nell’area oggi amministrata dalla Republika Srpska, una delle due entità decentrate della Bosnia-Erzegovina. Zvornik è la sesta città della Srpska dopo Banja Luka e Bijeljina, perno di una regione dagli equilibri delicatissimi (basti pensare che Srebrenica e Bratunac gravitano su Zvornik) e nodo di trasporti fondamentale, a metà strada tra Sarajevo e Belgrado e più importante punto di frontiera tra Bosnia e Serbia, assieme a Bijeljina. Anche per questo, nell’aprile 1992 la valle della Drina con Bijeljina e Zvornik fu la prima ad essere colpita dalla pulizia etnica compiuta dai paramilitari di Arkan. Furono 40.000 i bosniaco-musulmani espulsi dal distretto di Zvornik, di cui 4.000 uccisi o dispersi. La composizione demografica del distretto è mutata con il conflitto, passando da una maggioranza bosniaco-musulmana ad una maggioranza serbo-bosniaca. Rispetto ad altre città della Srpska, Zvornik ha comunque visto il rientro di un consistente numero di profughi bosniaco-musulmani. Tuttavia. oltre ad una tradizionale arretratezza, l’area paga lo scotto di essere stata emarginata nell’era Dodik, che ha sempre privilegiato a livello di sviluppo economico l’area di Banja Luka. La situazione a Zvornik resta tesa, con vari incidenti tra membri delle diverse comunità negli ultimi anni.
Dopo gli attacchi alla stazione di polizia di Bugojno del 2010 (un morto e cinque feriti) e quello all’ambasciata USA di Sarajevo del 2011 (un ferito) questo è il terzo attentato di possibile matrice islamista in Bosnia-Erzegovina e il primo caso nel territorio della Republika Srpska.
La Bosnia Erzegovina è un paese che si trova ad attraversare gravi tensioni sociali dovute alla disoccupazione, alla povertà e all’assenza di prospettive. Storie come quella di Nerdin Ibrić nascono dalla miseria materiale e morale in cui versa il paese, specialmente nelle aree rurali e nelle cittadine di provincia dove non arriva nemmeno quella reazione civile con cui i bosniaci cercano di prendersi in mano i destini del proprio paese imbalsamato in una etnopoli senza più alcun senso. E’ vero, la Bosnia Erzegovina rischia di esplodere ma non per il terrorismo islamico. L’islamismo è una patina con cui coprire, magari “nobilitare” agli occhi di chi li compie, gesti di disperazione. Ed è in quella disperazione che l’estremismo islamico cerca, finora con scarso successo, di fare proseliti come avviene in ogni paese d’Europa. Il numero di “foreign fighters” bosniaci è identico a quello britannico. Pare evidente che il problema della Bosnia non è l’Islam.
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photo: Novinite
“Il numero di “foreign fighters” bosniaci è identico a quello britannico. Pare evidente che il problema della Bosnia non è l’Islam”
L’autore, però, forse non si è accorto che la Bosnia-Erzegovina non ha nemmeno 4 milioni di abitanti, mentre la Gran Bretagna ne ha circa 60…
ovviamente, ma in BiH i musulmani sono circa 2,5 milioni. In Uk 1,5 milioni circa…